San Baudolino, chi era costui?
Una rilettura delle fonti unitamente al confronto con il contesto storico in cui sono state prodotte, consente anche nel caso di San Baudolino di far emergere elementi per definire un modello di santità medioevale che va molto al di là della consueta immagine del "santo delle oche"
Una rilettura delle fonti unitamente al confronto con il contesto storico in cui sono state prodotte, consente anche nel caso di San Baudolino di far emergere elementi per definire un modello di santità medioevale che va molto al di là della consueta immagine del "santo delle oche"
ALESSANDRIA – Un Santo Longobardo – La fonte primaria, per non dire unica, di questa tradizione agiografica è di tipo narrativo: si tratta del noto passo dell’Historia Longobardorum di Paolo Diacono. Da essa è possibile ricavare le informazioni di base sull’uomo Baudolino e sulla sua vicenda: la collocazione temporale nell’VIII secolo (“regis Liutprandi temporibus“), la collocazione geografica (“in loco cui forum nomen est Iuxta Fluvium Tanarum“), ed anche la temperie culturale: il nome Baudolino – o Baudolinus, o Baudolenus, o Baldolinus – è di chiara origine longobarda (derivando dalla radice Bald o Baud, cioè “uomo libero”). A questo proposito, cioè della persistenza di un culto nato in contesto di origine germanica, mi pare significativo rilevare che storicamente la devozione a San Baudolino si accompagna – proprio nella stessa area territoriale – ad un’altra interessante forma cultuale, quella di Santa Varena (cui è dedicata la chiesa parrocchiale di Villa del Foro – nella foto a destra).
Varena, infatti, è la corruzione dialettale di Verena, nome di una giovane vergine vissuta forse del IV secolo, seguace di San Maurizio e della Legione Tebana nell’evangelizzazione delle tribù germaniche operanti in una vasta area alpina compresa tra Milano e la Svizzera (S. Maurice, Solothurn, Koblenz, e soprattutto Zurzach, contone di Aargay dove ancor oggi si custodisce e si venera la tomba della santa). Il nesso conservatosi tra le due figure di Baudoline e Verena in un ambito così ristretto (è rilevante per la storia alessandrina) ci parla, dunque, delle ascendenze germaniche di questi culti e probabilmente rinvia a forme di integrazione tra una originale base cristiana e popoli di ceppo nord e centro europeo.
Un Santo degli “umiliati”
La seconda fonte per antichità (ma la più importante quanto ad abbondanza di notizie) è il Libro delle Ore Canoniche degli Umiliati (“Umiliatorum Orae Canonicae”).
Esso ci è giunto, attraverso la tradizione del primo grande studioso del fenomeno “umiliato” l’abate Gerolamo Tiraboschi, in un’edizione milanese del 1751, che però rinvia a due precedenti del 1483 e del 1548. Fin dalla seconda metà del XV secolo la trdazione degli Umiliati considera San Baudolino “Vescovo e Confessore”. E’ perciò di grande interesse accostarsi ai contenuti di questa grande tradizione esplicitata in sei “lectiones” e due antifone nei libri liturgici citati.
Eccone la traduzione integrale:
I – Questo Santo, di nome Baudolino, nacque a Foro, località un tempo celebre, ridottasi con lo scorrere dei secoli allo stato di piccolo borgo, e oggi detta Villa del Foro, non distante da Alessandria, dove i pastori hanno qualche capanna.
II – Dopo la morte di entrambi i genitori, Baudolino considerò come le umane cose, erroneamente anteposte a quelle da cui discendono, siano destinate a passare e a decadere, e stabilì per questo di allontanare il proprio animo dal desiderio di esse e soprattutto rivolgersi verso quelle realtà che, per essere stabili ed eterne procurano la pace e la via del cielo.
III – Continuando a domandarsi come conseguire in concreto questo scopo mise in vendita tutti i beni dell’eredità paterna e destinò il denaro ricavatone ad alleviare la miseria dei poveri e le tristi condizioni dei più sfortunati. 
V – Di tanti e tali miracoli fu accreditato che due Vescovi, quello di Tortona e quello di Acqui, presso cui era stato ingiustamente accusato dell’invidia di alcuni religiosi, lo vollero associare nei rispettivi ministeri nonostante il suo rifiuto.
VI – Infine, presago della propria imminente fine, durante il regno di Liutprando venne a morire serenamente nel signore. Il suo corpo fu trasferito da Foro in Alessandria per volontà del Pontefice Alessandro III che aveva dato alla città il titolo d’onore e il nome e custodito fino al giorno d’oggi in un tempio a lui dedicato.
