Oltre trenta domande per sindaco e assessori: tutte le risposte
Non sono mancate le domande, né la disponibilità da parte degli assessori a confrontarsi con i quesiti raccolti in queste settimane: dalla viabilità alla sanità, dal dissesto alla partecipazione, dai problemi abitativi allo sviluppo della città, nella Settimana Europea della Democrazia Locale è mancato soprattutto un po' di pubblico
Non sono mancate le domande, né la disponibilità da parte degli assessori a confrontarsi con i quesiti raccolti in queste settimane: dalla viabilità alla sanità, dal dissesto alla partecipazione, dai problemi abitativi allo sviluppo della città, nella Settimana Europea della Democrazia Locale è mancato soprattutto un po' di pubblico
ALESSANDRIA – Lunedì 29 ottobre si è svolta presso la sede dell’Associazione Cultura e Sviluppo, in piazza Fabrizio De Andrè 76, l’assemblea pubblica prevista nell’ambito del programma della Settimana Europea della Democrazia Locale sul tema “Lo Stato attuale dei diritti di cittadinanza nella Città di Alessandria”. Gli amministratori del Comune di Alessandria hanno risposto alle domande inoltrate dai cittadini e a quelle poste dal pubblico presente in sala, non così numeroso come ci si sarebbe potuti aspettare. A moderare l’incontro ha provveduto il presidente del Consiglio Comunale, Enrico Mazzoni, mentre l’introduzione all’assemblea è stata curata dalla dottoressa Legnazzi, dirigente dell’ufficio affari generali del Comune di Alessandria e il professor Joerg Luther, docente di Diritti fondamentali Europei presso l’Università del Piemonte Orientale Avogadro.
Di seguito proponiamo le domande poste dai cittadini e le risposte fornite a turno dagli assessori.
Per l’assessore Marcello Ferralasco – Qualità urbana e sviluppo sostenibile (Convivenza urbana; sviluppo territoriale sostenibile; marketing urbano; urbanistica e pianificazione territoriale)
E’ possibile prevedere un piano regolatore a “crescita zero”?
Il piano regolatore è lo strumento che governa, gestisce, indirizza l’uso del territorio. Il vigente piano è stato concepito negli anni ’90, poi rivisto durante il periodo dell’alluvione, ma l’impianto sostanziale è rimasto lo stesso. Ogni 10 anni va sottoposto a revisione: questa amministrazione si è posta il problema di rivisitarlo, sia perché lo impone la normativa sia per una questione di buon senso. Si tratta però di un percorso lungo che deve coinvolgere tutta la città. Il concetto di “cescita zero” va spiegato meglio: se è da intendersi come capacità di espandersi e attrarre risorse la crescita deve essere positiva e non rimanere invariata. Se si intende invece “a volume zero”, che vuol dire limitando l’uso di nuovo territorio per costruire valorizzando ciò che già esiste, allora è un’impostazione che ci trova d’accordo, anzi sarà uno dei principi cardine della nostra revisione. Non sarà dogma, ma criterio di buon indirizzo.

Bisogna affrontare il problema da due aspetti complementari: una infrastruttura deve essere tenuta bene e utilizzata bene. Quello del cavalcavia è un tema decennale. Sappiamo che è ampiamente sovrautilizzato rispetto alle sue potenzialità. Ci sono già due studi in corso, uno dei quali prevedrebbe con interventi relativamente semplici una parziale messa a norma che riduca velocità di percorrenza e costruisca parapetti lungo i lati: il problema è che non ci sono risorse economiche al momento, neppure per interventi modesti. Non mancano dunque i progetti ma i soldi per realizzarli. Quando si liberaranno risorse sapremo già come intervenire. Un discorso analogo si può fare per l’annessa pista ciclabile.
Perché non si dragano i fondali dei fiumi, ma si alzano gli argini?
La domanda è così vasta da non poter avere una risposta puntuale, anche perché la competanza non è strettamente comunale e non esistono regole geneali in merito. Ci sono autorità che vigilano sui fiumi e sanno come è meglio intervenire da caso a caso. Negli anni la necessità di garantire maggiore sicurezza è aumentata, e spesso l’innalzamento degli argini è stata considerata la via maestra per questo genere di interventi.
