Il sogno di una “Casa Famiglia ” è iniziato!
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Redazione - redazione@alessandrianews.it  
22 Febbraio 2014
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Il sogno di una “Casa Famiglia ” è iniziato!

Giovedì 20 febbraio sono entrati i primi due ospiti Mariella e Claudio nella comunità per disabili gravi, Rosanna Benzi, di piazzetta Bini ad Alessandria. A raccontare la storia travagliata di questa Casa famiglia è il consigliere comunale e fondatore dell'associazione Idea, Paolo Berta

Giovedì 20 febbraio sono entrati i primi due ospiti Mariella e Claudio nella comunità per disabili gravi, Rosanna Benzi, di piazzetta Bini ad Alessandria. A raccontare la storia travagliata di questa Casa famiglia è il consigliere comunale e fondatore dell'associazione Idea, Paolo Berta

 ALESSANDRIA – Finalmente la comunità per disabili gravi Rosanna Benzi ha i suoi primi ospiti. La Casa Famiglia di piazzetta Bini ad Alessandria ha aperto le sue porte a Mariella e Claudio. La comunità nasce proprio per accogliere persone con gravi disabilità motorie e ha alle proprie spalle una lunga e travagliata storia. I primi due “inquilini” sono riusciti ad entrare, ma in attesa restano ancora sei persone. Erano infatti nove in totale i ragazzi minori che si sarebbero dovuti trasferire – come da progetto iniziale in accordo con la Regione Piemonte che ne ha seguito la realizzazione attraverso finanziamenti pubblici – entro la fine del 2013.

Ma a raccontare le varie tappe pregresse di questo progetto è Paolo Berta, consigliere comunale, a capo dell’Associazione Idea che segue questa vicenda fin dalle sue fondamenta. “Da quando è nata, infatti, negli anni ’90 l’associazione Idea aveva tra i suoi obiettivi la realizzazione di una casa-famiglia in grado di accogliere persone disabili senza sostegno familiare. Allora ad Alessandria esisteva una micro-comunità che ospitava 6 pazienti disabili gravi tra i quali Livio Moscardo, tatraplegico e socio costituente dell’Associazione Idea. Nel ’94 a causa dell’alluvione la micro-comunità venne dichiarata inagibile, e i sei ospiti vennero trasferiti prima presso la Casa Protetta dell’Asl in via Pacinotti e dopo circa sei mesi nella Casa di Soggiorno Il Platano. Il percorso di Livio è stato seguito passo passo da Berta, che racconta: “In questa nuova sistemazione l’amico Livio non riuscì mai ad ambientarsi. Il fatto che fosse alloggiato in una camera singola lo gravava dei problemi conseguenti l’isolamento e la distanza notevole della struttura dal centro cittadino ne limitava l’autonomia. Ogni giorno, infatti, il nostro amico rischiava la sua incolumità compiendo un tragitto di circa 5 km con la sua carrozzella a trazione elettrica su strade gravate da traffico pesante e rese ancor più pericolose dalla totale assenza di protezioni e marciapiedi accessibili”. Fu così che per l’associazione Idea l’obiettivo primario divenne a ricerca di un luogo adatto ove realizzare la nostra casa famiglia. L’anno successivo l’amministrazione comunale iniziò i lavori di ristrutturazione della Casa di Soggiorno Comunale Nicola Basile e “come associazione – spiega Berta – chiedemmo che un’ala della struttura fosse destinata all’ospitalità di persone disabili gravi ancora giovani, proponendo un progetto di vita che gli garantisse un’adeguata autonomia.Ottenemmo solo tiepide promesse mai mantenute”.

