Maccarino: “il sistema è fallito, ma il conto non lo possono pagare i più deboli”
Il leader provinciale dell'Usb racconta storia e obiettivi dellUnione sindacale di base. Parlando dei rapporti con Cgil, Cisl e Uil, delle battaglie per la rappresentanza di precari e disoccupati, dello scenario occupazionale pubbico e privato sul nostro territorio
Il leader provinciale dell'Usb racconta storia e obiettivi dellUnione sindacale di base. Parlando dei rapporti con Cgil, Cisl e Uil, delle battaglie per la rappresentanza di precari e disoccupati, dello scenario occupazionale pubbico e privato sul nostro territorio
Maccarino, lei fa il sindacalista a tempo pieno?
Ma quando mai: io sono un vigile del fuoco del comando di Alessandria, in servizio effettivo. Cerco di beneficiare dei permessi sindacali quando la legge lo consente, ma soprattutto dedico a USB tutto il mio tempo libero. Ma guardi che non sono un’eccezione: siamo tutti così, nell’Unione Sindacale di Base: e i lavoratori, regolari e precari, lo capiscono e apprezzano, aiutandoci anche ognuno a suo modo.
Ma quando siete nati precisamente?
Beh, il sindacato di base in Italia ha un percorso ormai trentennale…io ci sono approdato poco più che ventenne, dopo una brevissima e piuttosto casuale esperienza in Cisl, già allora come vigile del fuoco. Usb invece nacque nel 2010, aggregando a livello nazionale e territoriale una serie diversificata di sigle ed esperienze, nella convinzione che servisse e serva in questo Paese un sindacato davvero dalla parte dei lavoratori, e in grado di dar voce a chi non ce l’ha, in un sistema che sta esplodendo.
Davvero lei la vede così grigia?
Altro che grigia. Questo capitalismo finanziario è al fallimento, e credo questo lo abbiano capito tutti. Il punto è che ora chi ha generato l’attuale sfacelo, a livello di classe dirigente politica ed economica, vorrebbe scaricarne i costi sulle spalle dei deboli. Magari convincendoli che si debba restare uniti e rimboccarsi ancora una volta le maniche, ripartendo da zero, e via dicendo. La realtà però, anche a livello locale, è ben diversa.
Ossia?
Ossia ognuno deve prendersi le proprie responsabilità. Io credo che davvero la nostra provincia sia emblematica: mi pare una prateria tutta da conquistare, nel senso che i numeri della crisi occupazionale sono spaventosi, e i sindacati storici hanno rapporti talmente contigui al sistema, di cui fanno parte a tutti gli effetti, da non essere minimamente più in grado di rappresentare gli interessi di chi lavora, soprattutto in maniera precaria e ricattabile.
Quindi lei prevede per USB una crescita importante?
Non ho dubbi, anche perché mica voglio bluffare: oggi in provincia siamo circa 150 iscritti nel pubblico impiego, e 70/80 nel privato. Numeri piccolissimi. Però percepiamo attorno a noi una grande attenzione, e sentiamo di rappresentare speranze altrove disilluse. Quindi sì, prevedo una crescita importante: ma non per arrivare a sedere ai tavoli del potere, e spartirlo. Semmai per rovesciarlo, quel tavolo, almeno per come è impostato ora.
Parole bellicose Maccarino. Voi state con gli indignados?
Con gli indignados, con il gruppo di Alessandria in Movimento (che ci ha anche generosamente ospitati per un anno in via Piave: ora ci apprestiamo ad aprire la nostra sede in Pista: via Parnisetti, angolo via Galilei), con i precari del Comune e delle partecipate, come delle cooperative. Noi stiamo con chi rischia di non arrivare a fine mese a causa di un sistema assolutamente iniquo. Le pare possibile che negli enti locali ci siano tanti lavoratori appesi a un filo, e con retribuzioni da fame, e al tempo stesso dirigenti che formalmente non sono più in organico e che vengono ugualmente retribuiti con cifre pazzesche?
Probabilmente sono stati riconosciuti loro generosi bonus di uscita, pur di allontanarli..
Immagino di sì: ma è un sistema inaccettabile, ormai arrivato al capolinea.
Lei boccia completamente l’operato di Fabbio a Palazzo Rosso, oppure sul fronte del lavoro ha fatto quel che poteva?
Io non ne faccio una questione di Fabbio o Filippi, ma di regole da riscrivere. Ovvio che se il Governo pone certi limiti, chi è sul territorio si trova poi a muoversi con le mani legate. Però dovrebbe anche opporsi maggiormente, far sentire la propria voce. Con tutto questo, restando su Palazzo Rosso, non se se un commissariamento può essere la soluzione, come in tanti a sinistra sembrano sostenere. Non vorrei che per i lavoratori questo costituisse un’ulteriore complicazione, anziché un passo in avanti. Qui bisogna semmai fare i conti con le risorse disponibili, tagliare completamente altre dispersioni e sprechi e concentrarsi sui lavoratori e sui servizi sociali. Offrendo loro soluzioni concrete, in mancanza delle quali il prossimo inverno sarà all’insegna della macelleria sociale. A noi quotidianamente si rivolgono persone in difficoltà, non sono sul piano lavorativo ma della sopravvivenza quotidiana.
Ma la vostra battaglia, se solitaria, non rischia di essere di pura testimonianza? Insomma: i rapporti con Cgil, Cisl e Uil sono proprio irrecuperabili?
Beh, francamente ad oggi siamo lontanissimi, sia negli obiettivi che nei metodi per perseguirli. Posso dire che nei mesi scorsi, sulla vicenda Fiat e sulle questioni contrattuali nazionali, una certa sensibilità nella Fiom l’abbiamo colta. E tuttavia anche loro devono decidere cosa vogliono fare da grandi. Alla grande manifestazione di Roma dello scorso 15 ottobre hanno partecipato anche loro: ora vedremo che cosa intendono fare. Noi non siamo alla ricerca di esclusive, ne ci chiudiamo al dialogo: però non siamo disposti a rinunciare ai cardini della nostra battaglia. E sul debito pubblico siamo chiari: lo paghi chi lo ha generato, non certo i lavoratori e le fasce più deboli.