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Lavoro Liberazione: “a fine mese stipendi al 70%: e non per colpa nostra”
Cinquecento e 22 mila euro di crediti con Amiu e 140 mila con il Cissaca tengono i 70 soci lavoratori della cooperativa sociale alessandrina con il fiato sospeso. Mentre 12 lavoratori sono già in cassa integrazione. Il lavoro cè, eccome: il problema è farsi pagare, spiega la presidente Rossella Foco
Cinquecento e 22 mila euro di crediti con Amiu e 140 mila con il Cissaca tengono i 70 soci lavoratori della cooperativa sociale alessandrina con il fiato sospeso. Mentre 12 lavoratori sono già in cassa integrazione. ?Il lavoro c?è, eccome: il problema è farsi pagare?, spiega la presidente Rossella Foco
E’ una storia che viene davvero da lontano, quella della cooperativa sociale Lavoro Liberazione di Alessandria.
Un percorso cominciato negli anni Settanta del secolo scorso, in clima di legge Basaglia, con la chiusura dei manicomi e la necessità di inventarsi percorsi nuovi per il reinserimento, lavorativo ma appunto anche in termini di integrazione sociale, di chi fino ad allora era semplicisticamente stato bollato come “matto”, mentre molto spesso si trattava, e si tratta, di persone con difficoltà psichiche assolutamente compatibili con il mondo del lavoro, e con la vita di gruppo.
“Da allora – spiega Rossella Foco (nella foto), presidente e legale rappresentante della cooperativa – di strada ne abbiamo fatta davvero tanta, inserendo via via nel mondo del lavoro anche ex detenuti, ex tossicodipendenti e comunque persone con varie forme di disagio, con un entusiasmo sempre rinnovato dall’intensità dei rapporti umani con i nostri soci. Anche se oggi, lo confesso, la situazione del mondo del lavoro attorno a noi è tale da fare barcollare il mio ottimismo”.
Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di conoscerli un po’ meglio, i protagonisti di quest’azienda così particolare, anche se certamente non unica nel panorama provinciale: “per fortuna – sottolinea Foco – cooperative sociali di tipo B come la nostra, che si occupano dell’inserimento lavorative delle persone svantaggiate, ce ne sono anche altre, e fanno un lavoro eccellente. Anche se forse qualche realtà ambigua in circolazione c’è, come in tutti i settori”. Una cooperativa sociale di tipo B deve avere tra i suoi soci almeno il 30% di lavoratori svantaggiati, ma Lavoro Liberazione ne ha circa il 40%, senza contare i soci che vivono in situazione di disagio non certificato, come gli ex detenuti, e altri lavoratori segnalati dal Cissaca”.
Ed è una realtà che, nel corso del tempo, si è radicata in diversi settori dell’economia del territorio: è un lontano ricordo l’epoca in cui il primo gruppo di lavoratori, sotto la guida di Pietro Lanzavecchia (storico fondatore, e tuttora vice presidente di Lavoro Liberazione), si occupava esclusivamente di attività di pulizia e facchinaggio all’interno dell’ospedale di Alessandria.
“Oggi siamo un’azienda a tutti gli effetti – evidenzia Foco – anche se naturalmente con finalità particolari, che rimangono il nostro dna. Però abbiamo 70 soci, un fatturato annuale di 1 milione e 300 mila euro, e circa 70 soci lavoratori, che operano in diversi comparti: dalle pulizie alla manutenzione del verde pubblico e privato, dal facchinaggio e traslochi ai servizi ambientali: ossia spazzatura manuale delle strade, e supporto nell’attività della raccolta porta a porta dei rifiuti”. E qui cominciano le note dolenti: eh sì, perché un’impresa sana e competitiva, capace di coniugare la propria mission sociale con i conti “in ordine”, a fine settembre rischia di erogare ai soci lavoratori solo il 70% dello stipendio (“e purtroppo 12 persone sono già in cassa integrazione da luglio, a causa della sospensione del servizio Spazzacity”), vittima indiretta e incolpevole del dissesto di Palazzo Rosso.
