Perché è importante diffondere scienza e conoscenza
Confucio diceva: "se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco": Einstein sosteneva: "fate le cose nel modo più semplice possibile, ma senza semplificare"
Confucio diceva: "se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco": Einstein sosteneva: "fate le cose nel modo più semplice possibile, ma senza semplificare"
SCIENZA – La scienza e la tecnologia sono alla base della società moderna e sono motore di continua innovazione. In una società della conoscenza, qual è la nostra, dove la produzione dei saperi scientifici gioca un ruolo cruciale, non è più possibile anche per i cittadini non addetti ai lavori disinteressarsi delle pratiche scientifiche. D’altra parte anche se negli ultimi decenni siamo stati testimoni di un allontanamento del pubblico e della cittadinanza dal sapere scientifico creando profonde separazioni tra scienza e società, oggi si sta felicemente palesando un altro tipo di tendenza: la scienza vuole aprirsi al pubblico e la cittadinanza risponde positivamente a questa tendenza.
Sono nate così iniziative per colmare questo gap tra scienza e società. Si sono moltiplicati e adeguati i corsi educativi o informativi, sono nati numerosi programmi televisivi, realizzate mostre temporanee tecnico-scientifiche e si sono ampliati alla scienza musei più o meno classici. Tutte iniziative che si propongono di invitare il largo pubblico ad avvicinarsi alla scienza in modo più informale rispetto alle tradizionali vie accademiche. Il diffondersi di un atteggiamento di diffidenza antiscientifica comporta che le materie scientifiche siano scelte sempre meno dagli studenti che accedono all’Università e che, in generale, la curiosità, l’interesse, la malia verso i misteri della scienza, così spontanea nei giovani, diventi sempre più opaca.
Tra queste forme educative e informative, la Notte dei Ricercatori si è inserita tra le attività che si basano su una educazione informale, così chiamata in contrapposizione ai metodi proposti nelle scuole, negli istituti universitari e nei centri dì formazione. Tale metodologia non si limita a mostrare oggetti immobili più o meno scientificamente importanti, ma li anima, li fa muovere, operare secondo la loro natura coinvolgendo direttamente il pubblico che diventa attore principale degli eventi a cui assiste. Questa nuova “didattica”, nuova nei luoghi, nei metodi, nei linguaggi e nelle attività, si propone fresca, divertente e avvincente senza perdere il ruolo di veicolo d’informazione e di formazione.
La comunicazione, nel senso di divulgazione delle informazioni e condivisione della conoscenza, se eseguita in maniera egualitaria, rappresenta la base per la costituzione di una cittadinanza scientifica matura. Tutte quelle attività culturali, considerate nel loro insieme, quando si rivolgono solo ai “colti” (qualche decina di persone, sempre le stesse, in ogni città) escludendo tutti gli altri, che sono centinaia di migliaia, non permettono una vera circolazione e diffusione della conoscenza, anche scientifica. Forse c’è veramente urgente bisogno di ripensare a don Milani per convincerci che “non c’è ingiustizia peggiore che fare le parti uguali tra diseguali”. Parafrasando sempre don Milani sostenere che una diffusione della conoscenza scientifica sia solo per pochi eletti “è un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
Qualcuno ha addirittura affermato che la comunicazione della scienza fa parte della scienza stessa, e che questa, di conseguenza, non possa sussistere senza la comunicazione. Naturalmente, discutendo di comunicazione, si distinguono due forme: la prima è la comunicazione all’interno del mondo scientifico, che privilegia le relazioni fra scienziati, i quali comunicando fra loro portano avanti il processo evolutivo della scienza; la seconda è la divulgazione al popolo di non esperti, i quali acquisendo le nozioni scientifiche, di certo non potranno contribuire in maniera rilevante dal punto di vista tecnico al processo, ma contribuiranno a formare una cittadinanza scientifica matura e consapevole.
