Medicina Nucleare: dalla Pet alla cura della tiroide
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Medicina Nucleare: dalla Pet alla cura della tiroide

Oltre 5 mila pazienti e più di 8 mila esami effettuati nel 2012. Il reparto dell’Azienda Ospedaliera è un punto di riferimento per l’intero Piemonte, e tra le prime dieci strutture italiane. Ne parliamo con il primario Ornella Testori, e con il dottor Alfredo Muni, responsabile della Pet

Oltre 5 mila pazienti e più di 8 mila esami effettuati nel 2012. Il reparto dell?Azienda Ospedaliera è un punto di riferimento per l?intero Piemonte, e tra le prime dieci strutture italiane. Ne parliamo con il primario Ornella Testori, e con il dottor Alfredo Muni, responsabile della Pet

ALESSANDRIA – Oltre 5 mila pazienti curati nel 2012, con più di 8 mila esami erogati, e una “comunità” di oltre 3 mila persone con patologie alla tiroide, che fanno riferimento all’ospedale di Alessandria praticamente da tutta Italia. Questo il biglietto da visita del reparto di Medicina Nucleare dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio, guidato dal primario Ornella Testori, coadiuvata dal suo “braccio destro”, il dottor Alfredo Muni, tra i maggiori esperti a livello nazionale di Pet. Che non è solo un complesso macchinario per la diagnosi tumorale, ma una metodologia molto più articolata. “Chiariamo subito – sorride la dottoressa Testori – che ci chiamiamo nucleare, ma non c’entriamo nulla con le centrali omonime, o le bombe. In realtà la medicina nucleare si occupa di fotografare, in maniera dinamica, il funzionamento di un organismo vivente: il che per quanto ci riguarda significa naturalmente persone, che si suppone sia afflitte da qualche patologia, più o meno grave”. Insomma, in questo reparto un po’speciale (all’avanguardia non solo regionale) dell’ospedale di Alessandria si viene indirizzati quando esiste la necessità di avere un’analisi di dettaglio di come si stanno comportando le cellule che compongono il nostro corpo, alla ricerca di eventuali anomalie. Il che significa, oltre al filone tumorale che tutti conosciamo, un altro ambito altrettanto rilevante e specialistico, rappresentato dalla tiroide, e dalle sue possibili patologie. “Oltre il 10 per cento della popolazione – sottolinea Ornella Testori, che ha ottenuto importanti riconoscimenti per le sue competenze in questo specifico settore – è afflitto da disturbi tiroidei, che colpiscono di più le donne, ma anche gli uomini. Non solo il cancro, ma anche disfunzioni di vario tipo, che affliggono l’umanità da secoli, e che oggi riusciamo a identificare, e curare, molto meglio di prima”. Ci mostra, la dottoressa Testori, due ritratti di Madonna con bambino che sono appesi nel suo studio, e non per semplice amore dell’arte o per arredamento. “Vede qui, il gozzo? Le donne ritratte in questi dipinti erano affette da disturbi alla tiroide, e se si osserva con attenzione “clinica” la produzione pittorica dei secoli scorsi ci si rende conto che il fenomeno era davvero diffuso”.

