Il Gabbiano: “se il Cissaca non salda i debiti, siamo al capolinea”
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Il Gabbiano: “se il Cissaca non salda i debiti, siamo al capolinea”

La casa di riposo di Frugarolo, le comunità per minori, i servizi territoriali. La cooperativa sociale guidata da Corrado Parise ha un centinaio di addetti, e un credito di oltre un milione di euro dal consorzio socio assistenziale, “ossia dal comune di Alessandria”. “Se chiudessimo, sarebbe un dramma per tanti operatori, ma anche un disastro sociale per le fasce più deboli”

La casa di riposo di Frugarolo, le comunità per minori, i servizi territoriali. La cooperativa sociale guidata da Corrado Parise ha un centinaio di addetti, e un credito di oltre un milione di euro dal consorzio socio assistenziale, ?ossia dal comune di Alessandria?. ?Se chiudessimo, sarebbe un dramma per tanti operatori, ma anche un disastro sociale per le fasce più deboli?

ALESSANDRIA – “Diciamolo forte e chiaro agli alessandrini, e alle istituzioni: oggi Il Gabbiano, come diverse altre primarie realtà della cooperazione sociale, rischia la chiusura. Non si può vivere di anticipi bancari: il Cissaca, ossia il Comune di Alessandria, deve saldare i suoi debiti. Ho letto che una parte dei contributi dovuti per il 2012 è stata stanziata: speriamo non siano però soldi virtuali, ossia semplici impegni di spesa senza copertura. Noi abbiamo bisogno di bonifici, non di altre promesse”. Corrado Parise, presidente del Gabbiano da una decina d’anni (“e prima educatore, sempre qui, dal 1992”), entra subito in argomento, senza preamboli, “perché siamo davvero di fronte ad un’emergenza, ed è in gioco il futuro delle persone più deboli che noi assistiamo quotidianamente, ma anche quello di diverse centinaia di lavoratori su questo territorio, e un bagaglio di esperienze professionali di eccellenza”.
E’ ben triste dover parlare di realtà che danno un così profondo contributo alla società, aiutandone le fasce più deboli e bisognose, partendo sempre dalla situazione contabile. Ma questa è la realtà di questi mesi: una realtà che rischia di “soffocare” anche il futuro.

Il Gabbiano vanta dal Cissaca crediti importanti (“1 milione e 50 mila euro, dal luglio 2011 ad oggi”), che condizionano pesantemente attività e progettualità di una realtà che fattura complessivamente circa 3 milioni e mezzo di euro all’anno: “siamo in attesa di segnali molto concreti – ribadisce Parise – in mancanza dei quali davvero non sappiamo a che santo votarci. Da due anni siamo in stato di crisi, ci siamo ridotti gli stipendi del 10% e rinunciamo alla tredicesima. Consideri che, oltre alla crisi drammatica degli enti locali, ci si è messo pure lo Stato, che ha cancellato le agevolazioni previdenziali riconosciute in passato alle cooperative come la nostra, che operano su un territorio considerato con giusta ragione depresso come la provincia di Alessandria”. Per cui, per oltre 100 operatori qualificati impegnati su diversi fronti (casa di riposo di Frugarolo, comunità per minori di Alessandria e di Quattordio, attività socio assistenziali legate sia al carcere di Marassi, sia a quartieri disagiati di Genova) tengono in queste settimane il fiato sospeso, e cercano di cogliere i “segnali” in arrivo dal mondo delle istituzioni.

