Centro Riabilitativo Borsalino: “per il malato la relazione umana conta più delle tecnologie”
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Centro Riabilitativo Borsalino: “per il malato la relazione umana conta più delle tecnologie”

E’ una struttura con pochissimi eguali a livello nazionale, punto di riferimento per tutto il Piemonte. E si occupa di riabilitazione ortopedica e neurologica, ma soprattutto di assistere chi ha subìto lesioni cerebrali e midollari. “Chi esce dal coma - spiega il direttore del Dipartimento Salvatore Petrozzino - è come un feto di pochi mesi: si riparte da zero”

E? una struttura con pochissimi eguali a livello nazionale, punto di riferimento per tutto il Piemonte. E si occupa di riabilitazione ortopedica e neurologica, ma soprattutto di assistere chi ha subìto lesioni cerebrali e midollari. ?Chi esce dal coma - spiega il direttore del Dipartimento Salvatore Petrozzino - è come un feto di pochi mesi: si riparte da zero?

INTERVISTE – “Uscire dal coma significa ripartire da zero, dallo stato vegetativo, o di feto di 3/4 mesi. E’ un processo di recupero progressivo e differente in ogni persona, in cui le tecnologie sono essenziali, ma mai quanto il rapporto umano”. Salvatore Petrozzino, direttore del Dipartimento Riabilitativo Borsalino dell’Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio di Alessandria, al peso del “fattore umano” crede enormemente, e nell’accompagnarci fisicamente in visita ai diversi piani “dell’ex sanatorio” in riva al Tanaro riesce a far emergere tutta la passione e la professionalità grazie alle quali, in pochi anni, si è riusciti nell’impresa di realizzare una struttura di avanguardia, eccellenza nazionale sul fronte della riabilitazione non solo ortopedica e neurologica, ma post lesioni cerebrali e midollari.

Dottor Petrozzino, partiamo dalla storia del Centro Riabilitativo Borsalino…
La struttura è stata aperta nel dicembre 2006, quindi è relativamente giovane. Facciamo parte dell’Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio, quindi il nostro ambito primario di riferimento sono le province di Alessandria e Asti, e l’area immobiliare che ci ospita è di proprietà della Borsalino 2000, ma questo naturalmente è un ambito di competenze che non mi coinvolge. Sul fronte sanitario, siamo una realtà che si regge su tre gambe, tre filoni di attività. Ossia il reparto di Riabilitazione Ortopedica e Neurologica, qui insediato fin dall’apertura, e il reparto di Alta Specialità, aperto nella primavera del 2007, che ha due articolazioni: gravi cerebro lesioni acquisite, e lesioni del midollo spinale. Ossia, per essere chiari: chi va in coma, in genere per traumi improvvisi, e invece chi subisce lesioni midollari, che possono essere causate sia da traumi, sia da malattie vascolari di tipo degenerativo, soprattutto negli anziani. Nel luglio 2008 abbiamo aperto la piscina per le terapie di riabilitazione, e la struttura del day hospital, per il post degenza. Nel 2009 è diventata operativa anche la riabilitazione cardio respiratoria, altra branca fondamentale.

Quanti sono i posti letto della struttura?
104 di degenza ordinaria, più 6 di day hospital (che significa una possibilità di rotazione di 12 persone al giorno). Consideri che una persona può stare in coma un giorno, o un mese. Dopo i 30 giorni entra in genere in uno stato vegetativo, e da lì, da quella tabula rasa con reattività e percezioni pressoché azzerate parte il nostro processo di recupero, di riabilitazione che ha sempre percorsi molto individuali, personali. Mediamente la degenza al Borsalino dura 4/5 mesi (ma, ripeto, le oscillazioni sono molto ampie), mentre la successiva fase di day hospital può arrivare anche a un anno.

Qual è la reale possibilità di recupero per chi esce dal coma?
Dipende dal tipo di trauma, dall’età, e da tanti altri fattori. Non c’è davvero un caso identico all’altro. Certamente tornare al 100% della condizione precedente è quasi impossibile, anche nei soggetti più giovani. E questo è sempre uno dei concetti più difficili da far comprendere ai famigliari: che sono il nostro primo interlocutore, quando ancora il paziente è in grado di recepire solo stimoli essenziali. Si deve ripartire da un recupero dell’alternanza tra giorno e notte. E dalle percezioni sensoriali più elementari. Per questo la famiglia a volte fa fatica ad accettare, in partenza, per il proprio famigliare l’idea di una vita diversa da prima. Ma poi, passo per passo e con il nostro appoggio, prendono in genere atto della nuova realtà. Che non è più quella pre trauma, è evidente.

