Rossa: “Alessandria riparta dai quartieri, e dal welfare”
E la grande favorita alle primarie del centro sinistra, e si candida al ruolo di anti Fabbio. La vice presidente della Provincia spiega le sue priorità per il rilancio di una città in crisi, e sulla squadra di governo dichiara: nessuna rendita di posizione, sceglierò le migliori intelligenze del territorio
E? la grande favorita alle primarie del centro sinistra, e si candida al ruolo di ?anti Fabbio?. La vice presidente della Provincia spiega le sue priorità per il rilancio di una città in crisi, e sulla squadra di governo dichiara: ?nessuna rendita di posizione, sceglierò le migliori intelligenze del territorio?
Assessore, il suo cammino per arrivare a Palazzo Rosso è cominciato. Ci spiega cos’è per lei la politica, e se e perché vale ancora la pena occuparsene? In tanti siamo piuttosto amareggiati…
Lo so, il quadro nazionale è scoraggiante, gli esempi negativi abbondano, e questo sta aprendo spazi enormi per l’anti politica. Ma io alla politica, intesa come impegno pubblico a tutti i livelli, ci ho sempre creduto, ci sono nata e cresciuta. E, attenzione, non confondiamo i ruoli istituzionali con l’impegno politico: sarebbe molto riduttivo.
Ci spieghi meglio: chi è Rita Rossa? Da dove arriva?
Io sono figlia unica, mia mamma era segretaria della Cgil Trasporti di Alessandria, e mio papà, Angiolino, prima di avere incarichi istituzionali in Provincia e in Regione, fu a lungo sindacalista e uomo di battaglia “sul campo”, in particolare al fianco dei braccianti agricoli. Le racconto un aneddoto, per farle capire in quale contesto di valori e idee sono stata allevata. Avevo 9 anni, ero una bambina, e mio padre mi portò ad una manifestazione di solidarietà al Cile, contro la dittatura di Pinochet insediatasi nel 1973. Ricordo la storia di un medico che raccontò di aver fatto l’autopsia alla propria figlia, torturata e uccisa dai militari. Un episodio che mi colpì enormemente. Ma potrei citarne molti altri: sono cresciuta in un contesto in cui il pubblico era anche privato, e viceversa.
Alla fine della prima Repubblica lei è anche stata assessore a Palazzo Rosso. Che ricordo ne ha?
Il ’92-’93 fu un biennio di grande caos, chi l’ha vissuto lo sa bene. Io fui coinvolta da Gianluca Veronesi, sindaco per un breve periodo. Fu un’esperienza che tutto sommato mi segnò meno di altre di quegli anni: l’impegno prima all’università e poi nel sindacato della scuola, le associazioni di donne e volontariato. Ero molto giovane, e socialista assolutamente anticraxiana. Del resto mio padre, dopo una militanza nel Psiup, era diventato socialista lombardiano, anche lui piuttosto critico su certe posizioni del Garofano anni Ottanta, diciamo così.
Nella seconda Repubblica lei svolta a sinistra…
No, io resto a sinistra, dove sono sempre stata. Mi avvicino politicamente ai Ds, iscrivendomi se ben ricordo a partire dal 1999. E il mio impegno, dentro il partito ma anche nel sindacato della scuola si è dipanato negli anni, in parallelo con il mio lavoro di insegnante. Tenga conto che nel 1995 morì mio padre, a cui sono sempre stata legatissima, e lì credo che scattò in me la molla, come un senso di responsabilità e impegno famigliare che doveva proseguire. In più vedevo che una parte del partito socialista alessandrino passava a destra, e questo a me sembrò intollerabile. Dal punto di vista politico naturalmente: i rapporti personali poi ci sono e restano, ci mancherebbe altro.
E arriviamo all’esperienza come amministratore della Provincia. Azzardiamo un bilancio?
Molto positivo, senz’altro. Era il 2005, quindi solo 6 anni fa, quando il partito mi propose prima di candidarmi alle regionali (dove ottenni un risultato notevole: quasi quattromila preferenze personali), e poi di sostituire a Palazzo Ghilini Daniele Borioli, nominato assessore ai Trasporti a Torino nella giunta Bresso. In questi anni, con il presidente Filippi (nella foto), abbiamo credo portato avanti un lavoro importante, che continua anche oggi. Se penso alle recenti polemiche sulle Province come costo da tagliare per salvare l’Italia, mi viene da sorridere, ma amaro. Le Province incidono sulla spesa pubblica per il 3%: ma attenzione, non è che eliminandole questo costo scompare. Viene semplicemente spalmato su altre voci e enti, con l’unico risultato di allontanare il territorio dalle istituzioni, di abbandonarlo.
