“Precaria… Ma non mi arrendo”
L'educatrice precaria: "Il primo maggio, come la storia ci ricorda, serve ai dipendenti di tutto il mondo a provare ai loro capi, padroni, dirigenti, che son tutti concordi nel voler rivendicare i propri diritti di lavoratore. A far capire che non si è solo delle pedine, dei numeri."
L'educatrice precaria: "Il primo maggio, come la storia ci ricorda, serve ai dipendenti di tutto il mondo a provare ai loro capi, padroni, dirigenti, che son tutti concordi nel voler rivendicare i propri diritti di lavoratore. A far capire che non si è solo delle pedine, dei numeri."
Com’é la tua condizione lavorativa? Come vivi il tuo lavoro e come sei arrivato a farlo? Ti appassiona? Ti consente di mantenerti da solo o vivi ancora in casa con i tuoi genitori?
Sono un’educatrice di prima infanzia, ho 24 anni, tra pochi mesi 25 e lavoro da 4.. o quasi. Sono precaria. Ho iniziato a lavorare nei nidi comunali nell’anno scolastico 2008/09 tramite l’ufficio di collocamento. Nel luglio/agosto del 2009 ho partecipato al mio primo concorso e sono arrivata ventunesima. Quell’anno però hanno lavorato solo 20 delle 35 educatrici che hanno passato il concorso. Ho lavorato solo per una supplenza di due mesi. Ho aspettato e sperato. Non volevo arrendermi. Non volevo cambiare strada. Perché fare l’educatrice non è un lavoro che ti capita. Io ho scelto di essere un’educatrice. Ogni giorno mi sveglio e sono felice di andare a lavorare.
Ovviamente quell’anno mi sono un po’ arrangiata come capitava ma non ho perso la speranza. Per mia fortuna l’anno dopo ho ricevuto la fatidica chiamata dal comune per una supplenza di un anno. E l’anno dopo ancora. Perciò a ottobre 2011 io e il mio ragazzo abbiamo deciso di andare a convivere in una casa in affitto. Ma con la paura. La paura che nel giro di 10 mesi io avrei perso il lavoro. Perché a luglio di quest’anno scade il contratto e scade anche la graduatoria del concorso. E così come allora vivo nella preoccupazione. La totale incertezza. A volte penso che abbiamo fatto il passo più lungo della gamba. Però poi mi rendo anche conto che con l’attuale situazione italiana avremmo rischiato di vivere con i nostri genitori ancora per molti anni. Perché il posto fisso ormai è un’utopia. E quindi bisogna per forza andare avanti con la propria vita indipendentemente dal lavoro. Ma non è facile. Non è facile per me come per tutte le mie colleghe. Colleghe che hanno casa e figli.
Con quali aspettative vivi la tua situazione lavorativa? Secondo te oggi il lavoro permette di crearsi un progetto per il futuro? Qual è il tuo?
Da piccola dicevo sempre che a 28 anni avrei avuto il mio primo figlio, un marito, una casa con il giardino e un cane. Un sogno. Mancano 4 anni, teoricamente, ma so che dovrò posticipare di molto. Come faccio a mettere al mondo un figlio se ogni anno è un miracolo che lavori? Come posso trasmettergli la sicurezza che ogni bambino merita? Come posso se sono io la prima a traballare davanti alla mia precarietà lavorativa? Non si può. Molto semplice. Non si possono fare progetti. Non si può accendere un mutuo. Non ci si può sposare. Non si può fare un figlio. Si vive il presente. Non si pensa al futuro.
È snervante.
Perché i miei, come quelli di molti altri, sono sogni apparentemente molto semplici da realizzare.
Cosa ti infastidisce maggiormente della situazione contemporanea? Pensi che abbia ancora un senso festeggiare il primo maggio? Quale?
Ma non mi arrendo, non smetterò mai di combattere per ottenere il futuro che merito. Non smetterò mai di lottare per la professione che amo. Il lavoro che mi rende felice, il lavoro che mi realizza ogni giorno.
Il mio lavoro è ciò che sono.
Noi educatrici precarie non ci arrendiamo.
Il primo maggio, come la storia ci ricorda, serve ai dipendenti di tutto il mondo a provare ai loro capi, padroni, dirigenti, che son tutti concordi nel voler rivendicare i propri diritti di lavoratore. A far capire che non si è solo delle pedine, dei numeri.
Ma poi ci viene detto che il posto fisso è monotono.
E quindi, come si può progettare un futuro se non abbiamo neanche più il diritto alla stabilità?