Buffa: “Prioritario umanizzare il modello giudiziario”
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Alessandro Francini  
4 Marzo 2014
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Buffa: “Prioritario umanizzare il modello giudiziario”

A Cultura e Sviluppo, insieme al provveditore dell'amministrazione penitenziaria in Emilia Romagna e Triveneto, Fabio Scaltritti, presidente dell'Associazione San Benedetto al Porto, Piero Monti, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Alessandria e Paolo Bellotti, funzionario giuridico pedagogico della Casa di Reclusione di Alessandria, hanno raccontato l'allarmante situazione delle carceri italiane

A Cultura e Sviluppo, insieme al provveditore dell'amministrazione penitenziaria in Emilia Romagna e Triveneto, Fabio Scaltritti, presidente dell'Associazione San Benedetto al Porto, Piero Monti, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Alessandria e Paolo Bellotti, funzionario giuridico pedagogico della Casa di Reclusione di Alessandria, hanno raccontato l'allarmante situazione delle carceri italiane

ALESSANDRIA – La Corte Europea dei diritti dell’Uomo con una sentenza del gennaio 2013 ha giudicato le condizioni dei detenuti italiani “inumane e degradanti”, quindi non conformi ai principi dell’articolo 3 della Costituzione Europea. Il carcere nel nostro Paese è un sistema che soffre e che fa soffrire.

E’ possibile amministrare la sofferenza? Pietro Buffa, Provveditore Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria in Emilia Romagna e nel Triveneto, ospite lunedì 3 marzo dell’Associazione Cultura e Sviluppo di Alessandria ed autore del libro “Prigioni: amministrare la sofferenza”, risponde che negli istituti di reclusione e nelle case circondariali italiane ciò avviene quotidianamente. Proprio nel suo libro il Provveditore Regionale ha lavorato per scoprire i meccanismi decisionali interni al carcere per individuare le cause della loro scarsa funzionalità. “La presunta ineluttabilità di questa precaria condizione ha, infatti, portato ad una sorta di immobilismo istituzionale, – dice Buffa – che negli anni ha causato un progressivo peggioramento della situazione”. 

Paolo Bellotti,  Funzionario giuridico pedagogico della Casa di Reclusione di Alessandria, sostiene che è necessario stimolare nell’opinione pubblica un cambiamento di percezione delle strutture penitenziarie e del ruolo dei detenuti nella società. “Da scomodi problemi devono diventare preziose risorse, deve instaurarsi un forte dialogo tra gli istituti di detenzione e le amministrazioni locali. Il recupero di un individuo che ha commesso un reato più o meno grave può realizzarsi attraverso modalità differenti ed utili all’intera comunità. Un passaggio culturale e tecnico-amministrativo certamente di non facile attuazione, ma non impossibile da raggiungere”. 

Fabio Scaltritti, presidente dell’Associazione San Benedetto al Porto, fa riferimento alle incongruenze e alle esasperazioni legislative promosse negli ultimi anni nel nostro Paese. “La proporzionalità della pena dovrebbe essere un elemento fondante del nostro sistema giuridico, che invece ha alimentato un aumento della sproporzione tra il reato commesso e la pena comminata. Il sistema penitenziario viene quindi usato come soluzione ad un fenomeno al quale lo Stato non è grado di fornire alternative praticabili causando, tra l’altro, un sovraffollamento delle strutture detentive”. Secondo Scaltritti, inoltre, i detenuti che offrono gratuitamente il proprio contributo lavorativo al Comune di appartenenza dovrebbero avere diritto ad uno sconto di pena.

 
Piero Monti, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Alessandria, stimolato da una domanda di Paolo Bellotti riguardo alla maggiore attenzione che lo Stato riserva alla fase processuale rispetto alla successiva fase detentiva, spiega che per gli stessi difensori è molto difficile districarsi tra le presunzioni amministrative di un sistema giudiziario che spesso sembra troppo impegnato ad ostacolare qualunque possibilità di interlocuzione o di opposizione a vantaggio dell’imputato.
 
Pietro Buffa conclude sostenendo che la priorità è umanizzare il modello giudiziario, passare da un sistema punitivo che riguarda chi commette il reato ad un sistema risarcitorio nei confronti di chi il reato lo subisce, sostituendo quindi il concetto di colpa con il concetto di danno. 

E’ seguita una testimonianza di un ex detenuto del locale carcere di San Michele che ha raccontato la sua esperienza in alcuni dei più duri istituti di pena italiani, tra i quali Poggioreale e Secondigliano, del nuovo modello carcerario trovato nella casa di reclusione di Alessandria dopo aver ottenuto il trasferimento per questioni di studio e della successiva assunzione presso una cooperativa alessandrina che lo ha reinserito nel mondo del lavoro. 

Al termine dell’incontro è stato presentato il progetto “Il pane e le rose”realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo e la collaborazione della Cooperativa Company, dell’Associazione San Benedetto al Porto, dell’Associazione Cultura e Sviluppo e di AlessandriaNews. Il progetto prevede il reinserimento lavorativo ed abitativo di quattro detenuti e due ex detenuti attraverso attività di mantenimento di aree verdi e roseti nel comune di Alessandria e di gestione di appartamenti con il tutoraggio dell’Associazione San Benedetto al Porto.

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