Home
Bios: “Non molliamo, ma servono certezze”
600 soci lavoratori, 21 milioni di euro di fatturato e attività distribuite in tutto il Piemonte. Ad Alessandria la cooperativa sociale gestisce lasilo Campanellino, la casa di riposo Basile e la comunità Arca, oltre ad avere altre attività in provincia: la testimonianza (e i timori) della presidente Marì Chiapuzzo
600 soci lavoratori, 21 milioni di euro di fatturato e attività distribuite in tutto il Piemonte. Ad Alessandria la cooperativa sociale gestisce l?asilo Campanellino, la casa di riposo Basile e la comunità Arca, oltre ad avere altre attività in provincia: la testimonianza (e i timori) della presidente Marì Chiapuzzo
ALESSANDRIA – “Sono un tecnico, abituata a parlare il linguaggio dei numeri: ma la drammaticità della situazione qui va davvero al di là dei bilanci, e riguarda la vita delle persone: sia di chi lavora in cooperativa, sia delle migliaia di persone che, in provincia, dipendono dai nostri servizi”. Marì Chiapuzzo è presidente di Bios, una delle realtà più grandi nel mondo delle cooperative sociali di casa nostra, con i suoi circa 600 soci/lavoratori: “impegnati in provincia di Alessandria siamo poco più di cento, per lo più nel capoluogo: quindi risentiamo anche noi, pienamente, della crisi del Comune di Alessandria, e del Cissaca: complessivamente parliamo di un credito di circa 2 milioni e mezzo di euro. Per fortuna in altre parti del Piemonte le cose funzionano un po’ meglio, sia pur a macchia di leopardo: finora gli stipendi li abbiamo sempre pagati, ma con fatica crescente. E, soprattutto, ci pesa enormemente la mancanza di certezze per il futuro: come si fa a lavorare così?” Proprio mentre anche il Governo sembra metterci altri “carichi da novanta”, come l’aumento dell’Iva finora al 4%, le cooperative sociali alessandrine fanno i conti con l’impossibilità di programmare il proprio futuro, e con la diffidenza del sistema bancario. “Noi siamo una realtà da circa 21 milioni di euro di fatturato – spiega Chiapuzzo –, e finora siamo riusciti a far fronte agli impegni su tutti i fronti, ma è sempre più difficile. Lavoriamo per lo più con Asl, e Ipab. Questi ultimi sono per fortuna mediamente solvibili: le Asl, non so per che motivo, hanno ognuna tempi e affidabilità diverse: si va da Biella, che paga con regolarità svizzera, a qualche Asl torinese che arriva a pagare le fatture a 400 giorni. Qui in provincia siamo a 180: che dato l’andamento del settore è da ritenersi ormai un tempo accettabile”.
Poi, appunto, c’è “il caso” Alessandria. “Per conto del Comune gestiamo in maniera diretta Il Campanellino, asilo da 60 bimbi che fu voluto dalla giunta Scagni, con ristrutturazione di una parte della scuola media Cavour. Una struttura splendida, con operatori straordinari: che però sono tra i più preoccupati, e in queste settimane stanno facendo volantinaggio a tutto spiano, con la piena solidarietà dei genitori dei bambini: si figuri che l’altro giorno, in piazza della Libertà, senza saperlo hanno consegnato il volantino anche al marito del sindaco Rossa, per dirle l’entusiasmo. Purtroppo la situazione è gravissima: il Comune non ci paga il servizio da gennaio 2011, quasi due anni. Ma che fai? Sospendi servizi così essenziali? E se non li sospendi, fino a quando puoi stringere i denti, se dall’altra parte non ha interlocutori in grado di darti la minima garanzia o tempistica?”. Anche sul fronte Cissaca, Bios vanta un credito di circa 600 mila euro, “per le attività di assistenza domiciliare relative al 2011, mai pagate. Mentre ora il nostro tipo di impegno su quel fronte si è piuttosto ridotto, e quindi anche i crediti”. Le attività di Bios sul territorio provinciale non si fermano qui: “Abbiamo anche l’Arca, una comunità per disabili in cui lavorano 15 dei nostri soci – spiega la presidente –, e la recente emergenza di profughi nordafricani ci ha visti impegnati direttamente a Novi, Solero e Castelnuovo: anche lì, vedremo che succederà. A fine anno le forme di assistenza a queste persone scadranno, e ignoro quale potrà essere il destino di chi nel frattempo non ha ottenuto lo status di rifugiato. Speriamo bene”.