Parliamo di primarie del centro sinistra, assessore. Si terranno il 13 di novembre, e come forse inevitabile si stanno portando dietro il loro bel “codazzo” di polemiche. Lei ci crede davvero a questo strumento?
Sì, molto. Io credo che la strada per uscire dalla crisi di legittimità che sta attraversando il nostro sistema politico sia la partecipazione, dal basso e genuina. E che le primarie del centro sinistra siano da questo punto un’opportunità straordinaria. Non la vedo come una sfida tra persone, e comunque non sono solo quello. Rappresentano un momento che consente di presentare idee e progetti ai cittadini (non solo a chi ha sempre votato centro sinistra: a tutti) e dire loro: partecipate, scegliete attivamente chi volete vedere in corsa alle prossime elezioni comunali. Io spero in una grande partecipazione degli alessandrini, sarebbe un segnale importante per tutta la città.
C’è chi dice: Rita Rossa è l’apparato: largo agli outsider. Penso alle critiche che le arrivano dal suo compagno di partito Parise (non ancora ufficialmente sceso in campo per le primarie), ma anche al candidato Udc a Palazzo Rosso Gianni Barosini…
Barosini non partecipa alle primarie: farà la sua campagna elettorale e, se ci sarò anch’io come spero, ci confronteremo di fronte agli elettori. Per quanto riguarda gli altri candidati alle primarie, aspettiamo di avere presto il quadro completo. Ma vale quanto ho già detto: le primarie possono essere un terreno di confronto anche serrato, ma poi bisogna vincere, tutti insieme, la partita vera, che si gioca in primavera.
E veniamo a quella, infatti. Mi dice un’iniziativa della giunta Fabbio che lei condivide? Fare l’elenco degli errori e delle cose che non vanno è troppo facile…
(ci pensa un po’…ndr) Guardi, mentre ci rifletto le dico perché ho presentato la mia candidatura dinanzi al Teatro Comunale chiuso da un anno. Quello è davvero un simbolo di città ferita, e non dal caso, ma dall’incompetenza di chi la amministra. Della vicenda amianto si sta occupando la magistratura, e punti su cui fare chiarezza mi pare ce ne siano parecchi. Noi peraltro come Provincia abbiamo messo a disposizione le competenze dei nostri tecnici, maturate su fronti ahimè drammatici come quello dell’Eternit, senza ottenere risposte.
Ma guardiamo all’aspetto politico, e a quello culturale. Io credo in una città che deve svilupparsi puntando sulle intelligenze, e sui saperi. Questo teatro chiuso da un anno, senza nessuna chiarezza sul suo futuro, è una ferita aperta, sanguinante. E il sindaco anziché affrontare l’emergenza ha sempre minimizzato.
Nel frattempo, dottoressa, le è venuto in mente un progetto positivo attribuibile a Fabbio?
Sì, non voglio essere ingenerosa su tutto. Il piano strategico è un bel progetto, ha una sua logica. Ma anche lì: è bella l’idea, ma manca poi la sintesi politica, e soprattutto l’indicazione degli atti amministrativi con cui arrivare a realizzazioni complete. Rischia di restare un libro dei sogni, mentre sarebbe importante trasformarlo in realtà.
Assessore, chiudiamo gli occhi per un attimo e riapriamoli: siamo a giugno 2012, e lei ha vinto le elezioni. Cosa fa di davvero significativo per i cittadini?
Parlo con onestà, prima di tutto. Faccio presente come siamo messi sul piano dei conti, rendendoli noti e trasparenti (tenga conto che gli ultimi due bilanci sono oggetto di contestazioni e verifiche: vedremo cosa salterà fuori, ma temo niente di positivo per gli alessandrini). E dico a tutti: signori, ben vengano proposte e richieste, ma sappiate che, in questa situazione saranno molti di più i no dei sì. Anche se sempre motivati, e calati in un contesto di risanamento vero.
Che parte da dove, questo risanamento?
