Bianchi: “il dissesto è un funerale, ma ripartiremo”
A quali conseguenze concrete andranno ora incontro i cittadini, i fornitori e i dipendenti di Palazzo Rosso e delle partecipate? In attesa della nomina dei commissari ministeriali, l'assessore alla Sostenibilità Economica del Comune di Alessandria racconta a viso aperto la situazione dell'ente. E sottolinea: "la politica avrà comunque un ruolo centrale"
A quali conseguenze concrete andranno ora incontro i cittadini, i fornitori e i dipendenti di Palazzo Rosso e delle partecipate? In attesa della nomina dei commissari ministeriali, l'assessore alla Sostenibilità Economica del Comune di Alessandria racconta a viso aperto la situazione dell'ente. E sottolinea: "la politica avrà comunque un ruolo centrale"
C’è un “clima” mesto a Palazzo Rosso in questi giorni, e non potrebbe essere altrimenti. L’impiegata che incontri nell’atrio e ti dice “chiedi all’assessore Bianchi quali saranno le conseguenze per noi dipendenti per favore: già stiamo tirando la cinghia..”, fotografa meglio di tante analisi la situazione dell’ente ormai ufficialmente in dissesto, e di una città intera. Lui, il “white” della mitica epoca baletiana, al secolo Pietro Bianchi, affermato commercialista, da poco più di un mese si è preso l’onere dell’assessorato più “pesante”, quello della Sostenibilità Economica, che vuol dire in sostanza Bilancio e Partecipate. Ossia il cuore del “sistema Comune”, oggi agonizzante. A Palazzo Rosso il dottor Bianchi ha un ufficio “spartano”, e la porta sempre aperta: “quando ci sono, ci sono per tutti: è giusto così”. Ed è lui che, in questo momento, meglio di chiunque altro può spiegarci cosa gli alessandrini possono realisticamente aspettarsi per i prossimi mesi, e anni.
Assessore Bianchi, il dissesto del Comune di Alessandria è ufficiale: ora cosa succederà?
Entro 30 giorni arriveranno tre commissari, nominati direttamente dal Ministero dell’Interno: suppongo che saranno tecnici, e non alessandrini, ma è una mia valutazione personale, vedremo. Sicuramente a loro toccherà la gestione di tutta la situazione pregressa dell’ente, fino al 31 dicembre 2011. Dovranno, tra l’altro, cercare di reperire le risorse per saldare almeno in parte i creditori dell’ente. Mentre noi avremo il compito di gestire il presente e il futuro, senza però poter utilizzare in uscita un solo euro di più rispetto alle entrate correnti. Per fare un esempio concreto: nel 2011 sono entrati in cassa 85/86 milioni di euro, e ne sono usciti 20 di più: quest’anno non potremo sforare di un centesimo, per legge.
Lei ha parlato senza mezzi termini di fallimento, mentre per l’ex sindaco Fabbio il dissesto è solo uno “stato contabile”. Una bella differenza di visione…
Non mi faccia polemizzare ulteriormente, non serve. Io dico che il consiglio di giovedì scorso (conclusosi nella notte, quindi il dissesto è stato formalmente decretato venerdì 13, ndr) ha rappresentato per questa città un funerale collettivo, le cui conseguenze pagheremo a lungo. Il dissesto è tecnicamente una procedura concorsuale, a cui si arriva nel momento in cui la Corte dei Conti constata che un ente non è più in grado di far fronte ai suoi impegni finanziari nei confronti dei creditori. Se fossimo un’azienda privata, avremmo portato i libri in tribunale, e avviato un concordato, chiudendo i battenti. Un Comune non chiude, per fortuna. Ma chi minimizza la gravità della situazione è un irresponsabile.
Quali saranno le conseguenze immediate, per i cittadini di Alessandria?
