Giorgione: “Siamo un ospedale con le porte aperte su città e territorio”
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Giorgione: “Siamo un ospedale con le porte aperte su città e territorio”

Una struttura di eccellenza, con un bacino di 650 mila persone, e 2.300 dipendenti. Il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio ci accompagna in un viaggio tra riorganizzazione e nuovi progetti. Ma parla anche di presidio Borsalino, “ospedalino” Cesare Arrigo, Fondazione Uspidalet. E lancia un messaggio al ministro Balduzzi

Una struttura di eccellenza, con un bacino di 650 mila persone, e 2.300 dipendenti. Il direttore generale dell’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio ci accompagna in un viaggio tra riorganizzazione e nuovi progetti. Ma parla anche di presidio Borsalino, “ospedalino” Cesare Arrigo, Fondazione Uspidalet. E lancia un messaggio al ministro Balduzzi

INTERVISTE – Una struttura complessa e di eccellenza, punto di riferimento sanitario di un territorio di circa 650 mila persone, che comprende le province di Alessandria e Asti. L’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio è un “gigante della salute” in costante attività, e non conosce pause e festività. Nicola Giorgione ne è il direttore generale da ormai quattro anni: abbastanza, se non per considerarsi alessandrino d’adozione, quanto meno per conoscere in profondità caratteristiche ed esigenze “sanitarie”della cittadinanza, e peculiarità del territorio. Lo incontriamo, in giorni particolarmente delicati per il futuro della sanità in tutto il Paese, per capire se e come la riorganizzazione legata alla spending review del comparto interesserà anche i pazienti alessandrini. Ma anche per parlare dei non pochi nuovi progetti, e dei punti di forza dell’Azienda Ospedaliera.

Dottor Giorgione, il termine spending review è ormai quasi una minaccia, alle orecchie dei cittadini italiani. E se ne parla sempre più spesso anche sul fronte sanità, tra affermazioni del premier Monti e situazione critica delle finanze della Regione Piemonte. Gli alessandrini devono aspettarsi “contraccolpi” anche sul fronte del “loro” ospedale?
Certamente la situazione di tutta la finanza pubblica, e non solo della Sanità, è nota. E certamente siamo alle porte di un’importante riorganizzazione, legata al nuovo decreto ministeriale, e anche all’applicazione del piano socio sanitario regionale. Tuttavia credo di poter affermare che la centralità della nostra Azienda Ospedaliera, sull’ampio territorio di riferimento, è destinata ad essere sempre più forte, in termini di qualità dei servizi e delle prestazioni erogate.

Può quindi escludere problemi di risorse, che possano portare ad una riduzione dell’assistenza erogata nelle sue molteplici forme, o addirittura mettere in discussione le retribuzioni degli addetti ai lavori?
Per quanto riguarda gli stipendi, nonostante notizie allarmistiche che mi è capitato di leggere, posso dire che non ci saranno certamente problemi per quanto riguarda la chiusura del 2012, tredicesime comprese. Mentre per il 2013 vedremo, nel senso che naturalmente i trasferimenti regionali non sono ancora arrivati: ma non c’è nessun elemento, ad oggi, per inquietarsi. Così come posso affermare che il progetto di riorganizzazione in corso del nostro sistema sanitario dovrebbe valorizzare sempre più, anche in termini di risorse, le strutture di eccellenza come la nostra, naturalmente in un’ottica di rete ospedaliera diffusa. Saremo sempre più, insomma, il cardine sanitario delle province di Alessandria e Asti, questo è certo.

Il Santi Antonio e Biagio è una realtà di primissimo livello, anche sul piano dei volumi delle attività e del personale impegnato. Diamo qualche numero?
Abbiamo un conto economico aziendale di circa 230 milioni di euro, e quasi 2.300 dipendenti, di cui l’82% è dedicato alla cura e all’assistenza dei pazienti. Quindi certamente anche l’impatto dell’Azienda Ospedaliera sull’economia del territorio è di non poco conto. Così come molto rilevanti sono gli investimenti in termini di innovazione tecnologica: un ospedale di eccellenza deve muoversi anche in quella direzione, e noi lo facciamo costantemente. Nel 2010 abbiamo acquistato attrezzature per oltre un milione di euro, e per 875 mila euro nel 2011. E, nello stesso biennio, abbiamo visto crescere in maniera significativa le donazioni (sia da privati, che da aziende e fondazioni), passate complessivamente da 542 mila euro nel 2010 a 751 mila euro nel 2011. Anche questo è un indicatore significativo “dell’attaccamento” degli alessandrini al loro ospedale.