Cosa si può fare a livello locale per evitare il traffico nel centro urbano ed incentivare l’uso dei mezzi pubblici e biciclette?
In termini generale il piano regolatore generale è stato pensato per pianificare le costruzioni, mentre il traffico veniva pensato come competenza parallela ma distinta. Invece la progettazione della mobilità è inscindibile con il progetto complessivo di città: progettare la città deve prevedere uno studio accurato di come ci si sposta. Non c’è dubbio che l’attuale situazione del centro sia sbilanciata verso assenze di regole che portano a un traffico intenso, ma questa scelta non porta in realtà vantaggi, anzii. Ci sono alcuni provvedimenti allo studio volti a disincentivare l’utilizzo del centro cittadino come transito per raggiungere punti distinti della città, incentivando invece per lo spostamento l’utilizzo delle circonvallazioni. Così facendo il centro verrà liberato e reso maggiormente disponibile per una mobilità diversa. Per fare ciò adotteremo anche una serie di attività di contrasto al parcheggio selvaggio in centro, che toglie spazio di spostamento e crea ingorghi, a volte mettendo a repentaglio anche la salute di pedoni e ciclisti.
Cosa si può fare a livello locale per proporre alternative all’uso del metano (che è costoso) per il riscaldamento domestico?
Dobbiamo varare uno strutturato piano energetico comunale. Si deve ragionare su come si costruisce per risparmiare energia, come si veicola il calore, come sia possibile incentivare le energie alternative. Tutti questi elementi possiamo incentivarli attraverso un piano unico. Questo è nella potestà delle amministrazioni comunali: incentivare l’uso del solare termico per esempio, e di altre energie rinnovabili. Il nostro regolamento edilizio è del 1951, con tutte le conseguenze del caso. Occorre pensare a uno spostamento dell’energia diverso, ad esempio ricorrendo al teleriscaldamento, per noi ancora una specie di miraggio, ma che in realtà in diversi quartieri potrebbe funzionare molto bene, in particolar modo in realtà come il Cristo o la Pista.
Per l’assessore e vicesindaco Oria Trifoglio – Salute, pari opportunità (Politiche sanitarie e assistenziali, pari opportunità coesione e sicurezza sociale)
Quale futuro culturale e sanitario è nei progetti dell’Amministrazione, in particolare per la popolazione anziana?
Quale sono i programmi dell’Amministrazione locale per salvaguardare i diritti dell’anziano, considerato il progressivo invecchiamento della popolazione?
Considerata la necessità di mettere in relazione le diverse generazioni, quali prospettive future di incontro l’Amministrazione intende promuovere?
Si tratta di diverse domande, impegnative, tutte su un unico tema centrale. Dal punto di vista sanitario il comune ha un ruolo da interlocutore dell’Azienda Ospedaliera e dell’Asl. Il nostro compito è quello di salvaguardare il cittadino. La riforma in corso ha portato con sé una nuova rete di ospedali e una diversa organizzazione sul territorio. Noi abbiamo l’Azienda Ospedaliera nazionale e una rete di altre strutture sul territorio. Il nostro ospedale è di terzo livello, quindi dovrebbe essere in grado di far fronte a ogni tipo di esigenza, anche delle più complesse, ma appare inadeguato nelle strutture attuali. Bisogna pensare in prospettiva a un ospedale nuovo. Già in passato si è discusso della possibile sede, ma ancora non si è trovata. Noi rischiamo di avere paradossalmente un ospedale per grandi patologie che magari non riesce come dovrebbe a rispondere alle esigenze primarie del cittadino. Penso al pronto soccorso ma non solo. Il problema è anche quello di fornire un’adeguata continuità assistenziale, anche perché è in generale la sanità piemontese a non stare bene. Alessandria inoltre ha un saldo negativo rispetto alla natalità, con una popolazione anziana molto numerosa, che non possiamo dimenticare. Cercheremo di agevolare la permanenza dell’anziano nel suo habitat, e lo faremo attraverso progetti di telefonia sociale, di accompagnamento e di assistenza, senza dimenticare l’importanza delle campagne informative e delle attività di prevenzione. Non dimentichiamoci neppure del ruolo svolto dai centri d’incontro comunali, che consentono di combattere il rischio di solitudine e hanno il pregio di far incontrare non solo le persone anziane fra loro, ma anche con i giovani.
