Barah, il viaggio della speranza
Una bambina palestinese di pochi mesi, idrocefala e cieca dalla nascita, sarà trasferita nei prossimi giorni da Betlemme allospedale Gaslini di Genova grazie allinteressamento dellassociazione alessandrina di volontariato LUlivo e il Libro
Una bambina palestinese di pochi mesi, idrocefala e cieca dalla nascita, sarà trasferita nei prossimi giorni da Betlemme all?ospedale Gaslini di Genova grazie all?interessamento dell?associazione alessandrina di volontariato L?Ulivo e il Libro
L’associazione L’Ulivo e il Libro, al rientro in Italia, ha contattato l’ospedale Gaslini, e nei prossimi giorni la piccola bimba palestinese, accompagnata da due suore, sbarcherà a Genova, e sarà sottoposta a tutti gli esami del caso nella struttura ospedaliera ligure. Ma non mancano altri casi drammatici: ad esempio quello di un bambino di tre anni, sordomuto e gravemente handicappato alle gambe, per il quale si stanno predisponendo scarpe ortopediche che potrebbero permettergli di reggersi in piedi e di non muoversi più soltanto “gattoni”, ossia appoggiandosi sulle mani e trascinando le gambe. Nel frattempo si stanno contattando specialisti per vedere se è possibile operarlo.
“Purtroppo – sottolinea don Walter Fiocchi (nella foto) – sono tutti i bambini palestinesi a vivere e crescere in condizioni drammatiche, e naturalmente per i malati, piccoli o adulti, la situazione diventa particolarmente grave”. I palestinesi (non solo quelli che vivono nella striscia di Gaza, ma un intero popolo) non sono liberi di spostarsi dalle loro città di residenza, che sono completamente isolate, e devono bastare a se stesse dal punto di vista alimentare e sanitario. Gli ospedali sono in sostanza edifici sprovvisti di tutto, in cui si può morire per una banale influenza, perché mancano gli antibiotici. Figuriamoci poi cosa succede in caso di malattie gravi, in un contesto di estrema povertà per tutta la popolazione. “Nel corso del nostro ultimo viaggio – spiega don Walter – eravamo 48 persone, ed è stato davvero un viaggio di persone vive, e non di pietre morte: di fronte a situazioni quotidiane di estrema indigenza ed emergenza abbiamo reagito con una ancora maggiore volontà di impegno, ognuno per quel che può e riesce, a sostegno soprattutto dei bambini e dei ragazzi. Siamo convinti che dare loro l’opportunità di studiare, di leggere, di formarsi una cultura significa essenzialmente aiutarli non solo nell’emergenza quotidiana, ma offrire loro la prospettiva di un futuro più degno, magari per un percorso di studi anche in Occidente. Ben sapendo peraltro che, spesso, per un palestinese istruirsi all’estero significa vedersi negato il diritto al rientro in patria”.