Che rapporto esiste con gli altri numerosi presidi ospedalieri sul territorio? E come questo rapporto è destinato a modificarsi?
Il concetto di rete ospedaliera, su cui si regge il nuovo piano sanitario regionale, prevede una forte sinergia tra la nostra Azienda Ospedaliera (dotata di professionalità e strutture di vera eccellenza: penso alla cardiochirurgia, all’ematologia, alla cura dei tumori al colon, ma anche a tanti altri comparti) e i diversi presidi ospedalieri delle due province di riferimento. Ci si sta muovendo in un’ottica di integrazione, e di eliminazione di duplicazioni antieconomiche e poco efficienti. Per cui sempre più le patologie più complesse saranno nostra prerogativa, mentre a regime determinati interventi o cure meno specialistiche, più generiche potranno essere erogate in uno o in un altro ospedale del territorio, che si specializzerà in quel determinato filone, con le strumentazioni adeguate. Il tutto creando percorsi di assistenza clinico diagnostica in grado di coprire, complessivamente, tutte le esigenze della popolazione.

Dottor Giorgione, L’Azienda Ospedaliera non è solo l’Ospedale di via Venezia, ma comprende altre realtà di grande valore, come il presidio Borsalino e il Cesare Arrigo. Saranno mantenuti, e potenziati?
Assolutamente sì: sono due pilastri essenziali della nostra attività. Il presidio ospedaliero Borsalino è una struttura con circa 100 posti letto, in grado di trattare le patologie di tipo riabilitativo ad elevata complessità: dalle lesioni del cranio a quelle midollari. Per Alessandria è un fiore all’occhiello, che oggi accoglie pazienti anche da buona parte del Piemonte, e in particolare da Cuneo e Torino. E grazie anche a club di servizio, come Rotary e Lions, riusciamo a raccogliere periodicamente risorse importanti, da destinare a nuovi macchinari.

E l’Ospedalino? Ogni tanto girano voci pessimistiche: possiamo smentirle una volta per tutte?
Certo, il Cesare Arrigo è e rimarrà l’ospedale infantile di riferimento per le province di Alessandria e Asti, con personale di altissimo livello, in grado di far fronte ad una vasta casistica di patologie. Stiamo investendo molto sulla struttura, e nei primi mesi del 2013 apriremo anche una nuova pediatria. Credo che sia la prima volta che lo annuncio. In più, da pochi mesi abbiamo installato una nuova ed evoluta strumentazione, che consente di effettuare la Tac anche su bambini molto piccoli, senza anestesia.

Strumentazione donata dalla Fondazione Uspidalet?
Esatto, la Fondazione ha coordinato la raccolta fondi. E, se me lo lascia precisare, da quando la Fondazione è nata, tre anni fa, si è davvero rivelata uno strumento fondamentale, una straordinaria leva di solidarietà grazie alla quale abbiamo realizzato, e ancora realizzeremo in futuro, progetti finanziati attraverso la solidarietà civile, che diversamente non potrebbero essere portati avanti.

Quale utilizzo farete della nuova struttura edilizia in corso di realizzazione sopra il Dea?
Lì saranno collocate nuove sale operatorie, ma anche una nuova rianimazione, e un’importante area tecnologica. Nel giro di qualche mese i lavori edilizi saranno completati: poi occorrerà reperire le risorse per le attrezzature medico sanitarie: ma come sempre ce la faremo.

Il progetto del nuovo ospedale invece, di cui tanto si è discusso negli anni scorsi, è definitivamente archiviato?
Posso dirle che, nel nuovo piano sanitario regionale, non mi pare si faccia cenno a finanziamenti per il nuovo ospedale di Alessandria. Ma questo non significa che non rimanga, in prospettiva, un’esigenza per la città, e per tutto il territorio. Andrà pensato, naturalmente, come una struttura di grandissima qualità, in grado di porsi ancora più come riferimento per un’area vasta. Vede, i vantaggi dei nuovi ospedali rispetto alle strutture tradizionali che conosciamo sta nell’economicità della gestione. Possono essere realizzati in sinergia con partner privati, e con una nuova prospettiva rispetto alle strutture alberghiere di supporto. Insomma, l’attività sanitaria deve rimanere il vero core business della sanità pubblica, mentre forti sinergie con il privato si possono e devono sviluppare sia sul fronte edilizio, che della gestione di supporto.


Dottor Giorgione, è un vantaggio o uno svantaggio per l’Azienda Ospedaliera Santi Antonio e Biagio avere un ministro della Salute alessandrino?
(sorride, ndr) Eh, questo lo dirà il tempo! Scherzi a parte, il dialogo con il ministro Balduzzi è costante, e certamente lui conosce benissimo le esigenze della città, e le eccellenze sanitarie della nostra struttura. Naturalmente, come ministro, il suo punto di osservazione e valutazione è necessariamente nazionale, e non locale. E tuttavia, in occasione di emergenze legate al territorio, come l’amianto, non ha mancato di far sentire la propria autorevole presenza. Così come so che ha ben chiaro il principio di gerarchizzazione delle risorse che sta alla base della riforma sanitaria. Il che dovrebbe significare, in sostanza, che i tagli, se ci saranno, non dovranno essere indiscriminati, ma tener conto di quali sono le strutture d’avanguardia, che necessitano di maggiori investimenti. E Alessandria è davvero eccellenza sul piano sanitario, mi creda: il nostro è un ospedale con le porte aperte sulla città, come testimoniano i grandi risultati sul fronte del volontariato, e delle donazioni che costantemente riceviamo.

 

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