Come cambia la città: la biblioteca civica
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Come cambia la città: la biblioteca civica

La memoria “vegetale” che racconta di noi e migliora il domani (salvandoci dalla crisi?)

La memoria “vegetale” che racconta di noi e migliora il domani (salvandoci dalla crisi?)

MemoriALE – “Il luogo della memoria universale, dove un giorno potrai trovare quello che gli altri han letto prima di te”, così Umberto Eco definì le biblioteche nella lectio magistralis che inaugurava la nostra, finalmente ristrutturata, nel febbraio del 2007. 
La nascita ufficiale della biblioteca civica alessandrina risale al 1806, nonostante sia da ricordare il tentativo tardo settecentesco di costituirne una ad uso pubblico da parte del vescovo De Rossi (andato a vuoto per motivi economici). Nel periodo napoleonico, con la soppressione delle corporazioni religiose, il Comune di Alessandria ottenne i fondi librari delle biblioteche conventuali e furono proprio questi che andarono a costituire il nucleo originale della raccolta. La prima sede fu la casa dei Barnabiti di Sant’Alessandro (oggi l’Istituto Leonardo da Vinci). Attraverso la prima metà del 1800 e con la Restaurazione la biblioteca visse degli alti e bassi. Nel 1820 fu trasferita nell’ex monastero della Margherita (sede, un tempo, della scuola media Manzoni) ed infine, nel 1858, trovò collocazione definitivamente insieme al Museo e alla Pinacoteca nel vecchio macello pubblico.
Gli ultimi decenni dell’Ottocento ed i primi del Novecento corrispondono al periodo più fiorente per questa istituzione, che tuttavia ebbe sempre problemi legati all’esiguità dei finanziamenti elargiti dall’amministrazione locale. Fu sempre poco, a quanto pare, anche l’interesse della cittadinanza e della stampa, nonostante vi siano custodite anche opere di valore, come dei codici manoscritti risalenti al XIII e XVI secolo e stampe rare del 1400 e 1500.
Anche recentemente la biblioteca ha vissuto e vive limitazioni e disagi, pur essendo diventata, dalla sua riapertura, un punto di riferimento per tanti cittadini. Un’istituzione importantissima: qui viene custodita, sempre citando l’intervento di Umberto Eco, la memoria vegetale, un patrimonio fondamentale per la nostra identità individuale e collettiva. Il libro infatti non solo racconta con le parole, ma anche con i materiali di cui è composto, con gli odori che emana, con le grafiche che lo contraddistinguono, con il suo stato di conservazione. Elementi collaterali che possono dirci molte cose su di un’epoca passata e sul nostro territorio. In questo modo il libro diventa un tramite tra i tempi, un ponte fra presente, passato e futuro ed uno strumento per arricchire la nostra esperienza di vita.
La biblioteca, insomma, è uno dei luoghi di più comodo ed economico accesso per tutti alla cultura, in un Paese come il nostro in cui spesso la carenza di quest’ultima non permette ai cittadini di sviluppare quel senso critico che dona consapevolezza al proprio agire. Nel 2011 e 2012, rilevano le indagini Istat, i lettori italiani sono diminuiti, quando già la nostra posizione nella classifica europea non era ottimale.
Conviene allora tenersi stretti il patrimonio che la biblioteca conserva: che non sia anche questo una di quelle armi (sottovalutate) contro la crisi e l’apatia di questi tempi? 
 
Interno Biblioteca del Museo Civico di Alessandria, Domenico Sartorio, gelatina bromuro d’argento/vetro
 

 
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