La vicenda della casa di riposo Basile merita un approfondimento: presa in gestione da Bios dal gennaio 2011, dopo un’operazione di vendita da parte del comune di Alessandria che fece molto discutere, “ma di questo mi consenta di non parlare, non è mio compito” (concesso naturalmente: torneremo sul tema con chi di competenza nella prossima puntata, ndr). “Posso dirle – spiega Chiapuzzo – che ricordo con precisione ed emozione il giorno in cui subentrammo, era il 14 gennaio 2011. Trovammo una situazione imbarazzante: con una serie di soggetti che operavano ognuno per il proprio pezzo, dialogando poco e niente tra loro. Per cui, ad esempio, esisteva una doppia linea di forniture per la dispensa delle cucine: ma a noi hanno pensato bene di consegnarle completamente vuote naturalmente, e senza avvisarci preventivamente”. E che è successo? “Avevamo previsto un piano B, è chiaro. E alle 11,30 abbiamo conquistato gli ospiti della struttura (che erano naturalmente molto preoccupati di subire sulla propria pelle le conseguenze del passaggio di gestione) con una bella spaghettata, su loro richiesta. Pare desiderassero da tempo, e invano, un bel piatto di spaghetti! Glielo dico per segnalare come, nella gestione di case di riposo come di comunità per minori o di altre strutture che ospitano persone, il dialogo e la capacità di ascolto sono essenziali”. Oggi la Basile funziona bene? Secondo Marì Chiapuzzo sì, sul piano della relazione con i 108 ospiti (“ci avvaliamo della consulenza di medici specialisti di grande prestigio, che ci aiutano a migliorare costantemente il servizio”) che su quello della gestione: “abbiamo assorbito – sottolinea – tutti i dipendenti della cooperativa che ci precedette, Il Quadrifoglio, e oggi alla Basile lavorano 65 persone. Naturalmente al contempo sono tornati in carico al Comune di Alessandria, e al Cissaca, alcuni lavoratori che erano stati lì distaccati, ma non erano dipendenti della struttura. E’ un po’ più complessa la situazione dell’immobile, che presentava forti carenze e lacune, ma stiamo via via cercando di migliorare la situazione con interventi adeguati”. Ma qual è la storia della cooperativa Bios, e quale il suo futuro? “Parto dal passato – conclude la presidente della cooperativa : siamo nati nel 1993, quindi ormai quasi vent’anni fa, a seguito delle nuove normative di quel tempo che disciplinavano le attività delle cooperative sociali. In precedenza era già operativa la cooperativa di servizi Scata, fondata nel 1971 da Bruno Paradiso, che attualmente di entrambe le realtà è commercialista e consulente. Personalmente arrivai in Scata nel 1988, con mansioni tecniche e di responsabile di struttura, e sono passata in Bios fin dalla sua nascita. Abbiamo operato in provincia di Alessandria fino al 1995-96, scegliendo poi di ampliare il nostro raggio di azione. A posteriori, naturalmente, e data la situazione di oggi, viene da dire per fortuna. Il futuro è davvero un punto interrogativo, non solo per Bios ma per tutto il nostro comparto: però quanti e quali servizi sociali oggi le cooperative stanno erogando mi sembra evidente: davvero qualcuno pensa che la soluzione sia chiuderci i rubinetti, e lasciarci morire? Le conseguenze sociali sarebbero devastanti, pensiamoci bene…”.