Pittaluga: “per un farmacista l’etica viene sempre prima del business”
Come è cambiata negli anni la professione del farmacista? Quanto pesa oggi la sua valenza sociale? Dal caso fustelle di Novi Ligure alle parafarmacie, dalle liberalizzazioni allaumento del numero di esercizi, lanalisi del presidente provinciale dellOrdine, Marcello Pittaluga. Con un commosso ricordo del padre Michele
Come è cambiata negli anni la professione del farmacista? Quanto pesa oggi la sua valenza ?sociale?? Dal caso ?fustelle? di Novi Ligure alle parafarmacie, dalle liberalizzazioni all?aumento del numero di ?esercizi?, l?analisi del presidente provinciale dell?Ordine, Marcello Pittaluga. Con un commosso ricordo del padre Michele
INTERVISTE – Lo incontriamo nel retro della farmacia Osimo di corso Roma, di cui è titolare e che ad Alessandria tutti conoscono. E più volte nel corso della conversazione viene consultato per urgenze dai suoi collaboratori, proprio come ci si immagina debba succedere. Marcello Pittaluga è, in effetti, l’archetipo del farmacista “da manuale”, oltre ad essere presidente del suo ordine professionale fino al 2014: preciso, attento, palesemente innamorato del suo lavoro, che non stenta a definire, se non una missione, almeno “un’attività professionale in cui comunque l’aspetto etico deve, o dovrebbe, rimanere sempre prevalente”. Ma è sempre così? E quali sono le sfide sul tappeto che attendono i farmacisti, in particolare della nostra provincia, in questo 2013 che va a cominciare?
Dottor Pittaluga, in questa Italia economicamente (e non solo) un po’ alla deriva, ci siete ancora voi farmacisti ad avere per le mani “un mestiere d’oro”…
Mica tanto, sa? L’immagine del farmacista miliardario rischia sempre più di diventare uno stereotipo. Sono almeno 15 anni che il nostro mercato, se così vogliamo definirlo, è sottoposto a ridimensionamenti costanti: prima le liberalizzazioni dell’allora ministro Bersani, con il via libera tra l’altro alle parafarmacie, poi la successiva revisione dei parametri tra farmacie e abitanti. Se prima la legge prevedeva un esercizio ogni 4 o 5 mila abitanti, a seconda delle dimensioni del comune, oggi siamo a uno ogni 3.300 abitanti. Che poi nella pratica, con il meccanismo dei “resti”, significa spesso, in alcune aree, anche uno ogni 2.900/3.000. Ma sa che le dico? Che in fondo a me continua ad interessare di più l’aspetto etico della professione. Spero di non passare per ipocrita, o per sognatore, ma è così.
Ma il farmacista ha ancora la centralità sociale, e appunto etica, che aveva un tempo soprattutto nelle piccole comunità?
In parte sì, e direi che sta anche a noi difendere quella dimensione, e recuperarne il senso. Io forse estremizzo, perché so che la realtà con cui confrontarsi è molto diversa, e sempre più competitiva. Ma mi piacerebbe davvero tornare alla farmacia come luogo in cui si comprano le medicine, solo quelle, e non altro. E in cui, questo sì, il cliente può consultarsi con il farmacista, sapendolo vero esperto di quel che vende, e capace di consigliarlo avendo sempre per obiettivo non il fatturato, ma la soddisfazione di aver aiutato le persone a curarsi. Sogno insomma di poter dire ad un cliente: questo non lo prenda, è superfluo, ed è una spesa inutile.
Un po’ come succedeva nei paesi, nelle farmacie di un tempo….
Beh, anche in quelle di Alessandria in realtà. Certo, nei paesi il farmacista era davvero, con il parroco, il sindaco e il maresciallo dei carabinieri, un’autentica istituzione, a cui ci si rivolgeva per consigli di ogni genere, mica solo di tipo professionale. E in fondo in certe zone della nostra provincia è ancora così, mi creda.
Quante sono le farmacie in provincia di Alessandria?
Oggi sono 178, più della metà rurali e quindi piccole realtà. I farmacisti iscritti all’ordine sono più di 750, metà dei quali lavora in farmacia. E io, come presidente dell’Ordine, li rappresento tutti: chi lavora in farmacia come alla Asl o negli ospedali, nelle parafarmacie, o chi fa l’informatore medico scientifico. Una buona parte degli iscritti all’albo, peraltro, non esercita la professione.