Nicola Savi, consigliere comunale, ha sottolineato: per la qualità della vita degli anziani, nel volontariato abbiamo una grande ricchezza. Dalla scorsa settimana è stata ripristinata la consulta del volontariato, strumento valido ed efficace, da valorizzare. E’ nata inoltre la Casa delle Associazioni, sopra il teatro Parvum, nella struttura dell’ex ospedale psichiatrico. Lì troveranno posto oltre 30 associazioni di volontariato, una risorsa imprescindibile per la città. Si tratta di un grande progetto, che la città attendeva da tempo. Questo spazio comune servirà anche per fare rete e facilitare collaborazioni fra le diverse realtà.
Il Comune farà qualcosa per il riconoscimento delle coppie di fatto? (sempre per l’assessore Oria Trifoglio)
I nuclei familiari, di qualsiasi genere, possono avvicinarsi già ora a tutti i nostri servizi. Se si parla di registro delle coppie di fatto invece, non abbiamo ancora una posizione prevalente in Giunta, e ne stiamo discutendo. Affronteremo i temi legati ai diritti in apposite commissioni: quel che è certo è che tutto ciò che sceglieremo di fare lo faremo nel rispetto delle leggi italiane vigenti.
Come intende questa Amministrazione perseguire la lotta contro le ingiustizie sociali?
Come si possono limitare le discriminazioni rispetto ad alcune categorie di cittadini (anziani, disabili, etc.) senza risorse?
Stiamo pensando purtroppo ai problemi di sopravvivenza quotidiana legata al dissesto. Siamo favorevoli in particolar modo a quei progetti che aiutano a creare condizioni di vita differenti, attenti all’inclusività sociale e non solo al singolo intervento. Ovviamente molto dipenderà dalle risorse economiche che via via avremo a disposizione. Per ora mi sento di citare un solo caso, visto è già certo che ripartirà. Si tratta del progetto Habital, uno dei fiori all’occhiello della nostra città, e che verrà rilanciato nelle prossime settimane.

Allo stato attuale delle cose non sarebbe stata una via più sicura per i servizi di asili nido e materne appaltarli a soggetti privati come è avvenuto a Torino?
Forse sarebbe stata la via più economica, ma la storia dei servizi educativi è fra le più importanti e significative della nostra città e riteniamo che non dovesse per nessuna ragione andare persa. I bambini sono portatori di diritti e soggetti attivi che interagiscono per costituire e alimentare con noi mondi comunicanti. Bisogna offrire condizioni in cui i bambini siano accompagnati nel loro sviluppo. Noi siamo sostenitori del sistema integrato dei servizi e ci teniamo a sottolinearlo: non pensiamo che la soluzione possa essere un sistema interamente comunale, e siamo favorevoli all’intervento anche dei privati, dello stato, delle cooperative. Il comune però deve mantenere una presenza forte, caratterizzata da un’esperienza diretta in questi servizi. Con le scelte effettuate negli ultimi anni questo ruolo del comune non poteva essere garantito, vista la percentuale altissima di personale precario utilizzato. Per questo abbiamo scelto l’azienda speciale, così da assumere a tempo indeterminato chi deve stare insieme ai nostri figli, con la scelta di un contratto che riconoscesse la loro professionalità: queste due condizioni sono garanzia del personale e della qualità del servizio. L’azienda speciale gode di una serie di condizioni positive, ad esempio quella di avere il costo del personale che non deve essere sommato agli altri costi dell’ente: questo le rende possibili anche in fase di dissesto. Ci tengo a precisare che le cooperative hanno una presenza non banale nel settore, così come che fra il loro personale ci siano persone anche molto qualificate, ma ciò non toglie che i livelli salariali delle cooperative sono solitamente più bassi e questo mina la continuità educativa perché aumenta la mobilità del personale e costringe queste realtà, per sopravvivere, a mirare costantemente al risparmio. La nostra decisione è anche un modo per aderire alla campagna nazionale in corso per tendere al contratto unico per il personale che opera su un segmento così delicato, evitando discriminazioni di trattamento che rischiano di ricadere sui bambini. Come ha dimostrato anche il premio nobel per l’economia James Heckman, l’investimento sulla fascia d’età 0-3 anni è l’investimento migliore che una comunità possa fare per garantirsi un futuro florido.

