Processo Michelin, “solo un malato in 30 anni”
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I.N. - irene.navaro@alessandrianews.it  
7 Ottobre 2014
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Processo Michelin, “solo un malato in 30 anni”

E' ripreso davanti al tribunale di Alessandria le udienze per il processo agli ex dirigenti e direttori dello stabilimento Michelin. Per la difesa hanno parlato il medico del lavoro e il responsabile della sicurezza aziendale: “dagli anni '80 solo un caso sospetto di cancro alla vescica”

E' ripreso davanti al tribunale di Alessandria le udienze per il processo agli ex dirigenti e direttori dello stabilimento Michelin. Per la difesa hanno parlato il medico del lavoro e il responsabile della sicurezza aziendale: “dagli anni '80 solo un caso sospetto di cancro alla vescica”

ALESSANDRIA – Solo un caso sospetto di cancro alla vescica in circa trent’anni di lavoro è stato segnalato dal medico dello stabilimento Michelin di Alessandria, dagli anni 80 ad oggi. Eppure la lista delle parti civili o dei casi di malattia professionale riconosciuti anche dall’Inps è ben più lunga. E’ quanto ha testimoniato il medico dello stabilimento davanti alla corte del tribunale di Alessandria ieri, alla ripresa del processo contro cinque ex dirigenti e direttori della Michelin. C’era una lista di nomi sui quali, in base alla mansione svolta e al reparto di lavorazione, venivano effettuale (e lo sono tutt’ora) le visite aziendali. Sotto controllo soprattutto i sintomi di cancro alla vescica, possibile diretta conseguenza dell’uso di ammine aromatiche, dismesse dal ciclo produttivo tra gli anni 80 e 90. “Altre sostanze in uso, tipo l’optano, non risultano cancerogene”, dice il medico. Nell’unico caso segnalato i primi esami avevano dato esito negativo. Solo un ulteriore approfondimento fatto a Milano ha rilevato la presenza di cellule cancerogene: il lavoratore ha sottoposto le analisi al medico del lavoro interno il quale ha segnalato il caso. “Effettuavo visite in stabilimento. Due all’anno sono prescritte dalla legge, le altre avvenivano su richeista del lavoratore, ma erano per verificare la movimentazione dei carichi, per verificare problemi di postura”, racconta il medico. Altre sostanze a rischio, oltre le ammine? “l’optano, i sali di cobalto, che ora non vengono più utilizzati. C’era un elenco di posti di lavori a rischio secondo il protocollo sanitario. A quello ci attenevamo”.
Prima del medico ha parlato in aula il responsabile della sicurezza ambientale. Ha raccontato come, in tutti i reparti, fosse affissa una scheda di sicurezza e come i lavoratori venissero informati dei rischi “che sono inferiori a quelli che si incontrano in una qualunque città dove vi sia traffico elevato”. Se qualche dipendete aveva dubbi, chiedeva tramite il sindacato. I dispositivi di protezione? C’erano ed erano tali da permettere di ridurre il rischio a livelli accettabile, posto che “il rischio zero” è impossibile, è la deposizione del tecnico.
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