Caso Aristor. Ansaldi: “Saremmo dovuti uscire comunque, ma a mani vuote”
E' la legge che lo dice. Almeno questa è stata la spiegazione "tecnica" data dal ragioniere capo, Paolo Ansaldi, nel corso della commissione Bilancio di ieri, terminata comunque con un nulla di fatto per un vizio di forma nella perizia notarile scoperto dal consigliere della minoranza Paolo Bellotti. E intanto c'è chi la protesta la porta avanti con le catene, come Renato Kovacic
E' la legge che lo dice. Almeno questa è stata la spiegazione "tecnica" data dal ragioniere capo, Paolo Ansaldi, nel corso della commissione Bilancio di ieri, terminata comunque con un nulla di fatto per un vizio di forma nella perizia notarile scoperto dal consigliere della minoranza Paolo Bellotti. E intanto c'è chi la protesta la porta avanti con le catene, come Renato Kovacic
In realtà due sono i freni al provvedimento di privatizzazione di Aristor. Il primo è stato lo “scoop” fatto dal consigliere dell’Italia dei Valori, Paolo Bellotti, che ha fatto notare un “vizio di forma” presente nella documentazione della perizia notarile. “Il rogito del notaio presenta la data del 12 febbraio, mentre la perizia è del 20 febbraio. Come è possibile? – chiede Bellotti – Speriamo sia solo un refuso, che solitamente è proprio dei giornalisti e non dei notai, e che non sia invece dovuto ad una organizzazione in fretta e furia del provvedimento, con possibilità (addirittura) che si siano arrivati a falsificare atti notarili”. “Alquanto bizzarro” era stata definito ieri l’errore del notaio dal ragioniere capo Ansaldi che, tra stupore e imbarazzo, ha dovuto però constatare la necessità di sospendere qualsiasi votazione sul “recesso da Aristor” in programma, fino ad avvenuta correzione dell’atto.
Il secondo sembra più un freno ai dubbi, alle polemiche sollevate a più voci tra i banchi della minoranza. Si tratta di una questione “tecnica” che proprio per questa sua natura è stata illustrata dalla ragioneria. “Noi, come Comune, avremmo comunque dovuto lasciare le nostre quote di Aristor. E’ la legge che ce lo impone” ha esordito Paolo Ansaldi.
Il primo punto a sfavore sembra essere il recesso del Comune di Valenza del proprio 5% di quota, che insieme al 15% del Comune di Alessandria portava il soggetto pubblico al 20%, decretandolo “minoranza qualificata”, ovvero in grado di mantenere una certa incisività e un certo potere di controllo sulla società privata Compass che ne detiene la maggioranza (l’80%). Poi c’è invece l’imposizione della legge: “il decreto legge, tramutato in norma, 78/2010, impone agli Enti locali il divieto di riconoscere risorse sotto forma di aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito […] a favore delle società partecipate che abbiano registrato perdite per tre esercizi consecutivi”. E questo rappresenta proprio il caso Aristor, con bilanci in perdita per l’anno 2009-2010-2011.
Il ragioniere capo conclude quindi spiegando: “il discrimine è quello di poter recuperare una parte di quota di valore, attraverso questa richiesta di ‘recesso di fatto’, che impone al Comune di ripianare le perdite (pari a 438 mila 734 euro), ma allo stesso tempo di non tornare a casa a mani vuote, ma recuperare il valore del nostro 15%, monetizzato secondo i valori di mercato attuali in 25 mila 543 euro”.
“Un piatto di lenticchie” lo ha definito Bellotti, rispetto al valore di questa azienda e del suo servizio per la città. Mentre il consigliere Giorgio Barberis ha parlato di “elemosina”, accusando l’amministrazione di fallimento politico, visto che “saremmo comunque stati cacciati, ora usciamo da un servizio, con tutte le conseguenza sulle famiglie, con l’elemosina di 25 mila euro!?!”. Diego Malagrino dei Moderati sottolinea la preoccupazione di non poter più avere controllo sulla società, sui suoi bilanci, una volta privatizzata, di restare “con le mani legate a guardare”.