La pizza brevettata che conquista Slow Food
Storia di unidea di successo: Giuseppe Giordano, capogruppo dei pizzaioli che aderiscono allAscom, incanta Petrini con il Pizz'ino
Storia di unidea di successo: Giuseppe Giordano, capogruppo dei pizzaioli che aderiscono allAscom, incanta Petrini con il Pizz'ino
Ancora una premessa: ad Alessandria la prima pizza margherita fu sfornata il 16 novembre 1956 dai fratelli Bordese (il maestro Carmine Bordese si esibisce ancora a Spinetta Marengo, nell’omonima pizzeria), giorno in cui per la prima volta nel forno, sulla pizza, fu messa la mozzarella, fino ad allora mai utilizzata. In città, però, soprattutto all’inizio, il disco di pasta “buttato” sulla pietra del forno a cuocere generava, fra gli alessandrini, un po’ di scetticismo dettato da questioni igieniche, in quanto loro erano abituati a vedere il tegamino come protezione per la pasta dal fondo del forno: il ”popolo del tegamino” e il “popolo del metodo di cottura classico”, dunque, hanno viaggiato per anni sempre distanti. Da quel momento in poi esplosero in città molte pizzerie di successo, prima fra tutte quella famosissima di Savino, che faceva pizza al tegamino e farinata. Ne nacquero poi molte altre (fra le quali, il 19 aprile del 1973, anche Piedigrotta, fondata da Vincenzo Giordano e Filomena Amodio, genitori del protagonista di questa storia), anche se la dicotomia fra i due metodi di cottura non fu mai risolta: o uno o l’altro.
Fino a poco tempo fa, per l’esattezza fino al 22 luglio 2010 quando Giuseppe Giordano detto Giò, titolare insieme alla mamma e ai fratelli Luigi e Gianluca della pizzeria Piedigrotta 2 Express di piazza Garibaldi, ha avuto una visione, che è diventata un’idea, poi un esperimento e in pochi mesi un brevetto registrato e, soprattutto, applaudito da Carlo Petrini, leader di Slow Food.
“Quello era un periodo – racconta Giordano – in cui facevo conti, che regolarmente non tornavano, con qualche delusione professionale. Il pomeriggio del 22 luglio sono andato solo, per i campi, a pensare. Ed è lì che è nata la mia idea: tagliare il fondo del tegamino nel quale si cuoce la pizza e provare a mettere l’impasto all’interno della corona formata solo dal bordo del tegame… così ho fatto di corsa la strada fino a casa, ho rovistato nel deposito dove sapevo di avere dei vecchi tegamini, ne ho preso uno e, con gli strumenti di fortuna che avevo a disposizione, ne ho segato immediatamente il fondo, tanta era la voglia di realizzare ciò che avevo immaginato. Finalmente avevo in mano quello che avevo visto all’improvviso, come un’intuizione. La voglia di provare a cuocerci dentro la pizza era irresistibile e quando lo feci restai davvero a bocca aperta: la pasta dentro questa corona si manovrava e gestiva con una facilità insperata e, una volta messa in forno, aveva tempi di cottura raddoppiati, pur mantenendo un grado di umidità indiscutibilmente maggiore rispetto a una pizza classica, nonostante rimanesse nel forno molto più a lungo. Ciò che più mi lasciò di stucco fu però quando l’assaggiai: lì capii che avevo trovato il punto di incontro, per decenni cercato invano da tanti, fra i due modi di cuocere la pizza che così a lungo avevano viaggiato paralleli, senza mai incontrarsi, rendendomi subito conto di avere cotto una pizza in un modo mai sperimentato prima al mondo”.
A quel punto Giordano inizia, con voglia e curiosità di scoprire se davvero era un modo di cottura brevettabile, a servire nel proprio locale questa “nuova” pizza, tra lo stupore della gente che si rendeva conto di assaggiare una pizza cotta in un tegamino senza fondo. Così Giordano prende coraggio e decide di registrare il marchio: ad ottobre si rivolge all’Associazione Commercianti e in poco tempo nasce il pizz’ino, brevetto di questo nuovo metodo di cottura. È questo l’inizio dei successi arrivati recentemente. Arrivata l’ufficialità della registrazione del nuovo metodo di cottura a Pizz’ino, per Giordano tutto cambia.
Subito dopo, infatti, capita ad Alessandria Vincenzo Savino, assessore del Comune campano di
“Sto vivendo un sogno – racconta Giordano – leggevo il mio nome accanto a quello dei pizzaioli più famosi non d’Italia, ma del mondo, e non credevo di essere arrivato fin lì con la forza della mia idea. Quando ho visto che il Pizz’ino stava conquistando tutti, non ho capito più nulla… i complimenti dei colleghi, del personale di Slow Food, della gente che assaggiava la mia pizza hanno avuto una eco così grande da farmi ritrovare, ancora col grembiule, in un ristorante seduto accanto a Carlo Petrini e i suoi ospiti, che mi hanno voluto incontrare personalmente e con cui ho parlato a lungo,raccontando la mia storia e soprattutto la storia del Pizz’ino…”.
Oggi, Piedigrotta 2 Express, gestito dai fratelli Giordano (titolari anche, con la madre, del self service 3 di via Mondovì) con l’aiuto dei collaboratori Antonio e Andrea Erra, è l’unica pizzeria al mondo a poter utilizzare questo nuovo e innovativo metodo di cottura brevettato: perché la realtà ci dice che, sfondato un tegamino, di fatto, si è aperta la terza strada al mondo per la cottura della pizza, che unisce le caratteristiche migliori dei due metodi di cottura da sempre distanti. Conferendo croccantezza e friabilità al suolo, in quanto la pasta poggia sulla pietra, e allo stesso tempo morbidezza e sofficità tipiche della cottura al tegamino, grazie alla corona che avvolge la pasta.