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Sospesi
Si sta attendendo l'esito delle elezioni politiche per porre fine all'emergenza locale? Si vogliono praticare tagli decisi sul personale e non si è ancora capito come comunicare la "stangata" all'opinione pubblica? E' tempo di risposte chiare da parte dell'amministrazione, al fianco di un progetto serio e ampio di rinascita. Le soluzioni sono tante anche se alcune hanno un sapore più tecnico che politico
Si sta attendendo l'esito delle elezioni politiche per porre fine all'emergenza locale? Si vogliono praticare tagli decisi sul personale e non si è ancora capito come comunicare la "stangata" all'opinione pubblica? E' tempo di risposte chiare da parte dell'amministrazione, al fianco di un progetto serio e ampio di rinascita. Le soluzioni sono tante anche se alcune hanno un sapore più tecnico che politico
EDITORIALE – Si è più volte detto che Roma, con le norme che disciplinano il dissesto, rischia di strangolare questa nostra città e che quello sia il posto dove operare per ottenere “ossigeno”. Un Governo nazionale dimissionario (“tecnico”, tra l’altro – o almeno definito tale) potrebbe non avere la forza politica di procedere ad una retromarcia sulla legge sul dissesto che colpisce la nostra città. Sarebbe possibile, quindi, da parte dell’amministrazione comunale, dire: “stiamo lavorando per ottenere una risposta politica e la chiederemo con ancora maggior forza al prossimo Governo politico di questo Paese”. Non ci sarebbe nulla di male. Inoltre, seppur vaga, si darebbe una risposta ai lavoratori su tempi e modi.
Il rischio vero sarebbe, poi, ricevuto l’eventuale “aiutino” a superare l’emergenza (rimozione di alcuni vincoli del dissesto), quello di lasciare che tutto ricominci come prima. Le “vacche grasse” non torneranno più.
Sarebbe auspicabile, quindi, accompagnare quella fase con un ampio e sostenibile progetto di città moderna, che sappia razionalizzare la spesa in modo non miope, che si dia regole trasparenti per operare nei delicatissimi ambiti del sociale e del lavoro, che si impegni su procedure sensate di assegnazione di incarichi alle partecipate (riducendone anche il numero, magari…) e al terzo settore.
Altra direzione, diametralmente opposta ma altrettanto precisa, potrebbe essere quella del conteggio degli esuberi. Sono 100? 200? Di più? Definiamo quanti e capiamo quali sono i fattori che ci porterebbero a selezionarli (la liquidazione di una partecipata che “non sta in piedi”, per esempio?). E’ chiaro, significherebbe far pagare sulla pelle di quei lavoratori le folli strategie del passato di cui sono complici tanto le amministrazioni pubbliche quanto, se posso permettermi, quei sindacati che poco hanno monitorato sulla sostenibilità complessiva di quelle assunzioni. Anche qui, almeno, i lavoratori avrebbero risposte (dolorose per alcuni) e si svelerebbe una scelta da parte dell’amministrazione. Da quel punto fermo in poi, gli altri soggetti economici, politici e sociali del territorio potrebbero muoversi per attenuare i danni dell’operazione.
Mi sia consentito di far notare come questa seconda opzione di politico abbia molto meno. Sembra più roba da tecnici e commissari e questa giunta è stata votata su programmi e promesse politici differenti.
Sono due casi limite e nel mezzo crediamo si possano trovare molte altre soluzioni raffinate.
Qui non prendiamo posizione: chiediamo una posizione a chi deve prenderla.
Qui non prendiamo posizione: chiediamo una posizione a chi deve prenderla.
L’unica cosa su cui, da tempo, facciamo un po’ di pressione è l’esigenza di progettazione e strategia (in particolare una sulla riqualificazione professionale sembra piuttosto urgente). Magari partendo dalle forze (associazioni, cooperative, …) che stanno continuando a presentare articolati progetti di rilancio low cost del welfare locale e utilizzando gli strumenti (come il Piano Strategico Alessandria 2018) e le competenze (la nostra Università) che già esistono.
Rimanere sospesi non fa bene a nessuno, tanto meno ad una amministrazione che sta consumando rapidamente la fiducia, la speranza e la pazienza dei suoi cittadini.