Dai quartieri, e dal welfare. Da un lato occorre tornare ad ascoltare i cittadini nei 23 quartieri in cui era storicamente suddivisa Alessandria, e non più nelle sole 5 circoscrizioni. Naturalmente non per aumentare gli incarichi politici, ma per coinvolgere davvero gi abitanti, partire dai loro bisogni. E poi il welfare, soprattutto l’assistenza individuale ai più deboli, che è stata fatta a brandelli da questa amministrazione. Il solo Cissaca aveva fino a poco tempo fa 13 milioni di euro di crediti dal Comune, ora forse parzialmente ridotti. Ma c’è una sensazione di abbandono, di mancanza di progetto e prospettive. Occorre ribaltare la prospettiva, e la scala delle priorità. E altro aspetto è la manutenzione, ordinaria ma essenziale, delle strade e del territorio: oggi molti sobborghi, ma anche diverse zone della città, sono completamente alla deriva.
Ha già pensato ad una squadra di governo? Anche lì qualcuno la critica: dicono che torneranno vecchi “arnesi”, scelti col manuale Cencelli della politica d’antan..
Sarà esattamente l’opposto, mi creda, e gli alessandrini lo vedranno. Nessun accordo a priori, nessuna spartizione di poltrone tra partiti. Sceglierò il meglio delle intelligenze che la città è e sarà in grado di offrire, a partire dalle tante associazioni e gruppi di lavoro che già sono in piedi, e che stanno operando, ognuno con le proprie competenze, al futuro di Alessandria. Non è davvero più il tempo delle rendite di posizione, o degli amici degli amici. Dico davvero, sa? L’unico potere forte che riconosco e in cui mi identifico è quello degli elettori. Il resto sono chiacchiere da bar.
Sui Grigi potremmo fare un’intervista a parte, considerato il suo impegno diretto. Sia Scagni che Fabbio però con il calcio si sono “bruciati”, è terreno che scotta. Non teme la volubilità del tifoso/elettore?
Basta intendersi sul ruolo. Io nei mesi scorsi potevo naturalmente lasciare che i Grigi fallissero, e ora ci ritroveremmo in Eccellenza, a giocare con i paesini. A quel punto era arrivata la società con Veltroni, presentato un anno fa, gli alessandrini ben ricordano credo, in pompa magna da Fabbio e Repetto come il salvatore della patria. Invece ho ritenuto che anche la squadra di calcio, come il teatro, fosse un simbolo importante, anche per chi non va la domenica allo stadio. E mi sono impegnata in prima persona per individuare un team di imprenditori e professionisti che ci stanno mettendo il denaro, l’entusiasmo e le competenze. Certo, la tegola del calcio scommesse non ci voleva, è il regalo postumo di Veltroni, e pure di una giustizia sportiva che a noi sconti non ne ha mai fatti. Ma c’è un gruppo di atleti bravi e motivati, guidati da un mister che ha valori sani e da un leader come Fabio Artico, che dentro e fuori dal campo sa dare l’esempio. Io l’ho conosciuto per caso, anni fa, quando fu coinvolto dalla Provincia nelle letture per la Giornata della Memoria. E constatare che lui e altri rappresentanti dell’Alessandria calcio hanno ritenuto di partecipare alla presentazione della mia candidatura mi ha fatto solo piacere. L’ho detto, e lo ripeto: per far ripartire davvero questa città servono energia, voglia di fare e persone perbene e motivate. Attorno a me sento forza ed entusiasmo, e questo mi spinge a procedere con determinazione.
Assessore Rossa, con Fabbio lei ci parla mai? Non ci sono spazi di convergenza, per il bene comune della città?
Io sono pronta a discutere con tutti, e anche sui Grigi avevo lanciato “un ponte” al sindaco, che lo ha ignorato. Ma su altri temi la convergenza c’è, e non potrebbe essere altrimenti. Penso all’università: quando ad aprile da Novara ci hanno preparato una sorta di “imboscata”, Comune e Provincia hanno reagito con grande fermezza, ed allineati. Grazie ad un impegno congiunto, coinvolgendo anche la Fondazione Cra, abbiamo reperito le risorse per dare un futuro all’ateneo Avogadro sul nostro territorio. Perché la cultura è la leva primaria, e ogni euro investito sull’università ne fa ricadere altri 4 o 5 sul territorio. Per cui, considerato che il Governo centrale da anni “taglia” risorse all’istruzione in maniera drastica e drammatica, agli enti locali, per quel che possono, non resta che tentare interventi di “sussidiarietà”, in un settore che pure non è di loro competenza.