Alle Hawaii per studiare un vaccino per il mesotelioma
Pietro Bertino, cervello alessandrino in fuga all'Università delle Hawaii: non vedo un futuro promettente per la ricerca in Italia. Qui invece il governo stanzia molti più soldi ed è possibile incontrare e iniziare collaborazioni con i più grandi ricercatori mondiali
Pietro Bertino, cervello alessandrino ?in fuga? all'Università delle Hawaii: ?non vedo un futuro promettente per la ricerca in Italia. Qui invece il governo stanzia molti più soldi ed è possibile incontrare e iniziare collaborazioni con i più grandi ricercatori mondiali?
HONOLULU – Alle Hawaii per studiare un vaccino contro il mesotelioma. Pietro Bertino, biologo alessandrino, è attualmente assistant researcher al Peter Hoffmann Lab presso il Cell & Molecular Biology Department della John A. Burns School of Medicine, University of Hawaii.
Dottor Bertino, di che cosa si occupa esattamente? Qual è l’ambito delle sue ricerche?
Io mi occupo di ricerca nel campo del mesotelioma maligno, un tumore la cui insorgenza è collegata con l’esposizione all’amianto. Ho pubblicato diversi articoli sia sulla carcinogenesi sia sulla terapia di questo tumore. Negli ultimi anni stiamo sviluppando un vaccino per prevenire e trattare clinicamente il mesotelioma e altri tumori.
Quali sono gli studi che ha compiuto?
Ho studiato ad Alessandria dove ho preso il diploma all’Itis Volta, poi la laurea in Biologia all’Università del Piemonte Orientale con una tesi sugli effetti dei campi elettromagnetici sulle cellule umane e animali. Ho condotto gli esperimenti per la tesi nel reparto di Anatomia Patologica dell’ospedale di Alessandria per un periodo di circa due anni. Il mio supervisore era la dottoressa Roberta Libener da cui ho imparato metodiche di biologia molecolare che mi sono state utili in tutti i laboratori in cui sono stato. Terminata l’università, mi sono iscritto alla scuola di specializzazione in Igiene all’Università di Milano. Una volta concluso il corso di specialità mi sono iscritto alla scuola di dottorato dell’università del Piemonte Orientale. Durante il dottorato ho frequentato per quattro anni il laboratorio del professor Gaudino a Novara in cui studiavamo carcinogenesi e nuove terapie per la cura del mesotelioma maligno. In particolare, con il professor Gaudino abbiamo scoperto il meccanismo che induce la formazione del mesotelioma dopo esposizione all’erionite. La ricerca che ci ha dato più soddisfazione riguarda la terapia combinata gemcitabina-gleevec. I nostri dati sulle cellule in vitro e sui topi sono stati usati per iniziare uno studio pilota e uno studio clinico di fase 2 sull’uomo, condotto al S. Matteo di Pavia, entrambe con risultati promettenti.
Come è arrivato a lavorare all’Università delle Hawaii?
Il corso di dottorato in medicina molecolare includeva un periodo di un anno all’estero. A questo proposito avevamo trovato un accordo con un laboratorio di immunologia del mesotelioma in Australia per iniziare a sviluppare il vaccino. All’ultimo momento gli accordi sono saltati. Fortunatamente in quel periodo il professor Carbone era stato assunto dall’Università delle Hawaii per diventare il direttore del nuovo Cancer Center. Carbone, che si stava trasferendo dall’università Loyola di Chicago, aveva bisogno di personale e, visto il mio curriculum, mi ha subito assunto. In poche settimane ho ricevuto i documenti e sono partito.

Nel 2007 mi sono trasferito a Honolulu nel laboratorio di Michele Carbone, uno dei leader mondiali nella ricerca sul mesotelioma. In cinque anni abbiamo pubblicato numerosi articoli sulla terapia del mesotelioma e sui meccanismi che regolano l’insorgenza di questo tumore. Nel laboratorio del professor Carbone ho avuto la possibilità di condurre i primi esperimenti su un nuovo vaccino per prevenire e curare il mesotelioma, ideato durante la mia permanenza nel laboratorio del professor Gaudino e prodotto dal professor Antonio Siccardi all’istituto San Raffaele di Milano. Negli Usa ho avuto anche un’esperienza in un laboratorio di immunologia a Los Angeles. Nel laboratorio di Martin Kast ho imparato diverse tecniche di immunologia che mi sono state utili per concludere la prima pubblicazione sul vaccino. Lo studio del vaccino per il mesotelioma è durato in tutto cinque anni. Gli ultimi due anni li ho passati nel laboratorio di Peter Hoffmann, un immunologo dell’Università delle Hawaii che mi ha aiutato a terminare questa ricerca. Insieme a Peter e altri collaboratori stiamo lavorando sul prossimo vaccino.
Quali differenze trova nel mondo della ricerca statunitense rispetto all’Italia?
Prima di tutto, ci sono grandi differenze tra gli Stati Uniti e l’Italia per quanto riguarda il numero e l’entità dei finanziamenti alla ricerca. Negli Usa il governo stanzia molti più soldi per la ricerca, nonostante negli ultimi anni ci siano stati parecchi tagli. Inoltre, qui è possibile incontrare e iniziare collaborazioni con i più grandi ricercatori mondiali. Per esempio, la scorsa settimana a Honolulu abbiamo ospitato la conferenza mondiale dell’immunologia. Durante questo evento ho incontrato alcuni scienziati americani molto conosciuti, discusso i miei progetti con loro e iniziato una nuova collaborazione. Una delle differenze più importanti tra Usa e Italia rimane il percorso della carriera universitaria: negli Stati Uniti è basato sulla meritocrazia e ci sono alcuni passaggi obbligati per fare carriera e diventare professore.
Pensa di tornare in Italia?
Dall’estero vedo un Italia distrutta dal punto di vista economico, sociale e politico. Purtroppo non vedo un futuro promettente per la ricerca in Italia.
Quali speranze ci sono per i malati di mesotelioma? A che punto sono le ricerche?
Alcuni passi avanti ci sono stati nell’ultimo anno nella terapia del mesotelioma. Sono stati iniziati diversi studi clinici per valutare l’efficacia di nuovi farmaci. Inoltre è stata identificata una mutazione genetica che predispone all’insorgenza del mesotelioma. Se i risultati di questa ricerca verranno confermati, sarà possibile individuare persone ad alto rischio di sviluppare il tumore e che possono essere trattati con misure preventive.
(nella foto fornite da Pietro Bertino, il ricercatore davanti alla cappa per le colture cellulari e la scuola di medicina dell’Università delle Hawaii).