Spinetta, l’autunno “caldo” del polo chimico
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Spinetta, l’autunno “caldo” del polo chimico

Il 17 ottobre prenderà il via il processo nei confronti di dirigenti ed ex dirigenti dello stabilimento oggi Solvay, accusati di avvelenamento doloso e omessa bonifica. Per il territorio alessandrino un passaggio storico epocale, tra speranze di giustizia e timori di riflessi negativi per l'occupazione

Il 17 ottobre prenderà il via il processo nei confronti di dirigenti ed ex dirigenti dello stabilimento oggi Solvay, accusati di avvelenamento doloso e omessa bonifica. Per il territorio alessandrino un passaggio storico epocale, tra speranze di giustizia e timori di riflessi negativi per l'occupazione

Un’estate calda, caldissima sul fronte dei rapporti tra lavoro, salute e danno ambientale. Ma è l’autunno che rischia di essere addirittura incandescente. Da settimane tiene banco la vicenda Ilva di Taranto, con riverberi diretti anche sulla nostra provincia (stabilimento di Novi Ligure), e la vicenda Eternit comunque non smette di “segnare” drammaticamente il territorio casalese, e non solo.

Ma è il processo legato al polo chimico di Spinetta Marengo (oggi Solvay Solexis, in passato Ausimont, Montedison, Montecatini ecc) l’evento destinato a occupare la scena nei prossimi mesi.
Processo che, per questioni procedurali e organizzative, è “slittato” da luglio al prossimo 17 ottobre.

Le accuse indirizzate a numerosi dirigenti  ed ex dirigenti della struttura sono pesanti: avvelenamento doloso delle acque di falda sotterranea, e omessa bonifica. Tutte da dimostrare naturalmente: così come esistono altri filoni di indagine, ancora da completare, con ipotesi di reato per omicidio e lesioni colpose.

Toccherà ai giudici insomma scoperchiare la pentola, e verificare cosa ci sia di dimostrabile rispetto al “vissuto”, ma anche al presente, di un polo chimico che, nel corso di un secolo, ad Alessandria e alla Fraschetta ha portato certamente occupazione e sviluppo, ma anche una serie di drammatiche ripercussioni sul fronte dell’inquinamento ambientale, e della salute delle persone. E se ci sono ex operai che del loro “naso bucato” parlano quasi con orgoglio, o almeno con rassegnata ironia, tanti altri sono passati nel corso dei decenni attraverso personali “calvari” ospedalieri, fino alla morte. Proprio dall’esposto dei parenti di tredici persone decedute parte l’inchiesta che culminerà nel processo di ottobre: esiste un nesso causale diretto tra il loro lavoro svolto all’interno del polo chimico, e le patologie mortali che li hanno colpiti? “Quel che vorrei fosse chiaro – sottolinea Lino Balza (nella foto), esponente alessandrino di Medicina Democratica ed ex dipendente dello stabilimento fino ad una decina di anni fa – è che il processo non riguarda una sorta di memoria storica dello stabilimento, ma arriva fino ad oggi. Io mi sono costituito parte civile, e ricordo che possono farlo gratuitamente, tramite il nostro sito, non solo tutti coloro che hanno lavorato al polo chimico, ma tutti gli abitanti del territorio circostante, dalla Fraschetta ad Alessandria. Perché, sia chiaro, non è che certe forme di inquinamento e certe sostanze guardano in faccia a nessuno, o si fermano ai confini di uno stabilimento, una volta penetrati in acqua, aria e terra”.