Per puntare sulla cultura ad Alessandria si crede nell’utilità di guardare maggiormente al privato? Vi è qualche piano in merito?
I continui scandali a livello nazionale possono essere un’occasione per costruire ad Alessandria un modello partecipativo veramente alternativo?
Il ruolo dei privati è importante e in questa fase più che mai imprescindibile: bisogna creare sinergie in questa direzione. In Italia abbiamo il problema di una assurda ripartizione delle risorse, con fortissime sperequazioni, ma in questo caso è bene lasciare da parte visioni ideologiche e concentrarci su ciò che è possibile realizzare. Peraltro, l’intervento dei privati deve essere concepito e valorizzato in ogni settore e non solo in quello culturale.
Lo strumento delle Consulte è da ritenersi utile? Contate di riproporlo?
Le consulte sono un primo livello di partecipazine: sono state utilizzate molto in passato, non so se siano ancora lo strumento migliore per approcciarsi al modello attuale, probabilmente no, ma certamente male non fanno e sono uno strumento comunque utilizzabile. La democrazia partecipativa è un passaggio verso forme ancor più evolute, come quelle della democrazia deliberativa, dove i cittadini possano tornare in maniera propositiva e non solo critica alla politica. La storia ci insegna che la via è quella di coinvolgere i cittadini in ciò che li riguarda direttamente: solo così si può ottenere davvero partecipazione. Basta guardare all’esempio della mobilitazione in Val Susa, ma se ne potrebbero fare molti altri.
Ammesso che una buona parte delle iniziative sociali e culturali siano demandate al volontariato, in che modo e con quale mezzo l’Amministrazione intende essere di supporto a tali progetti?
Come può essere esercitato da parte di tutti i cittadini il diritto alla cultura in un Comune senza mezzi economici?
Noi come amministrazione in questa fase non abbiamo fondi, e probabilmente non ne avremo da dedicare alla cultura per diversi anni a venire. Abbiamo però un patrimonio di personale qualificato da mettere a disposizione come supporto logistico alle iniziative che ci vengono proposte, e una città intera da valorizzare, con tante risorse culturali da coinvolgere. Pensiamo agli artisti e tutte le persone creative che vivono in città. Il nostro modello di cultura sarà quello che punta alla ricostruzione della socialità. Non abbiamo alternative, ma siamo anche convinti che sia la strada giusta da intraprendere, cercando un po’ per volta di cambiare la mentalità con cui approcciarsi al tema della cultura in città, sfruttando ciò che ancora ci resta, la biblioteca ma speriamo anche il teatro e tutti gli altri spazi, senza presunzione di voler coordinare ma con l’umiltà di chi si pone sullo stesso livello degli altri attori, in atteggiamento dialogico e di disponibilità al servizio.
La nostra è una Repubblica fondata sul lavoro, che cosa si può fare realmente a livello locale per incentivare l’occupazione e permettere a tutti di avere un salario decoroso?
E’ necessario riformare la macchina comunale profondamente. Sul tema del lavoro occorre creare reti e osservatori, partendo, per esempio, da un potenziamento del servizio lavoro del Comune, ora affidata purtroppo a una sola persona. Il lavoro da fare è molto, perché al momento l’organizzazione dell’Ente è profondamente inefficiente.
Perché prima di realizzare opere pubbliche non si chiede il parere dei cittadini contribuenti?
E’ giusto richiedere il parere dei cittadini, ma occorre anche dar loro il giusto livello di informazione perché sui diversi temi si possano esprire con cognizione di causa. Come dicevo in precedenza, la via da seguire è quella di una democrazia sempre più in grado di portare i cittadini a discutere e deliberare direttamente ciò che desiderano, purché si abbiamo i giusti strumenti per informare e guidare a scelte consapevoli e mature.

