Radioterapia: “in arrivo acceleratore lineare da più di 3 milioni di euro”
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Radioterapia: “in arrivo acceleratore lineare da più di 3 milioni di euro”

1.200 trattamenti l’anno, e una percentuale di guarigione che, per qualche forma tumorale, raggiunge ormai il 90%. “Siamo oncologi specializzati, e non tecnici”, sottolinea il direttore del reparto, Paola Franzone. Che ci aiuta a “sfatare” alcuni luoghi comuni, illustrandoci i dettagli dell’attività, e il percorso di cura dei pazienti

1.200 trattamenti l?anno, e una percentuale di guarigione che, per qualche forma tumorale, raggiunge ormai il 90%. ?Siamo oncologi specializzati, e non tecnici?, sottolinea il direttore del reparto, Paola Franzone. Che ci aiuta a ?sfatare? alcuni luoghi comuni, illustrandoci i dettagli dell?attività, e il percorso di cura dei pazienti

ALESSANDRIA – “La radioterapia non è solo tecnica, ma soprattutto analisi di dettaglio delle esigenze di ogni singolo paziente, da parte di oncologi specializzati, che stabiliscono un determinato percorso di cura in relazione alle co-patologie del malato”. La dottoressa Paola Franzone, direttore del reparto di Radioterapia dell’Ospedale SS. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria, ci tiene a chiarire che le sedute radioterapiche sono il frutto di una diagnosi “a monte”, fortemente personalizzata. E parlando del suo lavoro le brillano gli occhi. “Effettuiamo circa 1.100-1.200 trattamenti radioterapici, a fronte di 2.220-2.800 persone che, nel corso di anno, si ammalano di cancro in provincia di Alessandria. La nostra è l’unica struttura del territorio attrezzata con due acceleratori lineari, mentre altri due sono presenti all’ospedale di Asti, con il quale esiste un rapporto di forte collaborazione. Siamo pertanto il punto di riferimento dei diversi presidi ospedalieri della nostra provincia in cui esistono reparti di oncologia”. Naturalmente non mancano i pazienti che affluiscono da fuori provincia, soprattutto dalle aree limitrofe, e al contrario ci sono alessandrini che preferiscono rivolgersi altrove: “Certamente – precisa la dottoressa Franzone – a Milano o a Pavia esistono strutture eccellenti, e siamo noi i primi ad indirizzare in quella direzione i nostri pazienti, quando ci troviamo di fronte a casi che necessitano di tecniche e strumenti di particolare specificità. In altri casi, però, andare a curarsi lontano è solo una complicazione, dal momento che da noi esistono professionalità e strumentazioni di alto livello. Ma, naturalmente, la volontà del paziente va sempre rispettata, considerandone anche i risvolti psicologici”.

Ma quando, concretamente, è necessario fare ricorso a cure radioterapiche? “La radioterapia – spiega il primario – è una metodologia che si affianca alla chirurgia e alla chemioterapia nella cura dei tumori. Nella gran parte dei casi si fa ricorso a trattamenti integrati, ossia chirurgia più radioterapia, ad esempio. Ma non è caso raro, ad esempio per il cancro alla prostata, che si possa curare il paziente solo con cicli di radioterapia, senza operarlo. Mente nel caso del cancro al seno la radioterapia, nella gran parte dei casi, fa seguito all’intervento chirurgico”. Cancro alla prostata e alla mammella tra l’altro, oltre ad essere patologie tumorali tra le più diffuse, sono anche quelle con una maggior possibilità di guarigione totale: “nel caso della prostata guarisce del tutto addirittura il 90% dei pazienti, quindi bisogna imparare a non spaventarsi di fronte all’idea di ammalarsi di cancro: intervenendo in maniera adeguata e tempestiva, i casi di esito positivo del decorso sono sempre più numerosi”. Mentre ci mostra i dettagli (solo apparentemente insignificanti) dell’arredo colorato e accogliente delle sale di attesa, con alla parete i quadri di Mad (Maddalena Sisto, talentuosa artista alessandrina prematuramente scomparsa), la dottoressa Franzone ricorda l’importanza dello staff, e del lavoro di gruppo: “in reparto oltre a me ci sono altri 4 bravissimi medici, alcuni infermieri, e poi 10 tecnici di radiologia e radioterapia che, dal lunedì al venerdì, consentono di offrire prestazioni di alto livello, e senza interruzioni. E poiché ogni tanto qualcuno ci fa la battuta sul fatto che noi nel week end ci riposiamo, vorrei sottolineare che diversi studi hanno dimostrato che una sosta di due giorni nel trattamento è assolutamente necessaria, e funzionale alla terapia. Per cui in genere i nostri pazienti fanno sedute da 10-15 minuti al giorno, per cinque giorni. Un ciclo completo varia dalle 4 alle 7 settimane, a seconda delle esigenze”. C’è poi un altro “tassello” essenziale nel mosaico professionale del reparto di radioterapia, “ed è costituito dalle nostre due fisiche, bravissime e fondamentali nella messa a punto e ottimizzazione del dosaggio di ogni singolo trattamento, anche se lavorano dietro le quinte, e spesso i pazienti non lo sanno”.

C’è poi il capitolo investimenti, e qui il primario della Radioterapia alessandrina ci regala una notizia che è quasi uno “scoop”: “ormai è ufficiale, la delibera della giunta regionale c’è stata, e quindi al più entro fine anno, ma spero anche prima, potremo sostituire il più vecchio dei due acceleratori (quello del 1997) con una macchina nuova e decisamente più moderna ed efficace. E’ un investimento significativo, di circa 3 milioni e 200 mila euro, per cui siamo in attesa del capitolato di gara, e poi una commissione tecnica di esperti valuterà le proposte che arriveranno dai fornitori del settore. Certamente è un passo per noi molto importante, e ne siamo felici. Così come cito con piacere gli aiuti che ci arrivano sul fronte delle donazioni, e in particolare l’alleanza con la Fondazione Uspidalet, che nel 2012 ci ha acquistato moderni applicatori per la radioterapia con elettroni”.

Ma la radioterapia è dolorosa, o comunque radioattiva? “Assolutamente no, ecco un altro mito da sfatare. La radioterapia si fa coricati su un lettino, con una lampada che ruota attorno al malato. Ma non esistono radioattività o altre controindicazioni, come possono essere nausea o debolezza. La persona riparte dall’ospedale nelle stesse identiche condizioni di arrivo: per cui chi è in grado può tranquillamente viaggiare con la propria auto”. Naturalmente non sempre questo succede, dipende dal tipo e stadio della malattia: e in questi casi si rivela prezioso il contributo di diverse associazioni di volontariato: mi spiace non citarle tutte, ma valga come simbolo il caso della Bios, associazione delle donne operate al seno: persone stupende, che ad esempio tutte le mattine servono la prima colazione alle pazienti del day hospital oncologico”.

Paola Franzone, che per il 2013-2015 fa parte del consiglio direttivo dell’Associazione Nazionale di Radioterapia Oncologica, ritiene essenziale gli aspetti legati alla divulgazione: “c’è tanta approssimazione, e circolano anche troppi timori in chi, per necessità, si avvicina per la prima volta al nostro reparto. Per questo penso, ad esempio, a un percorso di cartellonistica che illustri, ai pazienti in attesa per la prima visita o per la radioterapia, quale sarà il loro percorso, e quanto spesso i loro timori siano infondati. Ma a Roma, in questo triennio, vorrei anche portare la voce e le istanze del territorio piemontese, e del nostro in particolare: ce n’è sempre un gran bisogno”.

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