“Più ironia che rabbia: ecco come fu il ’77 alessandrino”
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“Più ironia che rabbia: ecco come fu il ’77 alessandrino”

Il Movimento dei ragazzi di 35 anni fa con i suoi libri, ciclostili, giornali e manifesti torna a vivere grazie alla mostra “Finalmente il cielo è caduto sulla terra!”, fino al 27 maggio al Laboratorio Perla Nera. Sogni, lotte e amarcord di una generazione che ebbe una grande nemica: l’eroina

Il Movimento dei ragazzi di 35 anni fa con i suoi libri, ciclostili, giornali e manifesti torna a vivere grazie alla mostra ?Finalmente il cielo è caduto sulla terra!?, fino al 27 maggio al Laboratorio Perla Nera. Sogni, lotte e amarcord di una generazione che ebbe una grande nemica: l?eroina

C’è molta più ironia (ed autoironia) che voglia di autocelebrazione, nella bella mostra “Il Movimento del ’77: finalmente il cielo è caduto sulla terra!”, che potete visitare fino al 27 maggio al Laboratorio Perla Nera di Alessandria, in fondo al piazzale Tiziano, a fianco della stazione Fs. Sono le 9 di sera quando arriviamo, e nel cortile della struttura ci sono gruppetti di amici e amiche, per lo più cinquantenni, che bevono e chiacchierano e fumano, in un clima di evidente rimpatriata, con più allegria che malinconia, almeno agli occhi del cronista. Luigi Cellerino è uno dei quattro “vecchi ragazzi” alessandrini (gli altri sono Cesare Manganelli, Salvatore Corvaio, e Gianni Porcelli) a cui si deve il merito dell’esposizione di manifesti, ciclostili, libri e altri documenti di quell’anno che spesso viene evocato come drammatico, o “di piombo”, e che invece i testimoni diretti ricordano soprattutto per l’entusiasmo, la vitalità, la creatività e l’amicizia. “Sai – sorride Cellerino con la sua aria da libraio un po’ filosofo –, non è che la violenza non ci fosse, ma soprattutto qui da noi è stata marginale: ci siamo presi qualche legnata dal servizio d’ordine del Pci, e ricordo che una volta, ad una manifestazione, ad un giovane e forse inesperto poliziotto cadde a terra la pistola: ma uno dei nostri amici della Digos, un brav’uomo in realtà, fu il più lesto di tutti a metterci un piede sopra, e ad invitare tutti alla calma. Tutto finì lì”.

Occupazioni però, e manifestazioni cittadine, ce ne furono diverse, ben testimoniate dai ciclostili appesi in bacheca al pianterreno della mostra: “non li firmavamo individualmente, ma ce c’è uno che ho riconosciuto come scritto da me, sul rifiuto della musica come merce”, sorride Cellerino, mentre un altro visitatore ci fa notare come i titoli dei giornali appesi al muro del corridoio (da Lotta Continua a Rosso o Senza Tregua, “Il Manifesto invece non se lo leggeva nessuno: piuttosto La Repubblica degli albori”) potrebbero andare bene per descrivere la situazione dell’Italia di oggi. Ma chi erano i ragazzi del Movimento del ‘77 alessandrino?
“Eravamo 50 o 60 ragazzi e ragazze, di Alessandria ma anche di altre parti della provincia, tutti giovanissimi: avevamo dai 16 ai 22-23 anni. In comune avevamo il fatto di esserci rotti di aspettare la rivoluzione: volevamo farla, viverla qui e ora. E la intendevamo soprattutto come rivoluzione dei comportamenti, degli schemi del nostro vivere quotidiano. Considera che all’epoca c’era un tale senso del collettivo, della partecipazione, che se volevi trascorrere una giornata o una serata da solo ti dovevi proprio organizzare bene…”. I rapporti con i partiti dell’epoca erano inesistenti, mentre nel gruppo c’era chi (come Cesare Manganelli, o Federico Amandola) arrivava da Lotta Continua, mentre altri, come lo stesso Cellerino, era più vicino all’Autonomia, “che poi era una galassia molto spontanea, dentro cui c’era di tutto”. Ma c’era un luogo fisico di aggregazione, manifestazioni a parte? “Più d’uno – spiega Cellerino -. Naturalmente le case private, e le piazze. Ma soprattutto la vecchia sede alessandrina di Lotta Continua, in via Pontida, al primo piano di un palazzo dove ora, al pianterreno, c’è un negozio di stoffe. Lotta Continua, come gruppo organizzato, fu sciolto a livello nazionale nel 1976, ma le sedi sul territorio continuarono a restare aperte fino almeno al 1978, e noi quella alessandrina la utilizzavamo spesso”. Poi c’era Radio Veronica, una sorta di Radio Alice su scala locale, per chi conosce un poco la storia del Movimento del ’77.