La questione è enorme, e pone il solito, drammatico dilemma tra salvaguardia della salute e tutela dell’occupazione, in un periodo tra l’altro di fortissima crisi. Sia i sindacati, sia il Comitato Tutela Salute, Ambiente e Territorio per bocca del suo presidente Oreste Rossi (eurodeputato della Lega Nord, e spinettese) non perdono occasione per segnalare che non esiste nessuna contrapposizione, e che sono possibili (e vanno portate avanti) importanti opere di bonifiche senza minimamente mettere in discussione l’attività presente e futura dello stabilimento Solvay. E tuttavia è evidente che simili riflessioni rischiano di essere affermazioni astratte, finché non sarà fatta piena chiarezza giudiziaria sulle responsabilità individuali e della proprietà, e sullo stato dell’arte dei “veleni” che (questo almeno più nessuno sembra metterlo in discussione) nel corso del tempo sono stati prodotti dall’attività del polo chimico. Quanti e quali sono, e dove si trovano esattamente? Esiste davvero il famoso bunker sotterraneo, forse risalente alla seconda guerra mondiale, poi utilizzato, secondo voci però mai dimostrate, come deposito di non si sa quali sostanze? Misteri e ambiguità che è auspicabile siano pienamente “disvelati” nel corso del processo che partirà in autunno.

“Quel che temo di più – è ancora Balza a parlare, protagonista per lungo tempo solitario di una lunga battaglia di denuncia – è che la strategia della difesa sia quella di rimandare il più possibile ogni giudizio, utilizzando tutte le strade legalmente consentite, per puntare ad una prescrizione“. Il che sarebbe in effetti gravissimo, non solo sul piano giudiziario, ma per il futuro di tutto il territorio. Gli inquirenti sembrano però aver raccolto una quantità di materiali, documentazioni e testimonianze davvero imponenti, per cui è forse prematuro “fasciarsi la testa” e indulgere al pessimismo. E’ lo stesso Balza a sottolineare un altro elemento: “da anni evidenzio l’esistenza di una cappa di conformismo, di silenzio complice e imbarazzato sulla vicenda del polo chimico, che dagli atti processuali e da numerose intercettazioni mi pare emerga chiaramente, e lo sostengo senza timore di smentite: ci sono giornalisti della carta stampata e della tv locale indicati come amici, e ‘addolciti’, in base alle indicazioni del piano comunicativo ‘adoucir les journalistes’ messo a punto dalla sede centrale della multinazionale chimica a Bruxelles. Lo stesso ex sindaco Fabbio viene indicato dai vertici della Solvay come amico, ‘che ci sta aiutando anche se lo fa vedere tanto, e si capisce il perché’. E poi si cita ampiamente Lorenzo Repetto, ex presidente Amag, sulla cui figura e sul cui ruolo nella vicenda dell‘ipotetica bonifica a lungo sbandierata come risolutiva nel 2008 (e naturalmente mai avviata) mi pare gli inquirenti nutrano parecchi dubbi”.

Ma la vicenda processuale, per quanto centrale e delicatissima, non esaurisce certamente la questione dello stabilimento Solvay di Spinetta, negli ultimi anni oggetto anche di inchieste giornalistiche nazionali, dalle Iene (in particolare sulla vicenda cromo esavalente), ad un recente approfondimento su La 7.

Fino a ulteriori segnalazioni proprio di Medicina Democratica, che a più riprese ha denunciato come oggetto di attenzione e allarme non debba essere solo la presenza del cromo, ma lo sversamento nel corso del tempo di numerose altre sostanze pericolose nei terreni, nell’acqua e nell’aria. Basti pensare alla vicenda del Pfoa, tutt’altro che tranquillizzante.

Nelle vicinanze del polo chimico si trova poi l’area dell‘ex zuccherifio, al centro di un ambizioso progetto di rilancio commerciale da parte di Coop 7 ed Esselunga. Recentemente l’assessore a qualità urbana e sviluppo sostenibile del Comune di Alessandria, Marcello Ferralasco, ha avuto modo di chiarire la posizione della nuova amministrazione alla guida di Palazzo Rosso, e la necessità di procedure di controllo iper rigorose, portate avanti all’unisono con Provincia, Regione e gli altri organismi preposti.

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