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“Le responsabilità? So solo che le persone a bordo non erano informate”
Il racconto di Patrizia Mensi, scampata dal naufragio della Costa Concordia: "procederemo con la denuncia. Quando vedo le immagini alla televisione, mi rendo conto ancora di più della tragedia che è avvenuta"
Il racconto di Patrizia Mensi, scampata dal naufragio della Costa Concordia: "procederemo con la denuncia. Quando vedo le immagini alla televisione, mi rendo conto ancora di più della tragedia che è avvenuta"
E’ un fiume in piena Patrizia Mensi, scampata insieme al gruppo di Alessandrini dal naufragio della Costa Concordia nella notte di venerdì 13. “Anche la dottoressa ci ha consigliato di parlarne. Certo, vedendo ora quelle immagini della nave rovesciata, ci si rende conto forse ancora di più della tragedia”.
Per Patrizia era la quarta crociera sulla Concordia, la sesta con la Costa. Con lei c’erano anche la madre di 72 anni, gli zii e il cugino con la giovane moglie. “E’ stato mio cugino a rendersi conto per primo di quanto stava accadendo”. E’ dura ripercorrere, ancora una volta, quei momenti con la memoria, la paura di quegli attimi interminabili. “Era appena iniziato lo spettacolo teatrale. Abbiamo sentito un forte boato e mio cugino si è affacciato al ponte del terzo piano. Ha visto chiaramente uno sperone di roccia che ci sbarrava la strada. Così ci ha detto di andare in cabina a prendere il salvagente. Noi avevamo la stanza al primo piano, ma i miei zii erano al settimo. Hanno affrontato le scale a piedi, al buio, senza sapere cosa sarebbe potuto succedere. Così ci siamo persi. Loro erano dalla parte opposta della nave, quella che si è inclinata. Noi, per un errore siamo finiti dall’altra”.
Patrizia non vuole entrare nella polemica delle responsabilità, su cui la magistratura sta cercando di fare luce. “In quegli istanti abbiamo pensato solo ad uscire, ad andare a prendere giacca e salvagente”, ribadisce. Ma su un punto ha pochi dubbi: “Le persone a bordo non erano informate. Il personale era quasi tutto straniero, non parlavano italiano e neppure l’inglese in qualche caso. Il direttore di crociera, Francesco, ha detto al microfono di stare calmi, che si trattava di un guasto tecnico. Ma quando abbiamo sentito i fischi, segnale convenzionale di abbandonare la nave, non c’erano più dubbi”.
La prassi prevede che i passeggeri vengano istruiti sulle procedure di emergenza. Un po’ come accade sugli aerei, quando, poco prima della partenza, l’hostess illustra come comportarsi in caso di pericolo. “Alcuni però erano saliti lo stesso giorno a Civitavecchia e non erano ancora stati informati. Sui ponti in attesa di salire a bordo delle scialuppe c’erano bambini che piangevano, donne incinta. Insomma, il panico. Un ragazzo asiatico che faceva parte del personale non riusciva a fare partire la scialuppa. E’ intervenuto un ragazzo della Costa che si è buttato in acqua. Chissà come staranno, ora, quelle donne e quei bambini, sbattuti di qua e di là”, continua con la voce che tradisce ancora tutta l’angoscia.
Poi l’arrivo all’Isola e i soccorsi da parte della macchina organizzativa che nel frattempo si era messa in moto. Pericolo scampato.
Ormai quella maledetta sera è solo un ricordo. Ma sicuramente resterà un incubo, per Patrizia e la sua famiglia, impresso nella mente ancora per lungo tempo. “Per ora siamo ancora a ‘botta calda’, stiamo bene, ma non so come reagiremo in seguito. Mia zia ora ha paura a stare sola in casa e mio zio si lascia prendere dall’emozione ogni volta che parla”.
