Il ragno principe
Nel regno delle partecipate, controllate, consorziate la nebbia si dirada. Qualche realtà e qualche personaggio cominciano ad emergere. Uno dei profili più rilevanti è certamente quello di Lorenzo Repetto dellAmag
Nel regno delle partecipate, controllate, consorziate la nebbia si dirada. Qualche realtà e qualche personaggio cominciano ad emergere. Uno dei profili più rilevanti è certamente quello di Lorenzo Repetto dell?Amag
E chi si staglia più di tutti nel panorama alessandrino, anche quando c’è la nebbia fitta, anche quando fai fatica a srotolare la Grande Ragnatela? Nessun altro se non Lorenzo Repetto, 64 anni e una vita che potrebbe essere un romanzo italiano tra anni di piombo e cadute di sistemi economici e politici, dal 2007 presidente e amministratore delegato di Amag, il vero colosso, il forziere delle Partecipate.
Se gli chiedi, alla fine di una lunga chiacchierata, cosa ne pensa di quella Ragnatela, Repetto, che è un pezzo d’uomo e che potremmo chiamare il Principe di questo contado e gli elenchi la cifra sedicente delle società partecipate, trentasei o ventisette, come puntualizza a Alessandranews in viva voce Mara Scagni, l’ex sindaco, o diciassette come ululano i portavoce del regime locale, lui ti risponde con un ruggito o con un gesto della mano. Si salvi chi può oltre alla sua torreggiante Amag. E non se ne salvino più di cinque di Partecipate, che il resto, lasciamo perdere…
«Aral avrà un futuro perché si occuperà delle discariche, Amiu perché dovrà imporre la raccolta differenziata dei rifiuti, Atm dei Trasporti perché dovrà occuparsi di una questione vitale e supertartassata nell’area della logistica da rivoluzionare, ma il resto? Valorial è ko e Sital dov’è, come può sopravvivere», tuona il Principe Repetto, l’uomo dipinto come più potente del sindaco Fabbio, che pure lo scelse quattro anni fa.
Rude, duro, diretto di primo acchito, il Repetto, presunto postdemocristiano e anche tanto leggiadro da regalare quelle famose cento mila rose, una per cittadino, con il fiocco Amag per cui lo hanno bollato come pubblico sperperatore, ha una risposta anche per questo e sibilanti sorrisi sulle accuse vecchie che riguardano il rogo negli archivi del comune di cui era stato a lungo sindaco-padrone, Castelletto d’Orba. Tutto archiviato dalla Procura di Alessandria, basta con le leggende metropolitane e campagnole.
«Ma quelle rose moldave le ho pagate 0,7 euro l’una – ti gela direttamente lui – e sono servite a festeggiare con i cittadini il successo di Amag, un fatturato salito dai 40 mila euro del 2007 ai 3 milioni di euro del 2010, una azienda risanata che è diventata grande e salirà ancora».
Da che pulpito viene la predica di questo Principe delle Partecipate, che attraverso Amag, Alegas, Ream, Alenergy, fornisce servizio idrico integrato, gas naturale, energia elettrica, gestione del calore e produce energia tramite fonti rinnovabile… e non è ancora finita!
Chi è in realtà il manager pubblico che governa questo colosso con 154 dipendenti, tre dirigenti soli, che galoppano al suo comando, un cda oggi ridotto a cinque membri ed emolumenti che, se gli chiedi lumi, sulla cresta di un mare di polemiche, ti risponde secco come una fucilata: «Dimezzati rispetto a quando sono arrivato io».
Compreso il suo emolumento di presidente, segnalato sui 24 mila euro annuali, ma non comprensivo del ruolo di amministratore delegato?
Giù il cappello davanti all’uomo-dirigente Lorenzo Repetto e al suo percorso professionale, di cui lui non vorrebbe parlare, fino a quando è diventato, appunto, il Principe delle Partecipate, svettando sull’Amag.
È uno al quale, nel 1978, quando era niente meno che il capo del personale dell’Italsider a Genova, le Br spararono, colpendolo insieme a un altro dirigente Giuseppe Lamberti. Lamberti lo gambizzarono e a lui strisciarono un braccio con una revolverata. «Una botta di fortuna!», ride ora, ricordando l’agguato della stella a cinque punte, in una epoca nella quale ogni giorno toccava a qualcuno, tra sindacato, dirigenza e partiti in quella Genova della potente colonna Br.
Già poco più che trentenne, Repetto era nell’occhio del ciclone di una fabbrica da 15 mila operai, tra Campi e Cornigliano e il fenomeno terrorismo lo guardava dritto negli occhi anche in molte trattative sindacali. «Assumevo quattromila operai all’anno e ne pensionavo duemila», spiega, ricordando quel periodo finito con l’attentato e poi, economicamente, con il declino dell’impero siderurgico Iri. Era amico di gente fatta fuori delle Br, come il commissario di Ps Antonio Esposito, ucciso su un autobus e che gli dava i consigli per non farsi beccare dai terroristi e aveva l’ufficio dove ora c’è l’Ikea genovese, in mezzo alla Valpolcevera, un’altra Polcevera, un altro mondo rispetto a quello di oggi di Alessandria e dintorni.