Antifona al Benedictus – Mentre l’uomo di Dio Baudolino si reca a Tortona, distesa la tunica sulle acque e salitovi come su una nave insieme al nunzio del Vescovo, nel nome del Signore attraversa incolume il fiume Bormida impossibile a guadarsi.
Antifona al Magnificat – A un gesto di Baudolino vengono le oche e lo ascoltano, mentre una cerva offre all’assetato le mammelle colme di latte. Magnifichiamo perciò Dio che è potente e che in San Baudolino ha fatto grandi cose.
Questa testimonianza risulta di evidente interesse intanto perchè conferma le indicazioni cronologiche e geografiche di Paolo Diacono, e poi perchè si sofferma, sottolineandola, sulla scleta pauperistica ed eremitica di Baudolino. Aggiunge, inoltre, il prezioso particolare relativo alla collaborazione prestata ai due vescovi delle diocesi limitrofe: è da notare, tra l’altro, come derivi proprio da qui la tradizione propria non solo degli Umiliati, ma di tutta la cultura alessandria fin dall’epoca della fondaione della città, di un San Baudolino non solo uomo di Dio ma Vescovo della sua Chiesa.
Su questo aspetto torneremo: è invece necessario ancora sottolineare due passi dei brani citati. Il primo riguarda l’accenno ai miracoli: è possibile infatti notare come nel confronto tra il brano di Paolo Diacono e il testo liturgico degli Umiliati l’accento si sposti dalla capacità di profetizzare nello spazio e nel tempo ad una più concreta azione di protezione del mondo rurale dai fenomeni della natura. Il secondo luogo significativo della narrazione è collegamento che viene introdotto tra il trasporto del corpo del Santo e il momento fondativo della città. Si spiega forse in questo modo la saldatura tra il culto precedente per un eremita di risonanza prettamente locale el’assunzione dello stesso a tutela e protezione di una realtà urbana nascente, in cui tutt’altro che secondario doveva essere l’influsso e il ruolo di una comunità religiosa come quella degli Umiliati. Nella nuova città gli Umiliati possedevano, infatti, cinque Case (cioè Comunità) di cui una dedicata a San Baudolino (o San Bavilino); un’altra anticamente era localizzata proprio a Foro e sotto il titolo di Santa Maria. In funzione del trasporto del corpo (e del culto) entro la nuova città bisogna infine osservare che il racconto delle “lectiones”, fissandone l’anno entro la morte di Papa Alessandro (e dunque prima del 1181) contrasta con la notizia dell’analista Ghilini che riporta lo stesso evento all’anno 1189.
Le fonti più tarde
Tra le aggiunte di un’epoca più tarda, ormai sospette o incerte sono comunque da considerare quelle operate da alcuni autori secenteschi. Tra questi Filippo Ferrario, a cui si deve un Catalogo dei Santi Italiani, i benedettini Bucelinus e Manardus redattori di un noto Martirologio, e soprattutto il domenicano di Rivalta Arcangelo Caraccia che scrive una Vita del glorioso San Baudolino protettore della città di Alessandria, pubblicata ad Alessandria nell’anno 1600. Il Caraccia in particolare si rifà ad un manoscritto (De San Baudolini vita commentarius) attribuito a un non meglio precisato “nipote di Giorgio Merula” e ritrovato nella casa di Donna Olimpia Robutti Aulari di nobile famiglia alessandrina. Altri scritti ormai tardi che si occupano del santo sono gli Atti de Santi che fiorirono negli Stati della casa Savoia, di Pietro Giacinto Gallizia, gli Annali alessandrini di Girolamo Ghilina e l’Alessandrina Tetracty di Giuliano Porta.
Si tratta di rifacimenti in cui più che altrove si mescola il vero con il verosimile, sacrificando la verità storica a necessità oratorie ed agiografiche. A metà settecento il già citato Tiraboschi, autore di uno studio fondamentale sulla presenza degli Umiliati nell’Italia settentrionale (Vetera Umiliatorum monumenta, MIlano 1767) riporta anche la data di nascita e di morte di San Baudolino (che sarebbe vissuto dal 716 al 740 e dunque soltanto 24 anni), attribuendo questa notizia ad alcuni autori non meglio specificati. 