Tariffe al massimo di legge da subito, e per cinque anni: non per nostra scelta, ma perché lo impone la procedura. E massima attenzione ai costi, anche se naturalmente occorrerà percorrere tutte le strade possibili, e se serve esplorarne di nuove, per garantire i servizi essenziali ai cittadini, soprattutto ai più deboli. Vede, io sono un tecnico, ma non sono d’accordo con dice che, in questa situazione, la politica è al palo. E’ invece in frangenti come questo che la politica deve battere un colpo, e mostrare la propria utilità: dialogando con tutti, e trovando soluzioni che consentano di non “staccare la spina”, di continuare ad esserci, e a trovare soluzioni a vantaggio della comunità: penso ai servizi sociali prima di tutto, ma anche alla cultura e a tutto il resto. Certo: il vincolo assoluto rimane il rispetto rigoroso dei conti.
Non sono un demagogo, non posso fare facili promesse. La sospensione di contratti di collaborazione, a tempo determinato e quant’altro è prevista dalla legge. Per i dipendenti a tempo indeterminato, gli uffici sono al lavoro: faremo tutte le verifiche del caso, e soprattutto ci confronteremo con i commissari, quando si insedieranno. L’obiettivo è tutelare il più possibile i lavoratori: ma se oggi mi si chiedesse di mettere nero su bianco che non ci saranno tagli di voci accessorie di nessun tipo, ebbene non sarei nella condizione di dare garanzie.
Poi ci sono le partecipate…
Questo è un capitolo drammatico, e molto articolato. Il comune ha 80 milioni di debiti verso le proprie partecipate, molte delle quali versano in condizioni drammatiche. Penso naturalmente ad Atm, ad Amiu,
ma non si creda che anche Amag, ad esempio, navighi in acque così tranquille: è un po’ migliore il conto economico, ma sul piano finanziario la situazione è grave anche lì, tanto che un utilizzo della finanza non conforme ha indotto i soci a sfiduciare il cda. Anche sul fronte partecipate siamo già al lavoro, e cercheremo il più possibile di arginare la situazione. Per il momento ho consigliato (non potendo imporlo ai singoli cda) agli amministratori delle diverse società di astenersi dall’incassare emolumenti fino almeno al 30 settembre, e al contempo abbiamo posto un tetto alle retribuzioni dei dirigenti, uniformandole.
Dopo l’allontamento di Lorenzo Repetto dai vertici Amag, la stessa sorte toccherà al dominus della filiera dei rifiuti, Piercarlo Bocchio?
Direi che sono due profili diversi, vedremo: intanto la riduzione dei compensi di cui le ho detto riguarda anche i vertici di Amiu e Aral. La questione, sul fronte rifiuti, è complessa: l’accordo di fine 2011 tra Amiu e Iren è completamente in discussione, anche perché accompagnato da patti parasociali dai contenuti assurdi, illegittimi. L’ipotesi, poi, che circola da tempo, di un’unica società per la gestione integrata del ciclo dei rifiuti andrà calata all’interno del processo di riorganizzazione complessiva della galassia delle partecipate. Che saranno rapidamente e drasticamente ridotte di numero, comprimendo il più possibile i costi.
Salteranno anche dei posti di lavoro?
Non posso escluderlo, anche se cercheremo tutte le soluzioni alternative possibili. Una cosa però posso aggiungerla: è mia intenzione chiedere la revoca di tutte le assunzioni a tempo indeterminato avvenute in maniera illegittima, senza regolare concorso pubblico. E purtroppo i casi non sono pochi.
In mezzo a questo disastro, la Fondazione Tra sembra un vaso di coccio dal destino segnato: è così?
Non posso dirlo: si tratta di una Fondazione appunto, in cui le scelte si prendono per testa, e non per quote. E le teste sono cinque: Comune di Alessandria, Comune di Valenza, Regione Piemonte, Amag e Fondazione CrAl. Sicuramente la vicenda di un teatro chiuso da due anni è un altro macigno, che si aggiunge ad una situazione generale gravissima.