Ornella Testori è tra i 5 estensori delle linee guida nazionali sul tema, e nel suo reparto si curano pazienti in arrivo da tutta Italia, isole comprese. “Con una forte incidenza del sud – spiega – anche perché sul fronte del cancro alla tiroide siamo uno dei pochissimi centri in Italia in grado di fare sia la diagnosi, che la terapia non solo ambulatoriale ma anche residenziale, con due posti letti (sono 6 il Piemonte) naturalmente sempre occupati. Diciamo che, se avessimo i letti a castello, saremmo sempre pieni ugualmente: ma grazie ad un’organizzazione eccellente riusciamo ad ottimizzare le risorse a disposizione, e a soddisfare sempre le esigenze dei pazienti, naturalmente con precedenza ai casi più gravi”. Quello dell’organizzazione, in questo più che in altri reparti dell’Azienda Ospedaliera alessandrina, è un tema essenziale, e lo ribadisce anche il dottor Alfredo Muni, responsabile della Pet. “Tutta la diagnostica oncologica – sottolinea – dalla semplice scintigrafia ossea standard fino alla Pet, comporta una rigorosa ottimizzazione dei tempi, degli strumenti, delle risorse umane e tecnologiche. Non solo perché sono procedure anche molto costose, ma proprio perché la variabile tempo è decisiva per la qualità dei risultati ottenuti”. La Pet, in particolare, viene effettuata nel 90% dei casi a pazienti oncologici, e consente una diagnostica per immagini, e non invasiva, “essenziale per analizzare la dinamica e lo sviluppo della malattia, e non solo il volume del tumore, come fa la Tac. Grazie alla Pet, per fare un esempio, è possibile stabilire quando è il caso di operare, e quando no: e questo significa evitare circa il 30% di interventi inutili: e anche qui, non ci riferiamo ad aspetti di costo. Ma al fatto che, semmai, in primis si evitano sofferenze inutili ai pazienti, e al contempo si permette ai chirurghi di concentrarsi su altre operazioni, invece necessarie o urgenti”. Insomma, in tempi di spending review, e di controllo rigoroso dei costi, il team della Medicina Nucleare dell’ospedale di Alessandria ci tiene a sottolineare che “quando si tratta della salute dei pazienti, non si può lasciare nulla di intentato, e si utilizzano tutte le risorse a disposizione. Semmai, per legge, siamo tenuti al principio di appropriatezza della Pet: ossia la si fa sempre, quando serve. E si dà sempre la precedenza ai casi più gravi e urgenti. In altri casi si rinuncia a farla, ma perché sarebbe inutile, e talora dannosa”. I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del resto parlano chiaro: in Occidente una persona su tre è destinata, nel corso della propria vita, ad ammalarsi di cancro: anche se per fortuna le cure su questo fronte stanno fortemente migliorando sul piano dell’efficacia e dei risultati, e la prevenzione e tempestività di intervento rappresentano certamente uno degli elementi essenziali.

Ma da dove arrivano i pazienti della Pet alessandrina? In primo luogo, naturalmente, dal territorio di competenza più stretta dell’Azienda Ospedaliera (province di Alessandria e Asti), ma talora anche da altre zone del Piemonte, o d’Italia. E il team del reparto (4 medici più il primario, 6 tecnici, 2 infermieri e un ausiliario part time contro i tre previsti in organico) è chiamato a mettere in campo un impegno totale, anche sul fronte organizzativo: “data la tempistica ristretta – spiega la dottoressa Testori – ci gestiamo le liste d’attesa direttamente, senza passare dal Cup: i pazienti in terapia vengono preallertati, e devono essere puntuali, perché le dosi dei radiofarmaci, oltre ad essere costose, sono soprattutto “a tempo”, efficaci per qualche ora, e vanno somministrati senza ritardi da quando ci vengono inviati, o perdono la loro efficacia”. Le procedure organizzative ad Alessandria però sembrano funzionare a dovere, tant’è che il reparto di Medicina Nucleare ha ottenuto tre diverse certificazioni aziendali e professionali, e rientra tra le dieci strutture più qualificate del sistema sanitario nazionale. Con una curiosa peculiarità, legata al Pronto Soccorso del Santi Antonio e Biagio, dove esiste un’apposita “camera di emergenza”, per la decontaminazione in caso di ricovero di pazienti colpiti da radioattività. “Speriamo non debba mai essere necessario – sorride il dottor Muni – ma ho frequentato appositamente sul tema un master di specializzazione, e periodicamente seguo corsi di aggiornamento: in caso di persone contaminate da materiale radioattivo, le procedure di soccorso e primo intervento devono essere davvero molto particolari, nell’interesse sia del paziente, che di tutto il personale coinvolto nell’assistenza”.

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