Le tante voci dell’integrazione
Proponiamo alcuni degli interventi dei tanti partecipanti all'iniziativa a sostegno della campagna per il concessione del diritto di voto amministrativo ai cittadini stranieri e per la concessione della cittadinanza ai bambini nati sul suolo italiano
Proponiamo alcuni degli interventi dei tanti partecipanti all'iniziativa a sostegno della campagna per il concessione del diritto di voto amministrativo ai cittadini stranieri e per la concessione della cittadinanza ai bambini nati sul suolo italiano
Mi chiamo Ruan Liangwel, ho 27 anni e sono in Italia da 18 . Qui sono cresciuto, ho studiato, lavoro da 10 anni nella ristorazione. Qui mi sono sposato in Italia con una donna della mia nazionalità e ho avuto tre figli.
A noi Cinesi la cittadinanza italiana non può interessare perché se la prendiamo, perdiamo quella cinese, non abbiamo diritto alla doppia nazionalità.
Io ho tre figli piccoli e penso ad un loro futuro eventuale in Cina, dove ci sono più garanzie, c’è uno sviluppo economico che oggi è senz’altro superiore a quello dell’Italia.
L’omicidio dei nostri connazionali a Roma (un papà e la sua bambina di 9 mesi trucidati) mi addolora molto, come mi ha addolorato l’uccisione dei due senegalesi a Firenze. Quello che succede mi fa capire che per noi qui c’è poca sicurezza. Vi devo lasciare perché mi aspetta il lavoro al ristorante. Buona serata a tutti.
RACHIDA ( Marocco)
Buona sera a tutti, mi chiamo Rachida, ho 22 anni e lavoro con la Comunità San Benedetto come facilitatrice linguistica e insegnante di italiano agli stranieri. Sono arrivata In Italia nel 1998, ho fatto tutti i miei studi qui prendendo il diploma e l’abilitazione di odontotecnico. A scuola non ho mai subito discriminazioni, invece nella mia ricerca di lavoro ho avuto qualche difficoltà. Ho lasciato il mio curriculum in uno studio dentistico e il giorno dopo sono stata chiamata per il colloquio.
Ero contentissima, però la mia felicità è durata poco perché il titolare mi accettava solo a condizione che togliessi il velo e io ovviamente non ho accettato. Questo fatto mi ha demoralizzata perché pensavo di essere valutata per le mie capacità professionali e non per un pregiudizio sulle mie scelte religiose. Non mi sono arresa, ho continuato la mia ricerca e sono riuscita a trovare lavoro in un altro studio dentistico.
Ho anche un bellissimo bambino di quasi tre mesi di cui sono molto fiera, per lui mi auguro che possa vivere la sua vita qui come una persona libera di appartenere al luogo in cui cresce, come un cittadino italiano.
DANIELA VRAPI ( Albania)
Ho 27 anni e, dopo 13 anni di permanenza in Italia dall’Albania, mi trovo in una situazione molto ingiusta, che doveva essere stata risolta già tempo fa. Ho studiato qui e ho due lauree, in economia e finanza e in finanza aziendale. Ho lavorato in un’azienda per nove mesi per una cifra ridicola, dopodichè mi sono licenziata. Mi sono trasferita a Torino, ora lavoro per una multinazionale in ambito finanziario e mi è stato detto che non mi verrà fatto il contratto se non ho il permesso di soggiorno rinnovato. E non mi viene rinnovato il permesso di soggiorno se non ho un contratto di lavoro…
Mi sento demoralizzata, non riconosciuta, ho fatto tanti sforzi e sacrifici lavorando e studiando contemporaneamente, ora mi si dice che sono una ragazza intelligente, che è un peccato escludermi dal lavoro! Sento che la mia dignità di persona pensante è calpestata!