Qual è la mortalità da coma, e quante invece sono le persone che riescono a ristabilirsi ad un livello di accettabile autonomia?
La mortalità media si aggira attorno al 20%, mentre un altro 10% rimane in stato di coma vegetativo permanente (come nel famoso caso Englaro, ndr). Il 70% dei pazienti si riprende: naturalmente con le diverse “scale” di autonomia che dicevamo. Qui, nella fase di day hospital post ricovero, facciamo il possibile per aiutare le persone ad adattarsi alla loro nuova vita. Sia sul fronte dell’utilizzo di supporti tecnici e tecnologici indispensabili, sia su quello, assai più rilevante, della relazione con il paziente, e con i famigliari. Perché la sfida del Presidio Borsalino è soprattutto questa: il concetto di innovazione con il quale, come struttura di Alta Specialità, ci confrontiamo non è soltanto l’innovazione della tecnologia, naturalmente importante. Ma è soprattutto l’innovazione e la sperimentazione continua delle metodologie, che mettono l’uomo al centro di tutto. Essenziale è il tipo di relazione che si costruisce tra il malato, noi addetti ai lavori, e i famigliari.

Dottor Petrozzino, da dove arrivano i vostri pazienti?
Precedenza assoluta viene data ai malati delle province di Alessandria e Asti, bacino di riferimento della nostra Azienda Ospedaliera. E questo, attenzione, anche in caso di incidenti che si verifichino su altri territori, o all’estero. Il che accade più spesso di quanto si pensi. Poi naturalmente, in rapporto alle disponibilità, siamo ben lieti di supportare le esigenze, o le emergenze, di altre parti del Piemonte. Mentre abbiamo scelto di non accettare pazienti da fuori regione, o rischieremmo il caos. Qualche timore, all’inizio, lo avevo sul fronte del servizio di day hospital: nel senso che temevo che, essendo il territorio di riferimento molto ampio, per molte persone (e famiglie) diventasse insostenibile gestire il percorso. Non è così, per fortuna: mediamente i nostri pazienti in day hospital arrivano da una distanza di 28 chilometri, ma ce ne sono diversi che fanno davvero molta più strada, senza spaventarsi.

Il Borsalino di Alessandria è eccellenza vera, non solo regionale…
Che sappia io, in Italia ci sono due o tre strutture pubbliche che possono essere paragonate alla nostra, non di più. Quando, da primario del Cto di Torino, ho accettato nel 2007 di trasferirmi qui è stato davvero con l’obiettivo di costruire un percorso di sperimentazione vera, e credo che ci stiamo riuscendo. Ma non solo per merito mio, sia chiaro. Qui al Borsalino lavorano in tutto circa 140 dipendenti dell’Azienda Ospedaliera, e ognuno con motivazioni personali molto forti. In caso contrario, la convivenza quotidiana con percorsi così dolorosi e laceranti sarebbe insostenibile.

Avete progetti in corso di realizzazione?
Numerosi, per fortuna. Che portiamo avanti grazie ai nostri finanziamenti, ma anche a donazioni di privati o associazioni, come la Fondazione Uspidalet. Da sistemi di controllo demotico per persone in condizioni di mobilità molto limitata, all’ambizioso progetto della Casa Amica. Ossia intendiamo ricreare qui un sistema intelligente di protezione ambientale domestica, che utilizzi al meglio tutte le micro tecnologie oggi disponibili sul mercato a costi accessibili. In maniera che i nostri pazienti possano provare ed imparare ad utilizzarli, per poi eventualmente decidere di dotarsene anche a casa loro. Sembra banale, ma si da strumenti con cui aprire o chiudere, vocalmente, la porta di casa, a strumenti di comando a distanza degli elettrodomestici, a spedizione di e-mail ed utilizzo del pc senza mani o mouse manuale. Inoltre, nel 2013, realizzeremo qui nell’area del Borsalino il Giardino Sensoriale, già finanziato, che offrirà tutta una serie di stimoli visivi, sonori, olfattivi. E punteremo molto sull’ortoterapia, sul rapporto con la terra madre. Per una persona malata, riuscire a prendersi cura di una piantina, aiutarla a crescere e a vivere ha una funzione terapeutica straordinaria. Insomma, l’umanità viene davvero prima della tecnologia, e non si compra con la carta di credito.

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