Arriviamo così al 1999, quando la giunta regionale deliberò l’estinzione dell’Opera Pia San Giuseppe, dismessa da alcuni anni. “La delibera della dismissione mi venne consegnata per essere discussa e votata nell’ambito della Commissione Politiche Sociali da me presieduta. Prima della discussione in aula, decisi di andare a vedere dove era ubicata questa struttura e in che condizioni fosse l’immobile, che stava per diventare patrimonio comunale”. “Mi colpì il fatto che la costruzione era circondata da una serie di edifici scolastici (Istituto Professionale Ial, Istituto Professionale Fermi, Istituto Nervi per geometri, distaccamento Liceo Scientifico), quindi molto sicura, vicina al centro della città, a poche centinaia di metri dall’Associazione Idea. Questi aspetti positivi ci fecero immediatamente innamorare del luogo e sognare li la nostra casa famiglia. Immaginando già di vedere studenti che potessero socializzare e perché no fare amicizia con Livio e le altre persone ospitate”. Ma come per ogni cosa bisognava fare i conti con le spese: “considerando la notevole spesa per la ristrutturazione del S. Giuseppe ormai fatiscente , formulai la proposta di vendere la porzione di immobile prospiciente via Lumelli di oltre 3000 metri quadri , parte dell’ex Ipab di prossima acquisizione da parte del Comune, anch’essa con vincolo socio-assistenziale”. Asl, Cissaca, Provincia e Comune si dichiararono favorevoli, con la volontà di contribuire alla realizzazione del progetto: “un sogno per noi dell’Associazione Idea”. E così nel 2000 anche il Consiglio comunale di Alessandria all’unanimità decise di acquisire l’immobile ascrivendolo al patrimonio del Comune. “A quel punto decisi di mettermi in moto per conoscere le poche realtà di case famiglia che esistevano in Italia – spiega il consigliere Berta – e i primi mesi del 2001 presi contatto con i responsabili delle tre case famiglia attive a Genova e decisi di andare a visitarle. Capii subito come doveva essere organizzata la nostra struttura alessandrina”. Convegni, confronti che rendevano sempre più chiara la necessità di una Casa famiglia, che si distinguesse dalle strutture dove ancora oggi queste persone “sopravvivono”, insieme a persone anziane, malate e senza più stimoli, sprecando molti anni della loro vita tra sofferenze fisiche (piaghe da decubito) e morali insopportabili e gravando economicamente sulla società.

Nel 2002 – sotto l’amministrazione Scagni – si aprì un bando regionale a cui purtroppo però potevano partecipare solo Enti privati come Cooperative sociali e Onlus. “L’unica realtà che aderì al Bando fu la Cooperativa Il Gabbiano che con coraggio si propose, ben sapendo che la Regione avrebbe finanziato solo in parte l’iniziativa e dunque conscia di dover investire capitale proprio nel progetto di ristrutturazione e futura gestione”. A finanziamento regionale ottenuto e superate le “limitazioni” imposte dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, i lavori di restauro terminarono nel 2007: “mi accordarono l’onore di intitolare la struttura alla mia amica Rosanna Benzi”. “Nella comunità Rosanna Benzi – prosegue Paolo Berta – il primo ospite, non fu il nostro amico Livio Moscardo che purtroppo venne a mancare, ma Antonio, tetraplegico, che arrivò nel 2008 e solo nell’anno successivo fu raggiunto da altri tre ospiti. A fronte dei 9 posti disponibili nella casa famiglia, la presenza di soli 4 ragazzi, alcuni dei quali ospitati temporaneamente, causò grossi problemi economici alla cooperativa Il Gabbiano. Dopo un periodo di sofferenza, quindi, l’attività della comunità per disabili Rosanna Benzi venne sospesa”. Per la bellezza della struttura, la Regione concesse una deroga alla cooperativa per ospitare giovani minori e nel dicembre 2011 fu dunque trasferita in piazzetta Bini la comunità per minori “Il Gabbiano 2”. Che oggi diventa operativa e “viva” con i primi due ospiti, Claudio e Mariella. “Speriamo – conclude Berta – che anche gli altri 6 posti disponibili vengano al più presto occupati”.

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