Dove è possibile tracciare un confine tra tecnico e politico? In particolare per un assessore al Bilancio?
E’ sbagliato porre un confine vero e proprio tra tecnico e politico. La politica ha il compito di dare gli indirizzi su ciò che va fatto, ai tecnici spetta invece il compito di fornire il supporto di dati e competenze per far in modo che le scelte siano sostenibili e sorrette da giuste valutazioni. Il caso emblematico è stato quello dell’azienda speciale legata ai servizi educativi per la prima infanzia: mentre il parere tecnico avrebbe consigliato un risparmio affidando il servizio alle cooperative, ha prevalso la scelta, sicuramente condivisibile, di fare un investimento forte nel settore. Le due figure, il politico e il tecnico, dovrebbero sempre coesistere, ma il primato spetta al politico.
Quali sacrifici sappiamo già oggi di dover fare nel prossimo anno?
Tantissimi: la situazione è disastrosa e ormai lo sappiamo. Il dissesto è stato un dovere, altrimenti ci sarebbe comunque stato lo scioglimento del consiglio comunale e l’arrivo di un commisario che a questo punto avrebbe dovuto decidere molte cose in autonomia. Come sapete la prima conseguenza del dissesto, anch’essa obbligata, è stata l’aumento di tutte le tariffe al massimo. Vorrei però dare una parola di speranza: non sono tutti costi quelli che stiamo sostenendo oggi, ma investimenti per tornare a una città sana in grado di ripartire con una condizione generale migliore e più sana. Nel costo del sacrificio attuale sta la scommessa di veder rinascere questa città.
I commissari devono proprio autorizzare ogni spesa e pagamento? Hanno già deciso qualcosa?
Come può difendersi un cittadino da una eventuale decisione dei commissari che tocchi i suoi diritti?
Non sono i commissari a dover governare questa città e non spetta a loro autorizzare nessuna spesa che vada a creare danni o meno ai cittadini. Il vero problema si sarebbe posto che fosse arrivato un commissario senza la dichiarazione di dissesto dal parte del consiglio comunale, che in quel caso sarebbe decaduto. Il compito dei commissari è quello di affrontare la situazione debitoria pregressa, facendo un censimento di tutti i creditori, che devono palesarsi entro il 3 novembre, e poi stilato un elenco provvedere via via a liquidarli, concordando con il consiglio comunale la dismissione di beni, l’accensione di un mutuo speciale previsto ad hoc e così via.

Cosa si può fare a livello locale per permette a tutti di avere una casa decorosa?
Ad Alessandria abbiamo il problema di grandi investimenti fatti nell’edilizia in passato, spesso con poca ratio. In città ci sono circa 4000 appartamenti sfitti. Le politiche di messa a rendita immobiliare degli appartamenti e gli oneri di urbanizzazione da corrispondere hanno creato situazioni emblematiche, come nel caso del complesso di Alessandria 2000. Per questo serve un piano regolatore serio. Gli investimenti vanno orientati verso progetti di città intelligenti, seguendo modelli di “smart cities” secondo le buone pratiche già conosciute e studiate anche in città, come per esempio sta facendo la realtà di Alessandria 2020. In questa dinamica complessiva il problema abitativo è grande ed è ovviamente anche un problema sociale, che sfocia poi nella pratica degli sfratti, ai quali non è possibile dare una risposta solo caso per caso. Servono interventi strutturali, ma pensarli e realizzarli è difficile visto la crisi economica che colpisce contemporaneamente anche gli Enti superiori come Provincia e Regione. Servirebbe certamente un fondo a rotazione che punti su affitti calmierati e prestiti da cui attingere nei momenti di difficoltà, grazie a risorse messe a disposizione dalla Fondazioni. Quel che è certo è che bisogna pensare a modelli abitativi che non prevedano ghetti ma puntino al rilancio della socialità e alla costruzione di reti di prossimità importanti. Solo così si avranno quartieri sicuri e buona qualità di vita per tutti.