“Il comune di Alessandria – spiega Rossella Foco – non è nostro cliente diretto, anche perché sul fronte verde pubblico negli ultimi anni ha fatto ricorso ad appalti con cifre così al ribasso, che non siamo assolutamente riusciti a starci dentro, ne a capire come facessero gli altri. Ma, a questo punto, forse possiamo dire che ci è andata bene. Purtroppo invece abbiamo un’esposizione significativa sul fronte Amiu (522 mila euro euro), e Cissaca (circa 140 mila euro): si tratta di fatture non pagate relative al 2011 e 2012, e per quelle dello scorso anno, naturalmente, il rischio di incassarne solo una minima parte, data la situazione dell’ente, è assai reale”.
Con la nuova amministrazione è cambiato qualcosa? “Sul piano delle dichiarazioni e della solidarietà certamente – dice Foco – ma non basta. Seguiamo in queste ore con apprensione la vicenda Amiu: sia per capire se ci sono concrete possibilità di recuperare i crediti pregressi, sia per capire cosa si aspetta per il futuro. Chiediamo agli amministratori atti concreti: sappiamo bene che i creditori hanno tutti diritto ad essere pagati, ma nel nostro caso esistono situazioni famigliari di emergenza oggettiva, e difficilmente procrastinabile”. Non passa giorno senza che alla sede di Lavoro Liberazione, in via Plana, si presenti qualche socio in difficoltà, impossibilitato a pagare l’affitto, “ma anche senza dieci euro per comprare da mangiare ai figli. Si consideri che parliamo di famiglie spesso monoreddito, e con retribuzioni che mediamente si aggirano sugli 850 euro al mese, pur nell’applicazione rigorosa del contratto di categoria. Il che significa, per i 12 già in cassa integrazione, ricevere il 65% di quel salario. Mentre a fine mese non riusciremo a pagare lo stipendio al 100% a tutti i dipendenti della cooperativa”.
“Da allora – spiega Rossella Foco (nella foto), presidente e legale rappresentante della cooperativa – di strada ne abbiamo fatta davvero tanta, inserendo via via nel mondo del lavoro anche ex detenuti, ex tossicodipendenti e comunque persone con varie forme di disagio, con un entusiasmo sempre rinnovato dall’intensità dei rapporti umani con i nostri soci. Anche se oggi, lo confesso, la situazione del mondo del lavoro attorno a noi è tale da fare barcollare il mio ottimismo”.
Ma andiamo con ordine, e cerchiamo di conoscerli un po’ meglio, i protagonisti di quest’azienda così particolare, anche se certamente non unica nel panorama provinciale: “per fortuna – sottolinea Foco – cooperative sociali di tipo B come la nostra, che si occupano dell’inserimento lavorative delle persone svantaggiate, ce ne sono anche altre, e fanno un lavoro eccellente. Anche se forse qualche realtà ambigua in circolazione c’è, come in tutti i settori”. Una cooperativa sociale di tipo B deve avere tra i suoi soci almeno il 30% di lavoratori svantaggiati, ma Lavoro Liberazione ne ha circa il 40%, senza contare i soci che vivono in situazione di disagio non certificato, come gli ex detenuti, e altri lavoratori segnalati dal Cissaca”.
Ed è una realtà che, nel corso del tempo, si è radicata in diversi settori dell’economia del territorio: è un lontano ricordo l’epoca in cui il primo gruppo di lavoratori, sotto la guida di Pietro Lanzavecchia (storico fondatore, e tuttora vice presidente di Lavoro Liberazione), si occupava esclusivamente di attività di pulizia e facchinaggio all’interno dell’ospedale di Alessandria.“Oggi siamo un’azienda a tutti gli effetti – evidenzia Foco – anche se naturalmente con finalità particolari, che rimangono il nostro dna. Però abbiamo 70 soci, un fatturato annuale di 1 milione e 300 mila euro, e circa 70 soci lavoratori, che operano in diversi comparti: dalle pulizie alla manutenzione del verde pubblico e privato, dal facchinaggio e traslochi ai servizi ambientali: ossia spazzatura manuale delle strade, e supporto nell’attività della raccolta porta a porta dei rifiuti”. E qui cominciano le note dolenti: eh sì, perché un’impresa sana e competitiva, capace di coniugare la propria mission sociale con i conti “in ordine”, a fine settembre rischia di erogare ai soci lavoratori solo il 70% dello stipendio (“e purtroppo 12 persone sono già in cassa integrazione da luglio, a causa della sospensione del servizio Spazzacity”), vittima indiretta e incolpevole del dissesto di Palazzo Rosso.
