Il vescovo sulle aperture domenicali: “E’ il giorno del Signore”
Ha già fatto parecchio discutere la possibilità per i commercianti di tenere aperti i negozi la domenica. Sulla materia è intervenuto anche l'arcivescovo, Monsignor Giuseppe Versaldi
Ha già fatto parecchio discutere la possibilità per i commercianti di tenere aperti i negozi la domenica. Sulla materia è intervenuto anche l'arcivescovo, Monsignor Giuseppe Versaldi
In questi giorni si erano già fatte sentire le voci dei negozianti e delle associazioni di settore, che non sembrano aver gradito molto. Mentre l’assessore al Commercio Gian Paolo Lumi ribadisce il carattere “facoltativo” dell’apertura domenicale e sottolinea l’impossibilità di “andare contro una legge statale”, anche l’arcivescovo Versaldi ha espresso le proprie considerazioni.
“Ritengo opportuno far sentire anche la voce della Chiesa a proposito della apertura dei negozi nei giorni di festa in quanto non si tratta solo di una questione pratica o di diritti sociali, ma tocca un aspetto importante della vita umana, cioè una visione generale della natura umana. E’ noto che per i cristiani la domenica, per la sua stessa etimologia, è il ‘giorno del Signore'”.
In quanto giorno di festa, la critica mossa da Monsignor Versaldi fa riferimento alla “doverosa” astensione dal lavoro “sia come necessario riposo dalle fatiche della settimana lavorativa sia come occasione per stare insieme agli altri in una dimensione di fraternità e solidarietà”.
Di seguito la lettera arrivata alla nostra redazione:
Comportamenti cristiani coerenti
Ritengo opportuno far sentire anche la voce della Chiesa a proposito della apertura dei negozi nei giorni di festa in quanto non si tratta solo di una questione pratica o di diritti sociali, ma tocca un aspetto importante della vita umana, cioè una visione generale della natura umana. E’ noto che per i cristiani la domenica, per la sua stessa etimologia, è il “giorno del Signore”, che ricorda la Risurrezione di Cristo come vittoria sul male e sulla morte. Per questo i cristiani fanno festa e sono chiamati a trovarsi come comunità dei credenti attorno all’altare del Signore per celebrare l’Eucaristia e per esercitare la carità. Ed è anche noto che questo giorno di festa implica anche l’astensione dal lavoro sia come necessario riposo dalle fatiche della settimana lavorativa sia come occasione per stare insieme agli altri in una dimensione di fraternità e solidarietà.
Ora, si dice, siamo in una società pluralista, sono cambiati i ritmi di lavoro, ci sono esigenze economiche che premono per una maggiore disponibilità delle vendite, ecc. Pur considerando tutte queste ragioni, la Chiesa ribadisce il richiamo ai suoi fedeli per il rispetto delle festività come valore umano e cristiano che è ben superiore a tutte le esigenze di una società consumistica. Qui non si tratta di opporsi a delle leggi di liberalizzazione del mercato, ma di testimoniare quei valori in cui i cristiani credono anche in una società secolarizzata. In altre parole, è necessario che i credenti diano prova di coerenza anche a costo di sacrifici e rinunce personali. Voglio dire che, se anche c’è per legge la possibilità di lavorare la domenica e gli altri giorni di festa, nulla impedisce ai cristiani di non aderire a questa possibilità. Capisco che ciò può portare a delle perdite economiche da parte dell’imprenditore che rinuncia all’apertura festiva come pure resistere alla tentazione di passare ore a girare i negozi aperti, anziché trovarsi nella comunità cristiane a celebrare il giorno del Signore. Ma se di ciò non sono capaci i cristiani, allora è inutile protestare contro la società consumistica e secolarizzata che ha messo al primo posto il denaro ed il profitto spingendo ad una vita di sprechi e di consumi inutili ingannando soprattutto i giovani con il mito di un progresso materiale infinito. Questa testimonianza libera e forte, che viene dal popolo cristiano, conta di più che non le battaglie politiche perché più che le leggi saranno gli esempi a far ritornare i costumi della gente a quella vita sobria che porta alla vera e felice convivenza sociale. Ricordiamo che i primi cristiani hanno cambiato la società con il loro esempio che suscitava prima l’ammirazione e poi l’imitazione della gente e solo successivamente sono cambiate le legislazioni pagane. Faccio pertanto appello ai veri credenti in Cristo ad essere coerenti con la loro fede così da rendere la festa un giorno di culto al loro Dio e di carità verso il prossimo, evitando di lasciarsi trascinare dalla mentalità mondana. Senza fare polemiche o imporre nulla agli altri, i cristiani ricomincino a rendersi visibili nella società con i loro comportamenti coerenti, pagando il prezzo della diversità per indicare un modo più umano di vivere il lavoro e la festa secondo una tradizione da rivalutare in positivo.
† Giuseppe, Arcivescovo