Consiglio comunale: la minoranza annuncia “resistenza passiva”
Passano con il voto favorevole dell'aula consiliare gli emendamenti alla bozza di regolamento dello Statuto comunale. Ritira il proprio emendamento il consigliere Bocchio, "per non spaccare la maggioranza". Intanto new entry in Consiglio: Angelo Garavelli prende il posto del dimissionario Mauro Cappelletti
Passano con il voto favorevole dell'aula consiliare gli emendamenti alla bozza di regolamento dello Statuto comunale. Ritira il proprio emendamento il consigliere Bocchio, "per non spaccare la maggioranza". Intanto new entry in Consiglio: Angelo Garavelli prende il posto del dimissionario Mauro Cappelletti
Le“note dolenti”, intese come maggiori difficoltà, come sono state definite dal presidente del Consiglio comunale, Cuttica di Revigliasco, sono arrivate con la discussione (e successiva votazione) degli emendamenti alla nuova bozza di Statuto.
Tre classi di emendamento, rappresentate dai soggetti che le hanno proposte: il consigliere Mario Bocchio, Emanuele Locci e il sindaco Piercarlo Fabbio. Ma tre campi d’azione differenti: la figura del presidente del Consiglio era al centro del dibattito per Bocchio, la definizione della partecipazione, come “democrazia partecipativa” è una parte delle modifiche richieste da Locci, mentre il primo cittadino ha richiesto l’inserimento del cosiddetto “Consiglio della famiglia”.
Se tra i banchi della minoranza l’atteggiamento è ormai quello “passivo”, della non partecipazione ai lavori, come hanno ben spiegato sia il consigliere Giorgio Barberis, parlando di “una comunione d’intenti che ormai non c’è più e che vanifica e forse rende illegittimo il lavoro del Consiglio di prendere decisioni e rivedere uno Statuto comunale”, sia il capogruppo del Partito Democratico Gianni Ivaldi, giustificando la presenza in aula “ora e per i prossimi Consigli, noi ci saremo”, ma senza prendere parte alla discussione e al voto.
Anche tra i banchi della maggioranza, ieri sera, si è creato un po’ di scompiglio dopo la richiesta di modifica del regolamento relativo alla figura del presidente del Consiglio, proposta da Mario Bocchio (nella foto a destra). “Questo emendamento – ha spiegato il consigliere Pdl-An – si riferisce al numero di voti necessario per sfiduciare il presidente del Consiglio (articolo 9, comma 9): chiedo di abrogare l’attuale quorum rappresentato dai “due terzi dei consiglieri assegnati”, con il nuovo quorum rappresentato dalla maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio, per appello nominale”. Secondo il consigliere Bocchio l’attuale regolamento sancirebbe un forte squilibrio tra la modalità per un’ipotetica sfiducia al sindaco e quella al presidente del Consiglio.
Contrari alla proposta molti colleghi di maggioranza, tra cui l’avvocato Aldo Rovito (La Destra) e il capogruppo del Pdl- Forza Italia, Fabrizio Priano che ha dato la spiegazione del “perché no”. “Il quorum mantenuto su due terzi dei consiglieri era stata voluto affinché il presidente del Consiglio non potesse essere sfiduciato da una ristretta maggioranza, ma fosse necessario un allargamento anche ai banchi dell’opposizione per procedere – spiega Priano (nella foto a sinistra) – Tutto ciò a tutela della ‘imparzialità’ del presidente del Consiglio, della sua indipendenza”. Vista la contrarietà di molti, il consigliere Rovito invita a ritirare l’emendamento. “Ritiro il mio emendamento perché non venga poi strumentalizzato e si legga domani sui mezzi d’informazione ‘maggioranza spaccata’ in Consiglio comunale”. Oltre un’ora di botta e risposta che il consigliere Bocchio, alla fine, “ha fatto e disfatto” tutto da solo.
Ben più complicato si è dimostrato il lavoro per l’aula in merito ai 4 emendamenti presentati dal consigliere pidiellino Emanuele Locci (nella foto a destra). Che precisa subito “le mie modifiche non rappresentano una sostituzione di quelle che oggi sono le Circoscrizioni, ma sono soltanto dei nuovi strumenti, “di partecipazione”, che vorrei mettere nelle mani dell’amministrazione comunale”. Al centro di tutto c’è il concetto di “democrazia partecipativa”, che si concretizza nelle funzioni che l’amministrazione deve avere nei confronti della cittadinanza, sottolineando la differenza tra “rappresentanza” e “partecipazione” che non va a mutare però quelli che sono i compiti attribuiti alle nuova “delegazione territoriale” (che sostituisce poi le circoscrizioni, ndr). Qualche problema sulle formulazioni degli emendamenti viene espresso dall’ufficio tecnico, rappresentato dalla dottoressa Legnazzi: allora Locci chiede una breve sospensione della seduta per poter apportare delle modifiche consone.
Soltanto dopo un quarto d’ora, rientrati tutti in aula, si avrà il “si” dell’ufficio tecnico e anche del Consiglio. Quasi tutti i banchi della minoranza sono rimasti vuoti, fatta eccezione per alcuni rappresentanti del Pd (Abonante, Mazzoni, Ivaldi che non partecipano però alla votazione) e per Sestini. La maggioranza presente, trova il sostegno del voto (anche se in alcuni casi di astensione, ma che mantiene in piedi il numero legale) della Lega Nord e dell’unico rappresentante di minoranza, Ezio Sestini di Alessandria Riformista. Passano “al pelo” tutti gli emendamenti di Locci (numero di presenti che si mantiene tra il 22 e il 23). Parere favorevole dell’aula viene dato anche alla richiesta di inserimento del “Consiglio della famiglia” da parte del primo cittadino (nella foto sopra). “Valorizzare, sostenere e tutelare la famiglia, riconoscendone il ruolo sociale quale primario soggetto protagonista dello sviluppo della città”. “Istituire un ‘Consiglio della famiglia della Città di Alessandria’ che si insedia all’inizio di ogni legislatura, restando in carica quanto il Consiglio comunale e che rappresenta un significativo organo di consultazione, proposta e confronto sulle problematiche familiari da parte dell’amministrazione, nonché un vero e proprio centro di partecipazione, aggregazione, analisi, confronto ed elaborazione compartecipata nell’ottica della sussidiarietà”.