“Il comune di Alessandria – spiega Rossella Foco – non è nostro cliente diretto, anche perché sul fronte verde pubblico negli ultimi anni ha fatto ricorso ad appalti con cifre così al ribasso, che non siamo assolutamente riusciti a starci dentro, ne a capire come facessero gli altri. Ma, a questo punto, forse possiamo dire che ci è andata bene. Purtroppo invece abbiamo un’esposizione significativa sul fronte Amiu (522 mila euro euro), e Cissaca (circa 140 mila euro): si tratta di fatture non pagate relative al 2011 e 2012, e per quelle dello scorso anno, naturalmente, il rischio di incassarne solo una minima parte, data la situazione dell’ente, è assai reale”.
Con la nuova amministrazione è cambiato qualcosa? “Sul piano delle dichiarazioni e della solidarietà certamente – dice Foco – ma non basta. Seguiamo in queste ore con apprensione la vicenda Amiu: sia per capire se ci sono concrete possibilità di recuperare i crediti pregressi, sia per capire cosa si aspetta per il futuro. Chiediamo agli amministratori atti concreti: sappiamo bene che i creditori hanno tutti diritto ad essere pagati, ma nel nostro caso esistono situazioni famigliari di emergenza oggettiva, e difficilmente procrastinabile”. Non passa giorno senza che alla sede di Lavoro Liberazione, in via Plana, si presenti qualche socio in difficoltà, impossibilitato a pagare l’affitto, “ma anche senza dieci euro per comprare da mangiare ai figli. Si consideri che parliamo di famiglie spesso monoreddito, e con retribuzioni che mediamente si aggirano sugli 850 euro al mese, pur nell’applicazione rigorosa del contratto di categoria. Il che significa, per i 12 già in cassa integrazione, ricevere il 65% di quel salario. Mentre a fine mese non riusciremo a pagare lo stipendio al 100% a tutti i dipendenti della cooperativa”.
Per fortuna, non tutti i clienti della struttura sono inadempienti: “i piccoli comuni, tra cui Piovera, Castellazzo Bormida, Frugarolo e Pietra Marazzi, sono realtà splendide: non solo perché pagano regolarmente i servizi, ma perché offrono ai nostri lavoratori (penso ad esempio agli ex detenuti) opportunità reali di reinserimento pieno, all’interno di una comunità. Nessun problema per il momento neanche con le aziende private per le quali lavoriamo, mentre sul fronte Asl, Ospedale, Provincia e ATC qualche segnale preoccupante sta arrivando, sia sul fronte dei tempi di pagamento, che della richiesta di ulteriore riduzione del costo dei servizi. Ma davvero noi già lavoriamo al limite, e abbiamo tagliato tutto il possibile, e a volte anche l’impossibile”. A dimostrazione di quanto la cooperativa rispetti tutti i parametri di efficienza lavorativa, nel 2011 è stata ottenuta anche la certificazione di qualità, “che si affianca ad altre forme annuali di controllo e verifica, nel nostro caso effettuati da ispettori di Legacoop, a cui siamo affiliati”. Non va poi dimenticato che Lavoro Liberazione si muove, ormai da anni, all’interno di quella “filiera” di qualità che è a tutti gli effetti il Consorzio Consolidale, di cui fanno parte anche le cooperative Azimut, Coompany & co., Ludocop, Marcondiro, Il Pane e le Rose e l’Associazione San Benedetto al Porto.
“E’ una collaborazione importante, grazie alla quale si riescono a mettere a punto progetti anche di maggior respiro, in cui ognuno porta le proprie competenze, integrandole”. Ma sul futuro, è innegabile, si addensano nuvole nere: “dovremo ritagliarci un ruolo e un’identità sempre più forti – conclude Rossella Foco – individuando nicchie su cui focalizzarci, e facendo crescere la quota di lavoro destinata al mondo delle imprese private. Naturalmente continuando a collaborare con gli enti pubblici, ma chiedendo loro di dimostrarci che credono davvero nelle cooperative, e in particolare nella finalità sociale dell’inserimento dei lavoratori svantaggiati. Altrimenti diventa un dialogo tra sordi”.