Insomma, uno che “nuotava” in mezzo alla classe operaia genovese, dopo avere fatto l’operaio, quella classe dura e pura che non esiste più. E ora che cosa ci fa, trent’anni dopo in mezzo al fuoco delle polemiche sullo strapotere partecipato alessandrino, a capo di un’azienda nella quale il Comune domina, con il 74 per cento e il resto è di una miriade di piccoli comuni che come le mosche gli volano addosso, chiedendo i suoi conti personali e aziendali, (possibile solo 24 mila euro e quei quasi 7 milioni di euro del 2010 di costo complessivo del personale?), o, come il Comune più importante con il suo 4 per cento, quello di Acqui, che gli chiede i dati veri del bilancio con torme di fornitori non pagati e un presunto stato di indebitamento preoccupante?
Repetto alza solo un sopracciglio davanti a queste accuse. Figurarsi! Uno come lui, che spiazzava Romano Prodi fuori tempo sulla necessità di chiudere l’altoforno dell’Oscar Sinigaglia di Genova, mandando in cassa 8 mila operai in una botta sola, come può impressionarsi davanti ai minisoci Amag e ai rumors alessandrini?
«Come ho rilanciato l’azienda? – salta avanti l’ostacolo, sbandierando i suoi risultati di presidente, amministratore delegato, direttore generale, uno e trino – Rompendo l’accerchiamento che Genova e Torino stringevano su Alessandria con patti sociali “assurdi”, firmati nel 2005, quando i genovesi e poi i torinesi si succhiavano 5 o 6 milioni di vantaggi con l’80 per cento dei risultati pattuiti, mentre a Alessandria restava il 20 per cento, o spazzando via le consulenze a pioggia che Amag pagava a destra e manca. Oggi al 90 per cento ci paghiamo tutto noi».
Nessun dubbio, nessun sospetto sulla funzionalità del sistema-Partecipate, sulla Ragnatela dominata da Repetto, anche ex sindaco-record di Castelletto d’Orba, piombato come un falco dagli altoforni genovesi, attraverso qualche sottaciuta amicizia politica a cavallo tra Prima e Seconda Repubblica (Claudio Scajola, l’ex ministro di berlusconi?), attraverso un periodo da assicuratore nel Levante genovese, a cavallo di Alessandria?
«Oggi l’azienda pubblica funziona meglio di altre, i consorzi di Comuni non hanno soldi e la dinamica del progetto aziendale non funziona più. Gli inglesi avevano privatizzato tutto e ora tornano indietro di corsa».
Allora meglio la Ragnatela? Repetto non ha mica dubbi a prendere le distanze e a sottolineare le novità: «Lo sappiamo bene come è il servizio pubblico, come funziona… Prova a chiamare l’Enel al telefono, ti risponde un call center da chissà dove e quindi non va. Ma non vanno neppure una miriade di Partecipate che affollano un territorio come il nostro. Ne bastano cinque di Partecipate! Noi abbiamo vinto contro Iride di Genova-Torino la gare per fornire il gas e da lì ho capito che la battaglia degli ambiti territoriali va giocata con aziende forti e capaci di gestire bene il territorio. In Italia ci sono 127 ambiti per il gas e novanta Provincie. Un pentolone e nessuno ha i soldi per comprare gli ambiti. E allora ecco i nuovi confini di un’azienda come Amag. Ci prendiamo tutto quello che sta nel nostro sottosuolo, gas, acquedotto, fogne, gestiamo e forniamo tutto».
Ne avrebbe tante altre da raccontare Repetto, come l’ultimo lancio quello del turbogeneratore, un sistema per produrre energia su larga scala dall’olio vegetale, un esperimento che Amag sta per presentare pubblicamente suonando la grancassa e grazie ad accordi europei. Ultimo fiore all’occhiello, dopo la fontana da cento mila euro, simbolo e marchio dell’acqua alessandrina, dopo le già celebrate cento mila rose, i giochi dei giardini costruiti con la plastica riciclata, studiati dall’Ippr, cioè l’Istituto per la Plastica riciclata, dopo il tentativo di rilanciare l’Alessandria calcio sponsorizzata fino alla presidenza Veltroni da Amag.
E chi lo ferma Repetto? Il Principe si staglia proprio nella grande Corte delle Partecipate, nel sistema solare di Alessandria. Volete paragonarlo con l’ex socialista doc Giancarlo Dallerba, uno della prima era craxiana, che governa quel guazzabuglio della Sital, la partecipata con la passione cinese? Dall’erba potrebbe essere chiamato il Cavaliere, in questo contado per le sue scorribande logistiche e di “sviluppo del territorio”. Uno che di “promotion se ne intende” grazie al suo passato di animatore tv e anche di Cavalierati con inchini, riverenze e, ovviamente dame. Visto che al suo fianco c’è sempre la lady numero uno delle Partecipate, Sabrina Raffaghello, origini ovadesi, bella e un po’ misteriosa, una passione per l’arte e per le gallerie da organizzare, diventata la superconsulente di Dallerba per il marketing universale di Sital. E con una passione per l’Oriente e la Cina che vista anche da Alessandria è sempre più vicina. Ma questa è tutta un’altra storia da raccontare, tra dame e cavalieri.