Ma se così fosse, a maggior ragione, chi eredita una situazione già difficile si rimbocca le maniche, e avvia un risanamento, anziché affidarsi alla finanza creativa, mistificando la realtà. Diciamo che, anche concesso che nel 2007 il Comune fosse un metro sottoterra, dopo 5 anni di gestione Fabbio siamo scesi a 10 metri sotto. Questo mi sembra che in città lo abbiano capito anche i bambini, ormai.
Sia sincero però: i dirigenti sono sempre gli stessi da decenni. Loro responsabilità non ne hanno proprio?
Non lo so, non mi appassiona stilare l’elenco dei colpevoli, e non è mio compito. Posso però constatare che diversi dirigenti, come i dipendenti, sono stati negli anni scorsi di fatto esautorati, spogliati delle loro funzioni. E le decisioni passavano sopra le loro teste: basti pensare che, per tutto il 2011, non è stato effettuato il controllo di gestione. Certo: qualcuno avrebbe potuto anche sbattere la porta, e andarsene. Ma eroi in giro non ce ne sono tanti, soprattutto con un mercato del lavoro come quello che conosciamo.
Diciamo pure che a Palazzo Rosso eroi non ce ne sono stati, assessore. Ma a lei, davvero, chi gliel’ha fatto fare?
(finalmente sorride, ndr) Me lo chiedo anch’io. E la risposta, anche se può suonare un po’ retorica, è sincera: sono alessandrino da sempre, ho una figlia di 19 anni, amo questa città. Potevo lavarmene le mani? Sì, potevo, ma non me la sono sentita. E non le nego che neanch’io sono un eroe: ho attività professionali ben avviate e a cui tengo, sono socio di due studi professionali ad Alessandria e a Milano, e faccio parte del cda di diverse aziende, non solo sul nostro territorio. Insomma, non posso abbandonare quel che facevo prima: e, con tutto il rispetto per i lavoratori dipendenti, quando a fine giugno mi è stato recapitato il primo cedolino mensile della mia vita, da 1.100 euro netti, francamente mi sono reso conto che l’assessore comunale non lo fai per denaro, e spero che gli alessandrini lo capiscano. Però ci credo, che posso dirle? Sarò un illuso, ma penso davvero che Alessandria, se ci proviamo tutti insieme, possa e debba ripartire, risalendo passo per passo da questo burrone in cui è precipitata, e che gli alessandrini non meritano.
Lei, oltretutto, un anno fa ha già contribuito a salvare i Grigi: le piace pedalare in salita evidentemente…
Ricordo ancora la data: 23 giugno 2011. E’ stata un’esperienza bellissima, portata avanti insieme al mio socio Pavignano, a Capra, Camagna e tanti altri. Anche lì si trattava di salvare un simbolo alessandrino dopo i tanti che questa città già aveva perso. E ce l’abbiamo fatta, risanando la società e riportando i conti in ordine: ormai persino i tifosi più agguerriti sanno bene che, se i bilanci non “quadrano”, il cuore e la fede calcistica non bastano.

(sorride a viso aperto, ndr) Direi poco sul piano dello stile di vita, ma tanti bei ricordi. Chiariamo per chi non sa, a questo punto: diciamo che dai 14-15 anni ai 22-23 gran parte della mia vita (mia madre direbbe tutta) è stata dedicata a calcio, tennis, piazzetta della Lega e, appunto, Baleta. Che non era solo un locale, ma una scuola di vita: non mancavano anche personaggi equivoci, diciamocelo, ma ti venivano trasmessi, tra scherzi atroci e goliardia “spinta”, valori come il rispetto dell’anzianità, dell’esperienza. E poi, pensi: da Baleta c’era solo un telefono a gettoni, e nessuno poteva rintracciarti. L’ideale per uno studente che ogni tanto voleva “saltare” le lezioni. Oggi, che siamo tutti reperibili istantaneamente tramite cellulare e e-mail, sembra davvero di parlare di un altro mondo. Ma in fondo sono passati solo trent’anni.