Il Comune continua a pagare una mora per l’uso delle Strutture in cui si trova il canile di Cascina Rosa perché non trasferirlo in una di quelle strutture comunali ormai in disuso?
Sappiamo che i due canili vanno spostati: non solo quello di Cascina Rosa, ma anche quello sanitario, a quel punto da collocale in un’unica struttura. Il tema degli animali d’affezione ci sta molto a cuore, ma è facile immaginare come in questo momento le tanti priorità che riguardano le persone finiscano per assorbire molto del nostro tempo. Spostarlo è comunque un obbligo e quindi verrà fatto.
Senza risorse come è possibile rivitalizzare il settore turismo? Perché Alessandria pur trovandosi tra tre grandi città (il cosiddetto triangolo industriale) viene totalmente ignorata?
Il nostro territorio non è a vocazione turistica e sarebbe sbagliato pensare di poter sostituire così un calo nel settore industriale. Abbiamo comunque alcuni elementi da pregio che meritano sicuramente di essere valorizzati, in campo gastronomico per esempio, come i prodotti da forno o la cioccolateria, solo per fare un esempio. Ovviamente c’è la Cittadella, ma si tratta di una struttura così importante che è fuori dalla portata del solo comune e merita di essere inserita in circuiti più ampi e con risorse maggiori per poterla gestire adeguatamente. Abbiamo un circuito di musei da rilanciare, e speriamo di poter salvare il Teatro. Se la Regione, come pare, decidesse di sfilarsi dalla Fondazione Tra, il futuro della Fondazione potrebbe però essere segnato, e in questo contesto, vista la situazione oggettiva del comune, non è certo neppure il futuro dei dipendenti, questo va detto molto onestamente, anche se con profondo rammarico. Ci sarebbe poi l’Expo 2015 a Milano. Sarebbe una grande occasione per il nostro territorio, anche alla luce dell’oggettiva mancanza di posti letto nell’interland milanese, che ha una disponibilità di circa 100 mila posti al giorno mentre ne serviranno circa 180 mila. La nostra distanza da Milano non è grandissima, ma certo siamo penalizzati dai trasporti. In questo senso occorre riflettere sulla nostra capacità di esercitare pressioni positive sulle realtà del territorio al momento di effetturare delle scelte. Siamo rimasti un po’ tagliati fuori dal triangolo industriale perché l’asse si è spostato più a nord, e anche per quel che riguarda l’università, Novara è stata più in grado di attrarre risorse dall’Edisu e di polarizzare su di essa il rapporto con Torino.
Come mai la Control Room non viene utilizzata? Era la Giunta precedente a veder spettri dove non erano presenti oppure è un problema di fondi e contate di riattivarla? Perché i vigili urbani continuano a portare le armi?
In realtà la control room è ancora utilizzata. Io però sono per spostare questa attrezzatura in Questura, suo luogo naturale di utilizzo. Il trasloco costerà 50 mila euro, ma in futuro lo faremo. Il modello culturale che stava dietro la scelta della control room, presa dalla scorsa amministrazione, non è il nostro. Noi non siamo per un approccio “sorveglia e punisci” ma per un investimento su solidarietà, welfare e integrazione. Questa a nostro avviso è l’unica via per portare davvero la percezione di sicurezza nelle persone, attraverso la costruzione di legami e rapporti fra le persone.
Perché si continuano ad affidare determinate responsabilità sempre alle stesse persone? Il diritto di accesso alle cariche pubbliche, con uguali competenze allora non vale per tutti allo stesso modo?
La mia Giunta è fatta tutta da persone che svolgono questo incarico per la prima volta. Ciò che serve per fare l’amministratore oggi è un profilo etico, competenza, disponibilità ad approfondire e studiare e coltivare continuamente un approccio che tenga presente che è molto più quello che non si sa che quello che si sa, e che per questo bisogna avere un atteggiamento umile e di accrescimento delle proprie conoscenze costantemente. Sul tema del dissesto posso però dire ormai che la nostra Giunta ha studiato moltissimo e molte delle nuove norme varate sul tema le conosciamo, nostro malgrado, forse meglio di chiunque altro.