Locci: “ripartiamo da merito e consenso”
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Locci: “ripartiamo da merito e consenso”

E’ stato il più votato tra i consiglieri del Pdl a Palazzo Rosso, ma il controllo del partito, e i ruoli istituzionali, restano in altre mani. Lui però non demorde, e annuncia dialogo e aperture a tutto campo (dall’assessore Barberis ai 5 Stelle), alla ricerca di progetti concreti che aiutino “un rinnovamento basato su merito e consenso”

E? stato il più votato tra i consiglieri del Pdl a Palazzo Rosso, ma il controllo del partito, e i ruoli istituzionali, restano in altre mani. Lui però non demorde, e annuncia dialogo e aperture a tutto campo (dall?assessore Barberis ai 5 Stelle), alla ricerca di progetti concreti che aiutino ?un rinnovamento basato su merito e consenso?

E’ davvero un bel personaggio Emanuele Locci. Compassato, preparato, flemmatico. Il più votato dei consiglieri comunali del Pdl a Palazzo Rosso, e l’unico ad aver incrementato il proprio consenso personale, nonostante la dèbacle di Piercarlo Fabbio. Ma l’appoggio degli elettori, a quanto pare, non è necessariamente la leva per crescere anche nella gerarchia di partito: a Locci è stato infatti prima negato il ruolo di capogruppo a Palazzo Rosso, toccato all’ex sindaco, e poi (nel corso del primo consiglio comunale) anche il ruolo istituzionale di vice presidente dell’assemblea, a vantaggio del più navigato compagno di partito Fabrizio Priano. Un “uno due” da ko, che però non sembra aver scalfito la “lunga marcia” del consigliere Locci.

Locci, diciamoci la verità: le hanno preparato un bel “trappolone”…
Direi di sì (sorride, ndr), e me ne sono reso conto solo il giorno del consiglio comunale.
La vecchia guarda trasversale di Pdl e Pd ha dimostrato ancora una volta (non che ce ne fosse bisogno) quale idea ha di trasparenza, e di rispetto della volontà degli elettori. Nei giochi di palazzo sono dei professionisti, e del resto questa è la loro idea di politica.

Lei a 32 anni, e in politica da 15, è ancora un ragazzo agli occhi di certe vecchie volpi: e sembra non voler accettare le regole del gioco. Non è rischioso?

L’andamento delle elezioni e quel che sta succedendo del Paese mostra che è molto più che rischioso: ma dipende per chi. Guardi, io sono certo che Fabbio e Priano sapranno ben ricoprire i rispettivi ruoli, grazie alla lunga esperienza maturata. A livello personale per me non cambia niente, il mio confronto è sempre politico e mai personale, per cui continuerò a differenziare le mie posizioni politiche quando non condivido le loro, senza cercare contrapposizioni pretestuose. Voglio usare il mio tempo per lavorare e formulare proposte utili alla città ed agli alessandrini, la politica del palazzo la lascio fare agli esperti più navigati.

Proviamo allora ad entrare nel merito delle questioni che interessano noi cittadini. Da mesi tiene banco la questione dei bilanci: dissesto sì o dissesto no, pare questione di ore….
Attendiamo prima di tutto la definitiva pronuncia della Corte dei Conti, e poi valutiamo. La mia impressione però è che questa amministrazione di centro sinistra sia partita con il piede sbagliato, ossia sposando a priori il dissesto come soluzione che consentirebbe di fare scelte impopolari, senza doversene assumere la responsabilità politica.

Ma la giunta Fabbio, e la sua maggioranza, che responsabilità hanno secondo lei? Come si fa a sostenere che non è stata colpa vostra?

In realtà, se si leggono i dati, si vede che il deficit di Palazzo Rosso comincia a diventare strutturale (ossia con spese correnti crescenti, e squilibrate rispetto alle entrate) intorno al 2005, in piena giunta Scagni. Sicuramente il nostro limite è stato quello di non affrontare davvero con decisione il tema del risanamento, ovvero di aver pensato che si potesse risolvere la questione puntando sulle entrate straordinarie. Invece bisognava affrontare con decisione la spesa, e ridurla là dove possibile. Che è quel che, inevitabilmente, il sindaco Rossa credo dovrà fare in questi anni.

Il che potrebbe significare tagli dei servizi, aumento delle tariffe, e magari licenziamenti? Difficile non ritenere sovradimensionati gli organici di qualche partecipata, ad esempio…
Certamente ci sono servizi di base, a partire da quelli sociali a sostegno delle categorie più deboli, che non si possono ne devono toccare. Altre aliquote invece andranno alzate per forza, a partire dall’Imu. Inutile fare demagogia. Poi c’è il tema dell’evasione, intesa come mancati pagamenti di multe, Tarsu, bollette del gas. Lascerei perdere Equitalia, che ha mostrato tutti i suoi limiti: ma lì il Comune, non se attraverso Al.Tri o con altri strumenti, deve intervenire con decisione, e in maniera diretta. Sulle partecipate, vanno fatte scelte politiche: è ben difficile, ad esempio, che il trasporto pubblico possa andare in attivo. Ma ha senso dimetterlo, o si può privatizzarlo, o magari cercare soci pubblici più grandi, e possibilmente efficienti? Il gas può essere venduto per fare cassa? D’accordo, in un colpo secco si risolverebbero diversi problemi: ma venduto l’ultimo gioiello di famiglia che ci resterebbe? Sono contrario.

Locci, lei parla spesso di democrazia partecipativa, e l’ha anche studiata. Ma concretamente come è applicabile?
Il consiglio comunale è stato ridotto da 40 a 32 membri, le circoscrizioni sono state cancellate, e le delegazioni territoriali, se anche saranno istituite, non bastano assolutamente: e sono al più un orecchio sul territorio. Io guardo con apertura e speranza al fatto che la delega alla Partecipazione sia in mano all’assessore Giorgio Barberis, con il quale in passato, al di là delle differenze appartenenze politiche, ci siamo trovati su questi temi in buona sintonia. E sono interessato ad un confronto approfondito con i consiglieri del Movimento 5 Stelle, che su questo tema mi sembrano sensibili e motivati. Ho studiato metodi ed esperienze di partecipazione del modello anglosassone e del nord Europa, ma anche in Italia non manca qualche esempio significativo a cui ispirarsi. Si tratta di volerlo davvero, e di attivare in consiglio un gruppo di persone, anche trasversali rispetto ai partiti, interessati a provarci davvero. Il principio base è che i cittadini devono poter dire la loro, fare proposte, intervenire. Naturalmente con regole codificate, altrimenti sarebbe il caos. Però deve finire l’epoca della delega “in bianco”, con voto espresso ogni cinque anni e poi totale autonomia dei politici nella gestione della macchina pubblica, soprattutto locale. Diamo agli alessandrini gli strumenti per esserci davvero, e fare ascoltare la loro voce.

Sia sincero: Alessandria, e l’Italia, secondo lei quante speranze hanno di uscire davvero dal tunnel in cui sono precipitate?
Dipende da noi tutti, da quanto ci crediamo e abbiamo voglia di cambiare davvero le cose, e il metodo. Il rinnovamento che io invoco da tempo, e non solo su scala alessandrina ma nazionale, è quello del merito, e del consenso. Sono queste le due parole chiave, per ricostruire da zero un rapporto tra cittadini e politica, oggi gravemente compromesso. Ma non sono pessimista: c’è un’Italia di persone perbene, da cui possiamo e dobbiamo ripartire.

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