Storia di ordinaria disabilità
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Storia di ordinaria disabilità

Ad agosto (evidentemente) anche il volontariato va in vacanza e Alfredo si è ritrovato solo in una città totalmente inaccessibile: “Ad agosto uno non deve ammalarsi, farsi ricoverare, non può avere problemi”

Ad agosto (evidentemente) anche il volontariato va in vacanza e Alfredo si è ritrovato solo in una città totalmente inaccessibile: ?Ad agosto uno non deve ammalarsi, farsi ricoverare, non può avere problemi?

ALESSANDRIA – La storia che vi raccontiamo è quella di Alfredo, non vedente, che per un breve periodo si è trovato a vivere in Alessandria.

Alfredo ha 55anni, è di Verbania, e all’inizio di agosto ha accompagnato Elena, sua moglie anche lei non vedente, all’ospedale Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo per sottoporsi a un delicato intervento cardiaco: “Era aprile quando Elena è stata colpita da una specie di infarto, e da allora abbiamo iniziato ad indagare cercando di capire cos’era successo e qual era la causa di questo malore. Tramite un cardiologo di Verbania siamo arrivati qui ad Alessandria, dove Elena si è sottoposta ad una serie di analisi e visite specialistiche. Alla fine abbiamo optato per l’intervento”.

Alfredo si è trasferito ad Alessandria l’8 agosto per stare al fianco di Elena che doveva sottoporsi agli esami preliminari all’intervento, che si è svolto il 12 dello stesso mese. “Nel momento in cui è stata operata, dopo un intervento di circa dodici ore, si è palesata una situazione di gran lunga peggiore di quanto ci aspettassimo. Pensavamo di cavarcela in quindici giorni e poi avvicinarci a casa per l’iter post-operatorio, e invece i tempi si sono dilatati. Al termine dell’operazione, infatti, Elena è stata trasferita in terapia intensiva dove è rimasta fino al 9 settembre (ndr. attualmente, dato il miglioramento delle sue condizione è stata trasferita in reparto)”.

Dall’inizio di agosto Alfredo vive in una casa di ospitalità di suore che si trova in via Savonarola, non distante dall’ospedale, sempre accompagnato da uno dei suoi famigliari:
“Sono sempre stato molto autonomo. A Verbania Elena ed io, grazie al supporto dei nostri cani guida, abbiamo sempre condotto una vita normale nonostante la nostra disabilità. Ad Alessandria, però, non abbiamo potuto portare i nostri cani, Joel è mancato qualche mese prima dell’intervento di Elena e Stella sta invecchiando e in questo periodo non sta molto bene, motivo per cui è risultato preferibile lasciarlo alle cure di una cara amica. Così dopo un’intera vita passata ad impegnarmi ad essere autonomo mi sono ritrovato con davanti una prospettiva di totale immobilità.
Mi trovo in una città che non conosco, non ho riferimenti di nessun tipo e sono senza il mio cane.
La mia esperienza è limitata alle vie vicine all’ospedale ma posso dire che in quella zona la situazione non è il massimo: strade vecchie, marciapiedi che, se ci sono, sono divelti, cassonetti dappertutto, insomma tutto quello che una persona che non vede non vorrebbe mai trovarsi davanti.
La soluzione provvisoria di alloggiare nel pensionato per suore, dove mi sono subito ambientato benissimo, mi ha consentito di trovare un “luogo sicuro”, ma il problema rimane il tragitto verso Elena”.