Intanto, c’è l’intenzione di sporgere denuncia per gli oggetti smarriti che sono rimasti in cabina: “carte di credito, borse, macchina fotografica, insomma tutto quello che ci eravamo portati dietro per una vacanza di quel genere. Vedremo poi se procedere con le associazioni dei consumatori per risarcimenti e cose del genere. Arrivati all’Isola del Giglio c’erano già dei biglietti di visita che giravano. Anche dalla Costa ci hanno contattati assicurando la loro disponibilità”. Magra consolazione.
Per Patrizia era la quarta crociera sulla Concordia, la sesta con la Costa. Con lei c’erano anche la madre di 72 anni, gli zii e il cugino con la giovane moglie. “E’ stato mio cugino a rendersi conto per primo di quanto stava accadendo”. E’ dura ripercorrere, ancora una volta, quei momenti con la memoria, la paura di quegli attimi interminabili. “Era appena iniziato lo spettacolo teatrale. Abbiamo sentito un forte boato e mio cugino si è affacciato al ponte del terzo piano. Ha visto chiaramente uno sperone di roccia che ci sbarrava la strada. Così ci ha detto di andare in cabina a prendere il salvagente. Noi avevamo la stanza al primo piano, ma i miei zii erano al settimo. Hanno affrontato le scale a piedi, al buio, senza sapere cosa sarebbe potuto succedere. Così ci siamo persi. Loro erano dalla parte opposta della nave, quella che si è inclinata. Noi, per un errore siamo finiti dall’altra”.
Patrizia non vuole entrare nella polemica delle responsabilità, su cui la magistratura sta cercando di fare luce. “In quegli istanti abbiamo pensato solo ad uscire, ad andare a prendere giacca e salvagente”, ribadisce. Ma su un punto ha pochi dubbi: “Le persone a bordo non erano informate. Il personale era quasi tutto straniero, non parlavano italiano e neppure l’inglese in qualche caso. Il direttore di crociera, Francesco, ha detto al microfono di stare calmi, che si trattava di un guasto tecnico. Ma quando abbiamo sentito i fischi, segnale convenzionale di abbandonare la nave, non c’erano più dubbi”.
La prassi prevede che i passeggeri vengano istruiti sulle procedure di emergenza. Un po’ come accade sugli aerei, quando, poco prima della partenza, l’hostess illustra come comportarsi in caso di pericolo. “Alcuni però erano saliti lo stesso giorno a Civitavecchia e non erano ancora stati informati. Sui ponti in attesa di salire a bordo delle scialuppe c’erano bambini che piangevano, donne incinta. Insomma, il panico. Un ragazzo asiatico che faceva parte del personale non riusciva a fare partire la scialuppa. E’ intervenuto un ragazzo della Costa che si è buttato in acqua. Chissà come staranno, ora, quelle donne e quei bambini, sbattuti di qua e di là”, continua con la voce che tradisce ancora tutta l’angoscia.
Poi l’arrivo all’Isola e i soccorsi da parte della macchina organizzativa che nel frattempo si era messa in moto. Pericolo scampato.
Ormai quella maledetta sera è solo un ricordo. Ma sicuramente resterà un incubo, per Patrizia e la sua famiglia, impresso nella mente ancora per lungo tempo. “Per ora siamo ancora a ‘botta calda’, stiamo bene, ma non so come reagiremo in seguito. Mia zia ora ha paura a stare sola in casa e mio zio si lascia prendere dall’emozione ogni volta che parla”.
Intanto, c’è l’intenzione di sporgere denuncia per gli oggetti smarriti che sono rimasti in cabina: “carte di credito, borse, macchina fotografica, insomma tutto quello che ci eravamo portati dietro per una vacanza di quel genere. Vedremo poi se procedere con le associazioni dei consumatori per risarcimenti e cose del genere. Arrivati all’Isola del Giglio c’erano già dei biglietti di visita che giravano. Anche dalla Costa ci hanno contattati assicurando la loro disponibilità”. Magra consolazione.