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La Signora dei cappelli
Da esponente, debitamente riservata, dellAlta Società locale e non, a icona di un epica del cappello, non meno grande parabola industriale che vitale fenomeno di moda-cultura da ricordare, con gioiosa esuberanza
Da esponente, debitamente riservata, dell?Alta Società locale e non, a icona di un epica del cappello, non meno grande parabola industriale che vitale fenomeno di moda-cultura da ricordare, con gioiosa esuberanza
I cappelli sono quelli, ovviamente, della lunga storia Borsalino e quelli che la Signora Usuelli indossava, con grande disinvoltura, e un po’ anche come si porta una bandiera, nelle occasioni pubbliche, subito notata e ammirata. L’ho vista una sola volta, in privato, a casa sua (casa è discretamente riduttivo rispetto alla magione fiorita e floreale di Via Cavour) allorché , avvalendomi dell’etichetta Unione Industriale – della quale il marito Teresio Usuelli fu a lungo esponente di rilievo – chiesi di presentarle l’amico Guido Barberis che già da tempo si avviava a diventare storico d’elezione della Borsalino e dei rapporti della grande impresa con la “one company town” alessandrina.
E’, però, questa distanza prospettica che mi consente, da cittadino comune, di delineare un simpatico, forse inavvertito, percorso della Signora Usuelli, negli anni che vanno dalla fine della Borsalino d’antan, (beninteso non essendo mai cessata la continuità aziendale col cambio successivo di stabilimento) ai giorni nostri. Da esponente, debitamente riservata, dell’Alta Società locale e non, a icona, affettuosamente popolare, di un epica del cappello, non meno grande parabola industriale che, specie nella visione della Signora, vitale fenomeno di moda-cultura da ricordare/rinfrescare, con gioiosa esuberanza, oltre i limiti delle rievocazioni accademiche. Questa funzione della Signora Usuelli, non è stata mai enunciata, che sappia, in alcun manifesto, era semplicemente spontanea e proprio per questo condivisa dalla cittadinanza che, sotto le larghe tese dei suoi cappelli d’ordinanza, scorgeva i lati umani di una storia che non voleva, non doveva finire.
E’, però, questa distanza prospettica che mi consente, da cittadino comune, di delineare un simpatico, forse inavvertito, percorso della Signora Usuelli, negli anni che vanno dalla fine della Borsalino d’antan, (beninteso non essendo mai cessata la continuità aziendale col cambio successivo di stabilimento) ai giorni nostri. Da esponente, debitamente riservata, dell’Alta Società locale e non, a icona, affettuosamente popolare, di un epica del cappello, non meno grande parabola industriale che, specie nella visione della Signora, vitale fenomeno di moda-cultura da ricordare/rinfrescare, con gioiosa esuberanza, oltre i limiti delle rievocazioni accademiche. Questa funzione della Signora Usuelli, non è stata mai enunciata, che sappia, in alcun manifesto, era semplicemente spontanea e proprio per questo condivisa dalla cittadinanza che, sotto le larghe tese dei suoi cappelli d’ordinanza, scorgeva i lati umani di una storia che non voleva, non doveva finire.