Il tragitto per raggiungere l’ospedale, infatti, non è a misura di disabile: “Per arrivare da via Savonarola fino alla struttura ospedaliera è, infatti, necessario attraversare una jungla di macchine, biciclette e motorini parcheggiati sui marciapiedi (o comunque non in aree predisposte al parcheggi), oltre che una serie di buche per strada che, per chi non vede, possono essere davvero pericolose. Ma il peggio si verifica una volta entrato in ospedale, dove si trova una struttura totalmente incapace di accogliere una persona con questo tipo di disabilità”.
A partire dall’ingresso, fino ad arrivare al primo piano dove si trova Elena, infatti, Alfredo si trova quotidianamente in un labirinto. Qui, se non fosse accompagnato da qualcuno rischierebbe davvero di perdersi e di non riuscire più a trovare nemmeno l’uscita. Manca un percorso tattile, così come le scritte in brail in corrispondenza dei cartelli e sugli ascensori, che sono anche privi di segnali acustici che facilitino chi, come lui, è cieco.
“Faccio prima ad andare a piedi sulla Luna che non a trovare il reparto di Elena all’interno dell’ospedale”.

Una serie di elementi che hanno portato Alfredo a vivere la nostra città con una certa dose di ansia. “Sapevo che i miei famigliari, pur mettendocela tutta e rendendosi disponibili nonostante gli impegni lavorativi, non potevano aiutare me ne tanto meno Elena e così ho iniziato a chiedere aiuto. Ed è così che ho conosciuto alcune persone – come me portatori di disabilità – molto disponibili, che mi hanno dato un supporto. Già solo il conoscere qualcuno che mi sostenesse era qualcosa di positivo. Il fatto che queste persone si siano attivate proponendomi alcune soluzioni – che purtroppo non sono andate a buon fine – è stato un elemento assolutamente positivo”.

Alfredo, supportato dai nuovi amici conosciuti all’interno dell’ospedale, ha, infatti, provato a rivolgersi ad alcune associazioni di volontariato che operano nel contesto ospedaliero o che lavorano per la sua disabilità ma non ha ricevuto alcun aiuto. In molti hanno risposto dicendo che accampagnarlo all’interno del Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo o nel tragitto da e per “casa” esula dalle loro attività, altri si sono detti impossibilitati a rispondere alla sua richiesta poiché “nel mese di agosto gli uffici sono chiusi per ferie”.
Non sono, inoltre, mancati gli episodi davvero spiacevoli: un giorno, prima dell’intervento, ad esempio, Elena ha rischiato di non cenare poiché nessuno le aveva comunicato l’arrivo del vassoio con la cena, diverse volte, poi, ad Alfredo è stato chiesto di entrare da solo nella stanza di Elena, cosa per lui impossibile visto l’impossibilità di portare con sé il bastone bianco e considerata anche la condizione in cui si trova Elena (trachetomizzata e sottoposta a cateterismo, oltre che con flebo e drenaggi, è, infatti, inavvicinabile per una persona che non vede). “Senza un accompagnatore mi sarei trovato immerso in una serie di suoni di cui non capisco nulla, con davanti il corpo di Elena inerme, impossibilitato anche a toccarla”.

Man mano che sono passati i giorni il personale infermieristico e medico, pur avendo delle specifiche procedure a cui attenersi, ha cambiato atteggiamento. “Adesso mi danno parecchie informazioni sullo stato di salute di Elena, anche perchè hanno capito che per me le informazioni sono anche quelle semplicemente visive, “quanti tubi ha, qual è il suo colorito, a cosa è collegata”. Ecco perchè avevo bisogno di entrare con un accompagnatore, anche solo per sapere se aveva gli occhi chiusi, se era sveglia, se il “bip” continuo che sentivo era preoccupante o meno…
A inizio settembre, inoltre, ho avuto occasione di visitare, grazie a due disponibili e gentili guide la Cittadella di Alessandria e il Museo Etnografico C’era una volta, scoprendo che questa città può essere davvero molto bella!”

Per fortuna, insomma, le persone sanno compensare, conoscendo la situazione, capendo quali possono essere le difficoltà, le mancanze del sistema. “Il problema resta sempre lo stesso. – conclude Alfredo – Si tratta di gocce in mezzo a un mare, che poi a volte sono moltissime ma restano gocce. Forse bisognerebbe fare in modo che il sistema fosse più organizzato”

Certo è che comunque, a livello di struttura e di basi di partenza, le carenze sono palesi.
Questa, infatti, è solo una storia di ordinaria disabilità.
 

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