I maya e l’ennesima cronaca di una fine annunciata
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I maya e l’ennesima cronaca di una fine annunciata

L’apocalisse nella religione e nella cultura popolare: si conclude con Guala e Volante il ciclo di incontri organizzati dal Gruppo Astrofili e dall’Acsal

L’apocalisse nella religione e nella cultura popolare: si conclude con Guala e Volante il ciclo di incontri organizzati dal Gruppo Astrofili e dall’Acsal

Chi non ha sentito parlare negli scorsi mesi della famosa profezia dei Maya sull’imminente fine del mondo? Da qui si è partiti per parlare, per una volta in maniera razionale e completa, di apocalisse nella religione e nella cultura popolare. Si è chiuso così all’Acsal, giovedì scorso 24 maggio, il ciclo di incontri organizzati in collaborazione con il Gruppo Astrofili “Galileo Galilei” di Alessandria. Relatori della serata Giorgio Guala, sacerdote, formatore e docente universitario, nonché presidente dell’Acsal, e Massimo Volante, metereologo previsore presso l’Enav (Ente Nazionale Assistenza al Volo) di Milano-Linate e presidente del Gruppo Astrofili.
E’ toccato a Giorgio Guala definire la fitta rete di significati esistente fra l’apocalisse e la sfera spirituale. Tale rapporto infatti sfiora alcuni tra i temi più importanti e allo stesso tempo ancora aperti del pensiero occidentale. Partendo dall’imprescindibile tentativo di capire cosa sia la religione e come sono nate e si sono diffuse quelle storicamente più degne di nota, Guala ha poi affrontato l’annosa questione del tempo, della sua esistenza o meno, della sua modalità di sviluppo (circolare, lineare). Solo giunti a questo punto è possibile introdurre il discorso sulla fine del tempo e sulle cose ultime, l’escatologia. Tuttavia, conclude Guala, di fronte ad una teologia cristiana che nulla ha da dire sulla fine, l’apocalisse non può che diventare un termine polivalente e polisemico, quella rivelazione (come suggerisce l’etimologia greca della parola) che non si concede ad alcun tipo di profeta, antico o moderno.
La cultura popolare, ha invece spiegato Volante, è tutto ciò che passa attraverso i mass media: giornali, radio, televisione, cinema e non ultimo internet. Anche la profezia dei Maya su un’ipotetica fine del mondo il prossimo 21 dicembre è diventata un vero e proprio fenomeno di massa, che ha avuto diffusione ed amplificazione su ogni tipo di mezzo. Basti pensare che, secondo il motore di ricerca Google, sono ben 120 milioni i siti che parlano di questo argomento. Il vero problema tuttavia è la tendenza alla semplificazione e al sensazionalismo. La pseudo scienza televisiva e non solo si è ampiamente appropriata di questo tema e ci ha spesso speculato sopra. Per non parlare dei messaggi e delle informazioni distorte che passano attraverso i cosiddetti film apocalittici, spesso veri e propri polpettoni cinematografici che mischiano sorprendenti effetti speciali e stereotipi narrativi. La febbre apocalittica è connessa anche a una vena millenaristica molto forte e radicata, soprattutto nei Paesi anglosassoni e negli Usa, dove addirittura può influenzare le elezioni politiche.
Perché dunque crediamo o comunque ci facciamo coinvolgere da queste profezie, di cui puntualmente viene dimostrata l’inconsistenza? Vi sono diverse teorie a riguardo: può essere perché l’attesa di qualcosa che deve venire, di un rinnovamento, è consolatoria e dà speranza, oppure perché tali credenze vengono usate come tattiche di distrazione della gente da altri problemi. Le neuroscienze invece sembrano spiegare che dietro la prefigurazione di eventi negativi (e dunque l’azione sulla base di essi) ci starebbe il nostro successo evolutivo. Insomma, essere scettici sembra proprio che non dia molte garanzie di sopravvivenza.  
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