Ricordando che la chiesa di Foro presso cui Baudolino si ritirò era officiata da Canonici “in fama sinistra”, il Caraccia attribuisce infatti al nostro santo un intento di “reformatio” dei costumi religiosi (da notare che, secondo il suo racconto, sono proprio i canonici a denunciarlo al Vescovo di Acqui come “bestemmiatore, eccitatore di plebi e pericoloso simulatore”).
I miracoli delle oche, della cerca e della traversata del fume in piena sono qui narrati con dovizia di particolari in perfetta sintonia con i requisiti e i canoni della apologetica secentesca (e non casuale che intento di Caraccia fosse quello di “enanimare la città”, e cioè sia i deputati al governo della stessa, sia il “nobilissimo suo popolo”).
Al catalogo tradizionale si aggiunge inoltre il fatto miracoloso dell’apparizio di Baudolino sulle mura della città durante l’assedio imperiale.
Il Domenicano riprende infine il concetto di “fori episcopus”, circostanza che consente all’abate Tiraboschi nel suo commentare di suggerire l’ipotesi che Baudolino – che non può essere stato Vescovo di Alessandria quattro secoli prima della sua fondazione e dell’erezione della Diocesi e che non figura negli elenchi dei Vescovi acquesi e tortonesi – possa però essere stato investito da quei Vescovi della carica di “Chorepiscopus” (cioè vicario, secondo la dotta tradizione degli “episcopi villani” o vicari rurali, delegati cioè all’esercio del ministero su una porzione di territorio).
C’è ancora una domanda che attende risposta dopo questo esame: perchè Baudolino, pur essendo vissuto in un tempo tanto lontano da loro, è stato considerato dagli Umiliati come un proprio Santo (e probabilmente attraverso questo identificazione è divenuto protettore e patrono della città in cui essi avevano una presenza tanto significativa)?
La questione non è di semplice soluzione, ma un tentativo può essere compiuto attraverso la ricostruzione – o quel che ne è possibile – della religiosità di questi “paupers lombardi”. L’ordine degli Umiliati nasce infatti in una fase di passaggio tra “vecchio” e “nuovo” monachesimo come suggerisce Grado G. Merlo, uno degli studiosi più preparati in questa materia. Al vecchio monachesimo attiene una concezione della salvezza concepita come fatto individuale che si incontra con una religiosità in cui si accentua il valore delle opere. Nel modello cistercense l’iniziale e duratura vocazione eremitica e rurale si evolve in una progressiva attenzione verso i fenomeni urbani. Ad una ricerca di estraneità e lontanaza dagli uomini e dal loro ambiente si sostituiscono gradatamente la dimensione sociale e la rilevanza delle “opere” (attraverso gli istituti della coversio, dell’oblatio, della redditio e della dedicatio).
Verso la metà del XII secolo gli Umiliati “in domibus cum familia su degentes quemdam modum religiose vivendi eligentes, a mendaciis, iuranmentis et causis ebstinentes, veste simplici contenti” conducevano “In civitatibus Longobardorum” – soprattutto a Milano e dintorni – un tipo di vita che all’apparenza si avvicinava a quella dei “dedicati”. Questa evoluzione sembra riflettersi con imressionante fedeltà nella vicenda di un santo eremita che si trasferisce da un teatro d’azione rurale e solitario ad un ambito in cui si attua una collaborazione con la chiesa ufficiale, fino all’assunzione di un ruolo di tutela di un fenomeno urbano in espansione.
Il modello di santità incarnato da Baudolino si sposa perciò perfettamente con quello proposto dal nascente ordine umiliato. Un ordine che ha – come è noto – problemi di eterodossia proprio negli anni in cui nasce la città di Papa Alessandro e che viene giudicato eretico nella Decretale ad abolendam del 1184 da Lucio III. Un movimento che, facendo del pauperismo la propria rinnovata bandiera, recupera rapidamente la protezione papale e che proprio dagli ultimi anni del XII secolo, stendendo una fittissima rete di fondazioni e di domus in diversi centri urbani, si insedia in Lombardi e, per quel che riguarda il Piemonte, in un triangolo che ha il vertice occidentale a Pinorolo e gli angoli di base a Novara e ad Acqul. Per larga parte del XIII secolo, poi, gli Umiliati realizzano un raccordo con la realtà cittadina e comunale che pare non consentire spazio ad altre presenze concorrenti. Ad Alessandria, ad esempio, è noto che gli Statuti di fine Duecento riservano il ruolo di “clavarius” e cioè di tesoriere della citàà ad un esponente dell’ordine umiliato.
In questo contesto la figura di Baudolino si inserisce con uno spessore storico particolare e apre nuovi motivi di indagine e di riflessione storica.