Dimensione Randagio: salite sulla nave pirata del rock
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Dimensione Randagio: salite sulla nave pirata del rock

Due fortunatissime stagioni, una terza ormai alle porte: la nave pirata del Capitano Mesa e del Mozzo Randagio sembra non voler rallentare. Siamo saliti a bordo del vascello, per far quattro chiacchiere con Gianluca e Massimo, in arte Mesa e Randagio, per farci raccontare come nasce il loro programma

Due fortunatissime stagioni, una terza ormai alle porte: la nave pirata del Capitano Mesa e del Mozzo Randagio sembra non voler rallentare. Siamo saliti a bordo del vascello, per far quattro chiacchiere con Gianluca e Massimo, in arte Mesa e Randagio, per farci raccontare come nasce il loro programma

INTERVISTE – Immaginate: un porto un po’ isolato, nascosto, tranquillo. Attraccata alla banchina, una nave, maestosa e terrificante: le sue assi raccontano di peripezie per i sette mari, le sue vele sono sfilacciate e nere, la sua prua corrosa dalla salsedine. Siete al cospetto di un vascello che racchiude in sé mistero e timore, avventura e storie incredibili: è una nave pirata. A bordo, però, la ciurma è ridotta all’osso, a causa di un ammutinamento che ha ridotto l’equipaggio a soltanto due persone: il Capitano Mesa e il mozzo, Randagio, che fa quel che può per preservare la salute mentale del suo comandante interpretando, a turno, tutti gli altri ruoli.

Nella vita quotidiana, Capitano Mesa e Mozzo Randagio rispondono ai nomi di Gianluca Mesalimba e Massimo Guscelli e sono due alessandrini che, da due stagioni, conducono su radio Vertigo One il programma “Dimensione Randagio“. Un’ora di rock, da trascorrere con la compagnia del Capitano e del suo Mozzo, perdendosi tra le storie e le canzoni. Siamo saliti sulla loro nave pirata per fare loro qualche domanda.

Come nasce “Dimensione Randagio”?
Dalla passione per la radio e per la musica, anche se l’occasione è nata per caso. Con gli Horror Bad Guys (di cui i due fanno parte, ndr) ci siamo ritrovati a Radi Vertigo One per un’intervista. Lì, sull’onda dell’entusiasmo, abbiamo chiesto loro se avessero già un programma che si occupasse di rock. Non ce l’avevano, così la nave è salpata. Nel maggio del 2014 è andata in onda la nostra prima stagione, di otto settimane, in cui abbiamo fatto un viaggio musicale dagli anni ’60 ad oggi, per avere una sorta di infarinatura. La seconda è partita a settembre per concludersi a inizio luglio, ed era divisa in due parti: fino a Natale ci sono state puntate a tema romanzate, con un percorso che partiva dai generi musicali per arrivare al pulp o al tema della notte. La seconda parte invece è stata più che altro composta da episodi improvvisate, come se fossimo stati seduti attorno ad un tavolo a parlare con gli amici.  

Il Capitano e il Mozzo raccontano, la ciurma ascolta e interagisce. Com’è il rapporto col pubblico?
Magnifico. Condurre un programma radiofonico è un po’ come scrivere un diario, con la differenza che la gente ti risponde, ti invia messaggi vocali, ti permette di imparare qualcosa e a sua volta apprende dettagli nuovi. Gli ascolti ci hanno premiato, con picchi tra i 3000 e i 3500 spettatori a puntata, anche all’estero. Lavorando per una web radio, il nostro pubblico scavalca i confini provinciali e arriva anche all’estero.

Quali sono le avventure più particolari che avete affrontato, nei panni del Randagio e Capitan Mesa?
Ci siamo ritrovati ad intervistare Freddie Kruger, Jason e Michael Myers, durante la puntata di Halloween, durata due ore. Nella prima metà avevamo affrontato la leggenda dell’origine della giornata, nella seconda parte ci hanno raggiunto i nostri ‘mostruosi’ amici cosplayer e ci siamo divertiti a far domande a loro, ma anche ai personaggi che interpretavano. Le occasioni, però, sono state molte: abbiamo partecipato al Fim – Fiera Internazionale della Musica, ma anche al Motor Show Alessandrino, con una diretta davvero entusiasmante. Certo, il sogno nel cassetto ce l’avremmo… 

Sarebbe?
Ventiquattro ore di maratona continua di Dimensione Randagio. Ci daremmo il cambio e sarebbe impegnativo, ma la voglia di tenere compagnia per un’intera giornata ci entusiasma non poco. E poi lavorare con un amico, come capita a noi, è una bella sfida, una continua ricerca di equilibrio. Uno è tecnologico, uno più vecchio stile. Uno si avvicina alla musica più recente, l’altro è un fedelissimo dell’old rock. 

Come scegliete le tracce delle puntate?
Iniziamo da una doverosa precisazione: in sottofondo ci sono, quasi sempre, i Metallica. Poi le tracce cambiano a seconda del genere, del periodo. Con le puntate a tema abbiamo realizzato, senza volerlo, un concept album capace di guidare attraverso l’opera di diversi artisti, con testi che quasi si concatenavano tra loro. In totale arriviamo a otto brani, più le tracce in sottofondo. Certo, con i pezzi del primo periodo punk abbiamo aumentato le tracce, visto che i brani erano molto corti. Ognuno comunque contribuisce coi propri gusti: il Capitano si avvicina al metal, il Randagio spazia dal grunge al rock delle origini. Insomma, è come essere sposati (ridono).

Cosa vi aspetta nella terza stagione?
La nostra nave percorrerà il mitico coast to coast, spostandosi dall’Europa agli Stati Uniti. Insomma, ripercorremo la tratta del Titanic, sperando di non trovare iceberg ad attenderci. Ci sarà una sigla nuova, nuovi spot, una nuova veste e l’entusiasmo delle stagioni precedenti. E stiamo lavorando sull’aspetto ospiti…

Un’ultima domanda: perché “Dimensione Randagio”?
Abbiamo creato una dimensione parallela per fuggire dalle regole, una realtà in cui trasportarci e trasportare chi ci segue, e l’idea del randagio ci riportava alla memoria diversi scenari rock. Alla fine di ogni puntata c’è un monologo che ci permette di rendere bene il senso del nostro programma, che per altro ci garantisce la possibilità di esprimere con semplicità e chiarezza le nostre opinioni. Il linguaggio è molto terra terra, ma siamo spontanei perché viviamo questa avventura come un magnifico regalo. Certo, a volte siamo andati oltre, a volte abbiamo sbagliato qualche verbo, ma il rock, per come noi lo intendiamo, non è l’anima del commercio, ma quasi una religione. E gli spettatori sembrano essere d’accordo con noi: ogni volta che apriamo la porta della radio, saliamo davvero su quel vascello. Ed è magnifico.

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