Avere fede oggi: Vito Mancuso spiega perché è ancora possibile
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Alessandro Francini  
24 Marzo 2015
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Avere fede oggi: Vito Mancuso spiega perché è ancora possibile

Nella serata di giovedì 19 l'associazione Cultura e Sviluppo ha invitato il teologo Vito Mancuso per parlare delle problematiche legate alla fede religiosa e per capire in cosa sia ancora possibile credere oggi con mentalità laica e moderna

Nella serata di giovedì 19 l'associazione Cultura e Sviluppo ha invitato il teologo Vito Mancuso per parlare delle problematiche legate alla fede religiosa e per capire in cosa sia ancora possibile credere oggi con mentalità laica e moderna

ALESSANDRIA – Nell’età della scienza, e quindi nella società della conoscenza, il diffondersi di una sempre più laica concezione della vita sembra quasi un processo inevitabile. Le diverse dottrine religiose continuano a rimanere attrici protagoniste nelle dinamiche socio-culturali della cosiddetta civiltà moderna ma, con il passare delle generazioni, le pratiche, i significati e le influenze percepite stanno subendo importanti e forse inevitabili alterazioni. Spesso, anche inconsciamente, una delle domande che albergano nella mente di chi ha una visione prettamente laica della propria esistenza è se oggi sia ancora possibile credere, coltivare cioè una particolare fede religiosa.

Per affrontare questo poco abbordabile interrogativo l’associazione Cultura e Sviluppo giovedì 19 ha invitato in veste di relatore il professor Vito Mancuso, uno dei maggiori teologi italiani molto apprezzato anche sulla scena internazionale. Mancuso è noto per le sue posizioni decisamente poco dottrinali, spesso in contrasto con i “dogmi” della Chiesa Cattolica e con i suoi rappresentanti più intransigenti.
Giorgio Guala, presidente di “Cultura e Sviluppo” e moderatore dell’incontro, afferma che nelle sue opere, per quanto discusse o discutibili, Vito Mancuso ha saputo realizzare “l’audace tentativo di sintesi tra le problematche fondamentali della teologia e i capisaldi della cultura scientifica moderna. Mancuso – continua Giorgio Guala – ha saputo rispondere al bisogno di spirituralità della gente, anche quando inconscio”.

In ogni caso, che si creda o che non si creda, convinti o meno che dopo la morte ci sia la vita eterna, ciò che sta alla base e che alimenta qualunque posizione a riguardo è il dubbio, perché il dubbio, come spiega Mancuso, “si rivolge alle realtà fondamentali dell’esistenza: cos’è la vita e che senso ha, cos’è la morte, cosa sono il bene e il male; fino a quando dubiteranno su queste questioni e per avere delle risposte a queste domande gli esseri umani dovranno credere”. Ad ogni modo nulla è o potrà mai essere certezza assoluta e quindi ci si affida inevitabilmente ad una determinazione del pensiero “che si può appoggiare solo ad un sapere incerto. Credere vuol dire innanzitutto coltivare un sentimento”. Credere, o non credere, significa anche pensare, formulare una propria concezione del senso dell’esistenza, sia essa fondata sulla spiritualità religiosa o sulla sua negazione, perché “anche chi non crede esercita un qualche tipo di fede”. 

Ma cos’è la fede? Mancuso risponde che la fede “è un atteggiamento umano originario”; secondo il professore esistono 6 diverse posizioni in ordine alla fede: la prima è quella dell’ateismo cosiddetto dottrinario o scientifico, che ritiene la religione negativa per sé stessi e per l’umanità perché originata dall’ignoranza. Questo tipo di ateismo “si presenta come scienza rispetto alla fede, che viene considerata esattamente contraria alla scienza”. Poi esiste un secondo tipo di ateismo, che esclude la religione non per ragioni di tipo scientico ma etiche e morali; i mali del mondo vengono considerati eccessivi per poter ammettere l’esistenza di una qualche forza divina ultraterrena. La terza posizione è quella degli agnostici, “che non hanno alcuna fede ma neppure coltivano la convinzione teoretica della falsità di ogni prospettiva religiosa”. La quarta posizone è più dinamica, e riguarda coloro che nel corso della vita hanno più o meno momenti di fede, più o meno dubbi riguardo la vita eterna; Mancuso la definisce come la posizione della perplessità. La quinta tipologia di fede è costituita da “coloro che aderiscono totalmente alla dottrina religiosa e che credono fermamente ai dogmi della propria Chiesa d’appartenenza”. L’ultima posizione è quella alla quale Mancuso sente di appartenere, ed è la posizione di chi crede ma non può fare a meno di “soppesare gli insegnamenti dogmatici ed etici della propria religione, confrontandoli con le altre religioni, con la scienza e con l’esperienza”.

L’altro interrogativo riguarda la condizione della cristianità oggi. “La fede cristiana oggi è divisa tra coloro in tutto e per tutto fedeli alla Chiesa di Roma e coloro che sono invece più inclini ad anteporre alla Chiesa i bisogni degli uomini – afferma Mancuso – ritenendo il Cristianesimo una sorta di “ospedale da campo”, come lo ha definito Papa Francesco, che ha senso solo nella misura in cui si china sulle ferite degli uomini”.

Quindi, è possibile credere oggi? “Certo che sì – risponde Vito Mancuso – ma avendo chiaro che il concetto di verità sta ben oltre la dottrina. La verità presente nel Vangelo è al di là di ogni formulazione dottrinale ed ha a che fare con la dinamicità dell’esistenza. Gesù ci dice “Io sono la via, la verità e la vita”; la verità sta tra le parole via e vita. Gesù è quindi una spinta, un modello, colui che ci consegna un metodo perché ognuno di noi sia verità. C’è una dimensione creativa in cui siamo noi a dover capire cosa sia la verità; la verità è il bene, ciò che fa fiorire la vita”.

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