FOUZIA ( Marocco)
Sono Fouzia, ho 26 anni e faccio l’infermiera. Ho fatto tre mesi di tirocinio in ospedale e ora lavoro in una casa di riposo. In ospedale ho visto delle differenze di trattamento tra pazienti italiani e stranieri, veramente ingiuste e umilianti. Non sempre questo succedeva ma non dovrebbe succedere mai.
Alla Casa di riposo alcuni ospiti vedendomi con il velo bianco, abbinato alla divisa bianca, mi chiamano sorella o madre, mi chiedono di pregare per loro perché la mia preghiera viene ascoltata di più. A seconda della situazione dell’ospite, spiego oppure no perché porto il velo come simbolo religioso.
Ho chiesto la Cittadinanza da due anni e mi dicono che è ancora presto per averla. Lavoro, pago le tasse e desidero esprimere il mio pensiero politico anche con il voto.
MAYRA ( Ecuador)
Buona Sera, sono Mayra, sono una mediatrice culturale e tra non molto mi laureerò in Scienze Pedagogiche dell’Educazione. Sono arriva dall’Ecuador nel 1998 e ho frequentato in Italia dalla quarta elementare in poi.. La difficoltà più grande è stata accettare di rifare quarta e quinta elementare perdendo cosi quasi due anni e mezzo di studi perché mi fosse riconosciuto il mio percorso formativo. Ho frequentato le superiori con molto disincanto poichè ero a conoscenza del fatto che, senza cittadinanza a 18 anni, non potevo ambire a nessun tipo di carriera speciale Avrei desiderato diventare poliziotto o poter fare un percorso di tipo militare, ma non potevo. Ho dovuto perciò scegliere un‘altra delle mie passioni: il percorso della formazione, anche qui trovando molte difficoltà poiché molti lavori in comunità erano riservata ai soli aventi cittadinanza italiana. Compiuti i 10 anni e un giorno di permanenza in Italia ho fatto domanda per averla, ho dovuto aspettare 13 anni e finalmente qualche settimana fa è arrivata. Non ci potevo credere, l’ho per cosi tanto aspettata e desiderata che ora che sto per finire l’università, mi chiedo che cosa sarebbe successo se avessi potuta averla 4 anni prima.
MINA ERRAHALI ( Marocco)
Buona sera, sono Mina Errahali, ho 26 anni e sto facendo il dottorato di chimica all’Università diAlessandria. Durante il percorso dei miei studi sono sempre stata giudicata in base a quello che facevo e non in base alle mie origini marocchine. Vivendo qui in Italia non mi sono sentita trattare in modo diverso dagli altri.
L’unica difficoltà che trovo qui è ottenere il permesso di soggiorno. Non mi sembra corretto che una persona che ha vissuto qui da più di 14 anni, che ha studiato, che ha ottenuto un diploma e una laurea e che ha un nucleo famigliare in Italia continui ad avere un permesso di soggiorno di solo un anno. Siamo giovani, viviamo in Italia, con un bagaglio culturale “anche” italiano. Abbiamo diritto ad essere considerati cittadini italiani, ad avere meno difficoltà ad ottenere la cittadinanza ed infine a poter votare .
ENI TEPSHI ( Albania)
Buona sera, mi chiamo Eni Tepshi, ho 21 anni, sono nata in Albania a Durazzo e sono arrivata in Italia a 7 anni. A scuola inizialmente, mi trovavo in grossa difficoltà con i miei compagni perché non capivo
Adesso faccio infermieristica, vorrei tanto poter lavorare in ospedale ma non posso perché non ho ancora la Cittadinanza. Ho i requisiti per ottenerla, ho fatto la richiesta ma i tempi sono troppo lunghi (mia mamma l’ha richiesta da più di 4 anni e ancora non ce l’ha).
Desidero molto poter andare a votare per una città a misura di tutti i cittadini, italiani e stranieri, democratica, più vivibile. Ho fatto teatro alle Superiori e mi sono appassionata, desidero anche che ad Alessandria venga riaperto il teatro.