“La sede della radio era in via Dante, sopra ad un bar – prosegue Cellerino – e poi si trasferì in via Alessandro III, prima in una casa privata e poi in uno scantinato”. Trasmissioni sempre in diretta, palinsesto improvvisato: chi arrivava poteva prendere il microfono, e parlare. Soprattutto di notte. E il segnale non era così debole: ricordo che ci fu in quell’anno un’alluvione a Serravalle, e scoprimmo che ci ascoltavano fin là”.
Ci sono due date simbolo, che rappresentano un po’ l’inizio e la fine del Movimento alessandrino del 1977, e sono l’occupazione di Villa Guerci (dicembre 1976) e l’occupazione della ex scuola Vochieri di via Pontida (nel 1977, autunno avanzato). Due tappe che la mostra ricorda con documentazione d’epoca: “Villa Guerci era abbandonata, mentre la famiglia l’aveva donata al Comune perché fosse destinata a finalità sociali. In realtà fummo sgomberati in poche ore, e molti di noi denunciati: ma non ci fu nessun arresto. Il sindaco all’epoca era Felice Borgoglio”. Ispiratore, per inciso, anche di una lista civica targata elezioni 2012, all’insegna del rinnovamento della politica.
Davvero apprezzabile, all’interno della mostra, la sezione libri, come quella dedicata ai fumetti, e alle riviste. “Considera – spiega Cellerino – che un nuovo tipo di linguaggio, e un utilizzo innovativo della grafica, come della satira, nasce allora: noi passavamo di continuo dalle letture impegnate, all’apparente disimpegno, che poi era un modo di contestare la retorica del tempo”.
E l’eclettismo era anche la chiave di lettura dei gusti musicali: si spaziava dai cantautori del Movimento (come Claudio Lolli e Gianfranco Manfredi) al più “anziano” Guccini, ma nella top ten delle preferenze c’erano anche i Rolling Stones o Jim Morrison. Intramontabili, del resto. “Facciamo invece un po’ di chiarezza sul discorso violenza e lotta armata – precisa Cellerino -: Alessandria, da questo punto di vista, era zona tranquilla, forse anche perché scelta dalle Brigate Rosse come area logistica in cui trovare rifugio, più che terreno di azioni. Un paio di alessandrini furono negli anni Settanta coinvolti nella lotta armata, ma a Torino e a Napoli, non qui. Invece, se ripenso ai volti e ai nomi di compagni e compagnie di quel bel gruppo del ’77, non posso fare a meno di pensare che circa un terzo di loro, negli anni immediatamente successivi, è stato portato via dall’eroina. E’ stata quella, allo spegnersi dell’entusiasmo e certo anche delle illusioni del Movimento, la vera avversaria con cui abbiamo dovuto fare i conti”. Colpisce poi che tra i ragazzi dell’epoca, pur così sensibili a tematiche politiche e sociali, nessuno o quasi abbia poi avuto ruoli pubblici, tranne forse Daniele Borioli, poi esponente di rilievo del centro sinistra, “che però era a Torino, e non qui con noi”, precisa Cesare Manganelli. “In realtà – conclude proprio Manganelli – a pensarci non è per niente strano che, da lì in poi, ci siamo allontanati dalla politica attiva. Dopo aver dissacrato tutto, e aver contestato la retorica e le menate del sistema, sarebbe stato ridicolo il contrario, ossia vederci impegnati in riunioni di partito, riti di mediazione politica o quant’altro”.

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