Quante farmacie sono ancora pubbliche, ossia comunali?
Pochissime. Le sei di Alessandria (ma solo al 20%), due a Tortona, una a Valenza e una a Novi Ligure.
E la professione, è cambiata o sta evolvendo?
In peggio, purtroppo. Davvero oggi essere titolare di una farmacia significa dedicare tanto, troppo tempo a questioni di carattere burocratico-amministrativo. Chiaramente, quando il farmacista è anche un imprenditore e non solo un professionista, questo va parzialmente messo in conto. Ma se si arriva a certi eccessi, forse c’è qualcosa da rivedere nel meccanismo.
La vicenda delle “fustelle” della farmacia del’ospedale di Novi, che ha acceso lo scorso anno i riflettori sulla categoria, non certo in positivo, come si è conclusa?
Non si è conclusa, nel senso che la Procura non mi risulta avere ancora completato le indagini. Naturalmente sul caso specifico vorrei astenermi dall’esprimere giudizi, se non per dire che come ordine non avevamo avuto percezione di nulla, e abbiamo da subito offerto la massima collaborazione e trasparenza. In generale, aggiungo che le mele marce esistono in ogni categoria professionale. Nel nostro ordine esistono meccanismi di vigilanza interna e sopralluoghi a rotazione, che cerchiamo di svolgere col massimo scrupolo.
Che ne è stato del progetto “farmacia di servizi”?
E’ lì, se ne parla da più di due anni, e siamo in attesa di capire in che tempi si concretizzerà. Già oggi, in realtà, alcune farmacie offrono ad esempio la possibilità di analisi di prima istanza, ma è per legge una procedura di auto analisi del sangue, che il cliente/paziente può effettuare da solo, effettuando con un macchinario a disposizione un micro prelievo tramite capillari. La “farmacia di servizi” è altro, ossia la possibilità di effettuare esami e prelievi, con presenza in farmacia di personale specializzato, come infermieri e fisioterapisti. Vedremo in che tempi e attraverso quali modalità si concretizzerà il progetto. Comunque da noi esistono già da anni (tra le prime in Italia) le prenotazioni online di esami e visite presso l’ASL-AL.
Ma le famose “parafarmacie” quanto vi danneggiano?
Zero direi. Perché sono un esercizio commerciale che non ha nulla a che fare con le farmacie. E anche perché in provincia si sono dimostrate in realtà un fenomeno piuttosto marginale, quanto a radicamento.
Nell’ultimo anno Alessandria ha potuto “giocare in casa” sul fronte sanità, grazie alla presenza del ministro Balduzzi. La vostra categoria ne ha tratto giovamento?
Renato Balduzzi è un ministro attento e responsabile, e naturalmente, da alessandrino, non si è mai sottratto al confronto, e all’ascolto delle nostre esigenze. Questo peraltro non significa che ci abbia sempre ascoltati, o che abbia potuto farlo: ripeto, la normativa che prevede una farmacia ogni 3.300 abitanti è un errore. In Francia, con una farmacia ogni 3.000 abitanti, se ne sono già accorti, e stanno facendo retromarcia.
E i rapporti con i medici, di base in primis, quali sono?
Eccellenti, a partire dal dialogo con Mauro Cappelletti, presidente dell’ordine provinciale dei medici. Siamo due “pezzi” dello stesso servizio, il confronto e la collaborazione sono indispensabili.
Dottor Pittaluga, impossibile congedarci senza un cenno alla figura di suo padre, che “campeggia” qui nella foto alle nostre spalle, e che tutti gli alessandrini conoscono anche per il concorso di chitarra classica Michele Pittaluga, appunto a lui dedicato.
Mio padre era non solo un appassionato di musica, ma un esperto vero, con un “orecchio” eccezionale, e una collezione di circa 30 mila dischi. E’ mancato nel 1995, ma con le mie sorelle abbiamo sempre cercato di proseguire il suo progetto, ossia il concorso internazionale di chitarra classica nato nel 1968.
Era farmacista anche lui?
Era laureato prima in chimica, e aprì nell’immediato dopoguerra qui ad Alessandria un’azienda che si occupava di commercializzazione di medicinali, come grossista. Quando capì che i farmacisti un po’ lo snobbavano, si laureò anche in farmacia, per non essere da meno. Era una persona straordinaria. Oggi mio figlio ha intrapreso gli stessi studi di nonno e papà, e speriamo possa continuare la tradizione di famiglia.