SARA ( Marocco)
Sono nata in Italia e ho la cittadinanza italiana. Il giorno in cui mi sono sentita davvero italiana è stato quando un pomeriggio ha suonato al mio campanello un vigile per consegnarmi la richiesta di fare la scrutatrice alle elezioni provinciali, mentre quello in cui mi sono sentita ancora straniera è stato quando nel ristorante in cui ho lavorato sono entrati alcuni clienti mentre ero in sala a mettere a posto (persone che conosco bene visto che il paese dove abito non è tanto grande)
RIDUANE ( Marocco)
Mi chiamo Riduane, ho 18 anni e sono di origine marocchina. Sono venuto qui in Italia quando avevo un anno e mezzo, a quell’età non sai ancora niente, non sai cos’è il Marocco né cos’è l’Italia.
Ho iniziato a frequentare l’asilo, le elementari, le medie e adesso sto frequentando il terzo ed ultimo anno delle superiori. Sto iniziando a pensare al mio futuro: dove sarà? Ovviamente sta a Dio deciderlo, ma comunque nella mia testa ho l’idea che sarò qui in Italia Perché parlo italiano, ho la mentalità di un ragazzo italiano, conosco le tradizioni italiane, perché per noi ragazzi stranieri nati qui o venuti da bambini, ormai il nostro futuro è qui, perché siamo anche costretti a stare qui.
Faccio un esempio: se un giorno volessi tornare in Marocco non saprei parlare bene la mia lingua, non conoscerei quasi nessuno, in poche parole sarei uno straniero. Vorrei quindi avere diritto alla cittadinanza e al voto e basta, non chiedo altro.
ROSMINA RAITERI
…Il nostro campione di giovani stranieri non ha voluto né potuto essere rappresentativo: mancano i giovani con le maggiori difficoltà, quelli che non se la sono sentita di intervenire pubblicamente, quelli che lavorano e quelli che non sono motivati a farlo (come succede anche tra i ragazzi italiani).
Ma le loro testimonianze ci confermano i risultati di importanti ricerche (v. D.Cologna, Dossier Caritas): da parte dei giovani stranieri l’impegno, il desiderio e l’ansia di farsi strada nella vita e di integrarsi nella società sono veramente “divoranti” e decisamente superiori a quelli dei ragazzi italiani. Sono definiti (non da tutti) la “meglio gioventù” di tutto il mondo che viene spontaneamente selezionata e forgiata dalle fatiche della migrazione.
E’ proprio la loro condizione di figli di immigrati a renderli preziosi perché essere figli di immigrati significa non dare mai nulla per scontato, faticare molto per ogni piccola conquista. Anche molti italiani lavorano bene e alacremente, ma mai come molti immigrati che possono non fare vacanze per anni, per anni non tornare, che lavorano anche di sabato e domenica e crescono i loro figli nella perfetta comprensione di quanto nulla venga regalato, e questo non succede in una famiglia italiana di classe media.
Certo, i giovani italiani non sono in una condizione molto migliore di quella degli stranieri: solo una percentuale ridotta di loro gode dell’istruzione superiore e riesce a laurearsi. Chi riesce a farlo, procede poi anche benissimo negli studi, ma non nel lavoro.
Ma i nostri giovani di origine immigrata hanno in più il problema di essere di origine immigrata, il che significa che sono privi di cittadinanza non solo dal punto di vista giuridico, ma anche in senso simbolico-culturale-politico, con tutto quel che ne consegue, come abbiamo già in parte ascoltato e come avremo modo di approfondire con le relazioni che seguiranno.
“Se messi in grado di far fruttare i loro talenti, se messi nella condizione di giocarsela alla pari con i loro coetanei italiani, o almeno di non essere troppo sfavoriti rispetto a loro, realizzeranno brillanti percorsi di mobilità sociale ascendente, dando una spinta poderosa all’Italia di domani. Al di là di ogni retorica, possono essere veramente una risorsa immensa per l’Italia”.