Ultima spiaggia Alessandria
Dopo un anno abbondante di governo del dissesto, è vitale che si cambi passo. Per evitare il baratro (se non ci siamo già dentro), serve uno slancio di partecipazione (trasparenza), tanta progettualità e competenza oltre che la voglia sincera di ricucire i solchi tra le istituzioni e, soprattutto, tra esse e i cittadini. La possibilità cè.
Dopo un anno abbondante di governo del dissesto, è vitale che si cambi passo. Per evitare il baratro (se non ci siamo già dentro), serve uno slancio di partecipazione (trasparenza), tanta progettualità e competenza oltre che la voglia sincera di ricucire i solchi tra le istituzioni e, soprattutto, tra esse e i cittadini. La possibilità c?è.
Quella che emerge, a nostro parere ma anche secondo molte reazioni di lettori e cittadini sui giornali e sui social network, è una situazione deprimente: tralasciando gli assessorati “meno attivi”, le interviste hanno descritto, nel migliore dei casi, politici impotenti perché senza risorse economiche (e questo è comprensibile) ma pietrificati anche nella spinta all’innovazione vera. I conti bloccati hanno bloccato anche le energie dei nostri governanti, in vari modi.
Non vogliamo soffermarci, l’abbiamo già fatto e l’hanno fatto altri ben più autorevoli di noi, sulla capacità che ha avuto questa Giunta nel gestire il dissesto. Proviamo a ragionare brevemente e genericamente di passato e futuro.
Per quanto riguarda il passato, ormai, la situazione sembra chiara e ci si continua a ripetere: lo scenario cui assistiamo ad Alessandria e nel nostro Paese rappresenta il fallimento profondo di una classe politica, pagato però dalle tasche della gente che – oltre il danno la beffa – è ancora costretta fuori dai portoni chiusi dei palazzi (d’oro in alcuni casi). Media troppo teneri (facciamo anche noi la nostra parte di mea culpa) e istituzioni vecchie e arroccate, più preoccupate di mantenere le piccole o grandi posizioni di potere anche contro l’evidenza di un sistema che non si può più reggere sugli schemi di ieri, fanno il resto in questo cocktail da incubo.
Per guardare con un minimo di ottimismo al futuro, invece, vogliamo sottolineare (forse sperare?) la possibilità – e c’è tutta – che le cose, da oggi in poi, vengano fatte diversamente. In un momento in cui, sul nostro territorio, al dissesto si sommano i problemi economici nazionali e internazionali, in una stagione distrutta dai problemi dell’occupazione e della restrizione drammatica dei servizi sociali, le persone potrebbero anche accettare che il livello di risorse sul quale si poteva contare fino a poco tempo fa sia fuori portata per sempre, ma quello che non si può più chiedere loro è di sopportare una classe politica impreparata (che non studia e non cresce nelle competenze), pavida (perché si affida ai soliti schemi – fallimentari – di ieri per non sbagliare sperimentando) e autocentrata perché incapace di dialogare (al proprio interno e con i cittadini).
Non c’è più spazio e non c’è più tempo per quel tipo di relazione, tanto tra i Palazzi quanto tra i politici e i cittadini. Viviamo un’epoca di profonda interdipendenza tra gli individui e tra le organizzazioni, non è più il tempo della chiusura e dell’immobilismo, per nessuno. I sacrifici si possono fare ma si devono fare insieme, decidendo insieme quali e quanto duri.
Il Sindaco l’ha promesso: da gennaio si cambia passo, finalmente insieme.
Bene, credo sia necessario uno sforzo da parte di tutti a questo punto (cittadini, associazioni, movimenti e istituzioni), per dare credito al primo cittadino e cogliere l’occasione (l’ultima) per cercare e definire questo passo nuovo, quel passo che impedisce a nuovi dissesti e nuove crisi di trovare terreni fertili, ancora più fertili, un domani.