Nuovo statuto comunale: si delinea il futuro delle “ex Circoscrizioni”
Tra le numerose regole che compongono il nuovo statuto comunale ci sono quelle in merito al futuro delle attuali Circoscrizioni comunali che, per legge, saranno "cancellate" a partire dal prossimo mandato amministrativo. Cosa diventeranno?Se ne è discusso in commissione Sub-tecnica e Affari istituzionali
Tra le numerose regole che compongono il nuovo statuto comunale ci sono quelle in merito al futuro delle attuali Circoscrizioni comunali che, per legge, saranno "cancellate" a partire dal prossimo mandato amministrativo. Cosa diventeranno?Se ne è discusso in commissione Sub-tecnica e Affari istituzionali
Niente più figure politiche a capo delle Circoscrizioni, ma una “delegazione” formata da soggetti appartenenti a liste che saranno elette dal Consiglio comunale. Una soluzione trovata per mantenere in vita il “patrimonio” che in questi anni i presidenti di Circoscrizione hanno creato, ma che a livello amministrativo verranno cancellate, per volontà di legge.
Da parecchi mesi la discussione è incentrata sul concetto di “partecipazione” che dovrebbe stare alla base delle nuove “creature” cittadine. Il presidente della Circoscrizione sud, Antonio Tortorici, insieme al consigliere Mario Bocchio avevano presentato una serie di emendamenti per la modifica di alcune parole e concetti che formavano la nuova struttura delle “ex Circoscrizioni”. Delegazione, anziché consulta; eletti dal consiglio i membri delle nuove delegazioni, anziché nominati: tutte queste richieste di modifica sono state approvate dagli uffici comunali competenti, come ha spiegato la dottoressa Legnazzi. Mentre sulla questione delle “funzioni” attribuite alle nuove delegazioni, non c’è stato nulla da fare: “la richiesta collide con la normativa statale che ha abrogato l’esistenza e la funzione che fino ad oggi la circoscrizione svolgeva” ha specificato la Legnazzi. Nessuna “particolare funzione” può essere svolta dai nuovi organismi, che nasceranno dalle ceneri delle Circoscrizioni. Accettata invece la richiesta di mantenere il numero attuale, cioè 5: restano divise il Centro e l’Europista che inizialmente erano state riunite sotto un unico “territorio di riferimento”. “Questa delegazione deve diventare l’organo di lavoro e il trait d’union tra i cittadini e la partecipazione” afferma Tortorici. Mentre il collega Bocchio sottolinea come si debba puntare ad un lavoro differente rispetto a quello che oggi svolgono le consulte “all’acqua di rose”, per evitare di perdere il patrimonio costruito negli anni.
L’unica voce fuori dal coro tra i banchi della maggioranza è quella del consigliere Emanuele Locci: “su questa questione sono in minoranza, ma ci tengo a ribadire come la costruzione, così come è stata fatta, delle nuove delegazioni non può contenere al suo interno la parola e il concetto di partecipazione, che non esiste nella descrizione di queste nuove realtà. La partecipazione è una cosa ben diversa da quella qui descritta, che si può al limite definire solo ‘ascolto dei cittadini’. Io i miei emendamenti li presenterò direttamente in Consiglio comunale”. E’ si, perché la commissione ha espresso il proprio parere, ma il nuovo statuto deve passare comunque al vaglio del Consiglio comunale. “E il prima possibile – interviene Fabrizio Priano – per non rischiare di arrivare alle nuove elezioni di primavera senza statuto. Meglio pochi cambiamenti, rispetto a nulla”.
Sulla decisione dei commissari di minoranza di ritirarsi dalla sub-tecnica (infatti la Scagni non ha votato), oltre alle dimissioni anche di presidenti di opposizioni dalle commissioni interviene il consigliere Mario Bocchio: “perché, se davvero siete coerenti, non si dimette anche il vicepresidente Enrico Mazzoni dalla carica di vicepresidente vicario del Consiglio?”. E fa riferimento, sostenuto dal consigliere Giuseppe Bianchini (Udc), ad una deliberazione della Giunta comunale del novembre 2009 che si occupava di una modifica dello statuto, relativa al periodo di mandato del presidente del Consiglio comunale e dei suoi due vice. Approvata dalla commissione Affari Istituzionali, ma mai arrivata ad essere discussa in aula di Consiglio, la modifica prevedeva di dimezzare il periodo di carica (“pari a metà mandato”) dell’intero ufficio della presidenza del Consiglio. Ora, i due consiglieri si chiedono: “perché non è mai andata in porto questa deliberazione?”.