Una cittadinanza scientificamente matura, in quanto tale, è in grado di apportare vantaggi allo sviluppo della scienza con strumenti politici, economici e sociali. In altre parole, la comunicazione della scienza diventa necessaria per la scienza stessa, specie quando gode di finanziamenti pubblici e privati da parte dello Stato e delle imprese, i quali sono fortemente influenzati dall’opinione pubblica che si forma fra i cittadini, sia che questi siano informati o no, anche se nel mondo accademico, spesso, viene sostenuto il contrario. Già il fisico inglese Paul Dirac era convinto che la comunicazione ai non esperti fosse del tutto irrilevante ai fini dello sviluppo scientifico, ignorando che la scienza e la tecnologica rientrano tout court negli aspetti più rilevanti dell’attività sociale umana.
La ricerca oggi non è più un problema individuale: la caccia ai finanziamenti, l’interesse pubblico di alcuni grandi progetti hanno creato la figura dello scienziato-manager, che guida équipe numerose, e che deve far parlare di sé e delle sue ricerche per ottenere i fondi necessari. È lo scotto del progresso. Ma, come per la politica-spettacolo, anche nel caso della scienza c’è il rischio che la spettacolarizzazione spinga a prendere decisioni non legate ad esigenze reali. Questo succede più in Italia che altrove, per le carenze della formazione scientifica nella cultura del nostro paese. Quando il referente, per certe decisioni non è il mondo scientifico, si rischiano pericolose distorsioni, con perdita di garanzie del prodotto scientifico culturale.
Ecco perché la conoscenza intrinseca e l’alfabetizzazione sono fattori molto importanti per far sì che non ci si imbatta in tutto ciò, perché è essenziale per esistere, aver voce, e tanto più, una voce critica che si basi su una conoscenza consapevole. Così, come qualcuno disse che la guerra è una cosa troppo importante per lasciarla solo ai generali, allo stesso modo la scienza lo è per gli scienziati. Esiste la necessità dei comunicatori che non devono però limitarsi ad essere meri traduttori dell’informazione, anzi, essi hanno il compito di riscuotere l’interesse della cittadinanza anche per argomenti più “astrusi” e spiegare chiaramente, senza distorcere o banalizzare il significato delle cose.
Quella della comunicazione, insomma, è una vera e propria arte, oltre che un bisogno sociale diffuso, che deve essere in grado di scorgere le peculiarità del recettore per trasmettere sulle giuste frequenze perché nell’era della conoscenza, la scienza è entrata a far parte del quotidiano, individuale e collettivo e le informazioni scientifiche per il grande pubblico sono un’esigenza primaria di democrazia. Nell’edizione 2013 della Notte dei Ricercatori abbiamo avuto il piacere di fare partecipare più di 300 alunni delle scuole elementari e più di 500 delle scuole superiori alessandrine coinvolgendo anche i loro docenti. È stata la prima edizione in cui abbiamo interessato, in maniera massiccia, con appuntamenti ed esperimenti dedicati, una così larga fetta di quella popolazione che dobbiamo e possiamo educare, e forse qualcuno di questi ragazzi nei prossimi 10 anni potrà spendere i suoi talenti nel mondo della scienza.
Come ricordava su Le Scienze il compianto Enrico Bellone in un editoriale “la ricchezza di una nazione e il benessere dei suoi cittadini dipendono, nei paesi moderni, dalla capacità di potenziare la libera ricerca fondamentale.” Ricordiamo anche un editoriale del 2008 sulla rivista inglese Nature, dove si rilevava l’italica mancanza di una “mano forte, consapevole e intelligente” atta a riformare meritocraticamente le nostre Università, ovviamente una delle condizioni base perché la ricerca scientifica sia attuata e attiri i nostri giovani, a vantaggio dell’intera nazione. E pensare che Bernard le Bovier de Fontenelle già nel 1699 scriveva: “Di solito si dichiarano inutili le cose che non si capiscono.”
Mauro Patrone, Simona Martinotti, Elia Ranzato
Disit – Università del Piemonte Orientale e organizzatori dell’evento Notte dei Ricercatori 2013