Alessandria: il cuore oltre il dissesto
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Alessandria: il cuore oltre il dissesto

Il fantasma del dissesto continua ad aleggiare su Alessandria come un incubo. Era davvero inevitabile? Lo si poteva almeno posticipare, guadagnando tempo e rientrando così nel novero dei comuni beneficiari dei recenti provvedimenti governativi?

Il fantasma del dissesto continua ad aleggiare su Alessandria come un incubo. Era davvero inevitabile? Lo si poteva almeno posticipare, guadagnando tempo e rientrando così nel novero dei comuni beneficiari dei recenti provvedimenti governativi?

POLITICA – Le posizioni in campo sono arcinote: il sindaco Rita Rossa e tutto il suo schieramento hanno sempre ribadito che la giunta e la nuova maggioranza (ma soprattutto la comunità alessandrina) il dissesto se lo sono ritrovate sul groppone, macigno inevitabile e pesantissimo, frutto del lungo percorso che tutti ben ricordiamo, e totale responsabilità di Piercarlo Fabbio e dei suoi.

Sull’altro fronte, più volte in questi mesi si è ribadita la tesi opposta: sarebbe stato possibile “puntare i piedi” con la Corte dei Conti, presentare un piano di rientro e sostanzialmente guadagnare tempo. In tal modo oggi Alessandria rientrerebbe a pieno titolo fra i comuni beneficiari del “decreto salva comuni”.

Schiacciata tra le due posizioni c’è la maggioranza degli alessandrini, che pare per fortuna poco propensa in questo momento a perdersi in diatribe e dietrologie, e più interessata invece a capire come si uscirà dall’attuale situazione. Che la storia (anche di un ente locale, in questo caso) non si fa con i ma e i se ce lo insegnavano già sui banchi di scuola, e rimane verità assoluta.

La realtà dunque è chiarissima: Alessandria (per voce del sindaco e della sua maggioranza, ma anche per fortuna di tanti altri rappresentanti del mondo politico e istituzionale: per una volta uniti) sta chiedendo con forza,e su tutti i tavoli, che la propria emergenza non sia ignorata, o sottovalutata. Siamo periferia piemontese, è vero: quindi per tradizione e formazione portati a risolverci da soli i problemi, senza sbraitare e stracciarci le vesti. Ma ci sono momenti in cui l’intervento dello Stato (e nella fattispecie del Governo) è dovuto e doveroso, e questo è uno di quei momenti.

E l’aiuto (in forma peraltro di anticipo di quanto legittimamente dovuto, e non di regali o donazioni, secondo quanto chiesto dal sindaco) non potrà che arrivare. Il punto, però, è 1) che arrivi presto, prestissimo, perché ci sono stipendi da pagare, ai dipendenti di Palazzo Rosso e delle partecipate ma anche, ad esempio, ai tanti lavoratori delle cooperative che erogano servizi essenziali, e che oggi sono alla canna del gas, in attesa di crediti milionari 2) che ci si renda conto, da parte dei nostri amministratori, che nessun aiuto straordinario da parte del Governo potrà essere risolutivo, senza metter davvero mano ad una profonda, radicale, forse anche dolorosa riorganizzazione della macchina pubblica comunale.

Oggi tutti guardano allarmati al primo punto, perché è l’emergenza del giorno. Ma è il secondo punto, probabilmente, quello su cui ci sarà da lavorare di più, mettendo in campo progettualità, competenze, capacità di innovazione. Per costruire davvero il futuro di Alessandria, gettando il cuore oltre il dissesto.
 

 

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