La storia del Gabbiano viene da lontano, e dal fondatore don Angelo Campora a Parise (che è stato anche candidato sindaco ad Alessandria nel 2012: “Pensando al bene della cooperativa forse oggi non lo rifarei: la politica è più vendicativa che sportiva”, sorride), non si può certo dire che le sia mai difetto il carisma del leader. Anche se l’attuale presidente ribadisce “direi piuttosto che qui abbiamo sempre cercato di portare avanti con coerenza il modello socio educativo di don Angelo, e il principio, che lo animò sempre: ossia vivere il bene, e non parlarne soltanto, come in uso in certe consorterie”. Il Gabbiano è cooperativa sociale alessandrina di tipo A, impegnata sui diversi fronti del disagio (minori in difficoltà, anziani, disabili), che ha nell’impegno e dell’attenzione nei confronti degli ultimi il proprio tratto distintivo. “E’ questo il filo rosso – sottolinea Parise – che non si è mai spezzato, dai tempi di don Angelo ad oggi. Un’attività basata sulla condivisione reale dei problemi, del disagio e della sofferenza: con una forte tendenza ad innovare, a metterci in gioco sperimentando nuovi percorsi, diversificando le attività. Ma rifiutandoci di trasformare l’impresa sociale in puro business. Con tutte le complicazioni del caso”. Corrado Parise arriva al Gabbiano per puro caso, nel 1992, “avevo concluso il mio anno di servizio civile in una piccola comunità di Tortona, e mi dissero che c’era questa realtà alessandrina che cercava educatori: per me, che all’università avevo studiato sociologia della devianza e tematiche socio assistenziali, fu un colpo di fortuna”. Don Angelo era scomparso da poco, “prematuramente e lasciando un vuoto incolmabile, sia dal punto di vista umano, che su quello della gestione della cooperativa, che era stata costruita attorno alla sua figura, a partire dalle sue esperienze, dal 1978 in poi, con i ragazzi del carcere minorile di Bosco Marengo”. Attorno a sé don Angelo Campora aveva aggregato, grazie al suo entusiasmo e alla sua capacità di coinvolgimento, un gruppo di giovanissimi che lo aiutava nei suoi molteplici filoni di volontariato sociale: e con il loro aiuto diede vita al Gabbiano. “La cooperativa nasce alla fine del 1983 – spiega Parise – tra le primissime realtà del settore qui da noi, e con l’obiettivo di essere lo strumento operativo con cui consentire di svolgere una serie innovativa di servizi socio educativi, in un contesto di continua sperimentazione. Un altro mondo, se si pensa alla svolta arrivata poi dagli anni Novanta in poi, quando in tanti hanno annusato il profumo dei soldi che cominciavano a girare nel settore, e ci si sono ‘fiondati’, rovinandolo”.

Non è certamente un caso, del resto, che Tangentopoli prenda il via, alla fine del 1992, da una struttura socio assistenziale di primo piano, come il Pio Albergo Trivulzio di Milano. “Quando arrivo io al Gabbiano – continua Parise – è proprio quel momento delicato, di passaggio: finisce la spinta propulsiva sociale più autentica, arriva tangentopoli, e subito dopo i primi tagli alla spesa pubblica. In più era mancato da poco don Angelo, con tutto ciò che lui rappresentava, in termini di capacità, entusiasmo, personalità. Furono anni duri: pur rifiutando di diventare un’impresa finalizzata al business, non si poteva non confrontarsi con il nuovo clima efficientista, con la necessità di essere competitivi sul piano dei servizi ma anche dei costi, per non morire. Puntammo ad una maggiore diversificazione: se negli anni Ottanta era stato importantissimo combattere il disagio sociale, soprattutto sul fronte della tossicodipendenza (contribuendo in maniera determinante nella gestione delle attività pedagogico operative del Sert di Alessandria, che è ancora uno dei migliori d’Italia), successivamente puntammo anche sulla cura anziani, e sull’assistenza ai minori in difficoltà. Che sono ancora oggi i due filoni portanti della nostra attività”.

La seconda metà degli anni Novanta vede anche la nascita dei consorzi socio assistenziali, che ad Alessandria significa Cissaca. “Con tutto ciò che di positivo essi rappresentano – aggiunge Parise – a prescindere naturalmente dalle gravi emergenze alessandrine di questi anni e mesi, che vanno risolte al più presto. Cito senz’altro, per quanto riguarda la collaborazione del Gabbiano con il Cissaca, la casa di riposo di Frugarolo, che noi abbiamo in gestione da 7/8 anni, e che credo costituisca un fiore all’occhiello per tutto il territorio”. Un po’ più critico il presidente del Gabbiano è nei confronti di altre forme consortili, sorte in passato aggregando diverse cooperative del territorio con l’obiettivo di fare squadra, come ConSolidale: “Il Gabbiano ne è stato tra i fondatori, ma poi ne siamo usciti, per scarsa sintonia su una serie di temi. Ma lasciamo stare, per favore: oggi è davvero più importante concentrarci sull’emergenza che ci riguarda tutti, e cercare di dare un futuro al nostro comparto: siamo quelli che stiamo in prima linea nella lotta al disagio. Far pagare la crisi a noi, significherebbe abbandonare al loro destino le fasce più deboli della società alessandrina”.

 

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