Priano: “Intitoliamo una piazza a Peppino Impastato”
Una proposta per ribadire "l'estraneità ai fatti" che hanno visto coinvolto un amministratore comunale, Giuseppe Caridi. A proporlo è il capogruppo del gruppo consigliare Pdl-Forza Italia, Fabrizio Priano
Una proposta per ribadire "l'estraneità ai fatti" che hanno visto coinvolto un amministratore comunale, Giuseppe Caridi. A proporlo è il capogruppo del gruppo consigliare Pdl-Forza Italia, Fabrizio Priano
Priano già nel corso della seduta del Consiglio comunale di lunedì 12 settembre aveva sottolineato la propria disponibilità ad aprire una commissione d’inchiesta in merito al coinvolgimento di un consigliere comunale (Giuseppe Caridi, ndr) nei recenti arresti effettuati dall’operazione “Maglio” contro l’andrangheta.
“Anche alla luce di quanto avvenuto negli ultimi mesi nella nostra città, fortemente scossa dalle indagini su attività legate alla ‘ndrangheta, e volendo ribadire la nostra totale avversità a tali fenomeni, – sostiene il capogruppo Priano – ho proposto di intitolare a una vittima della mafia una piazza della nostra città”. E prosegue: ““chiedo, inoltre, di procedere con urgenza, nella seduta del 27 settembre, mossi dalla necessità di dare un segnale forte di condanna a tali attività”. Una richiesta di deroga, quindi, alle indicazioni di intitolazioni a personaggi locali poiché nessuno di essi è caduto per mano di criminalità organizzata.
Il capogruppo Pdl-FI individua in questa figura-simbolo di Peppino Impastato la giusta strada per mantenere vivo il ricordo delle vittime della mafia, ovvero di coloro che hanno sacrificato la propria vita per non piegarsi alle logiche di un sistema di organizzazione criminale.
Ma chi è Peppino Impastato? E cosa ha fatto?
Appartenente a una famiglia inserita negli ambienti mafiosi locali, figlio di un membro di clan, Peppino, mosso da “una voglia quasi incontrollabile di aprirsi e costruire”, si ribella al codice comportamentale che il padre tenta di imporgli fin dalla nascita.
Una figura che diventa testimonianza ed esempio perché portatore di sentimenti tipici della giovane età che lui incanala nella ricerca di garanzie istituzionali, nell’entusiasmo della promozione di attività culturali e musicali per i giovani, nella volontà di fare controinformazione e satira nei confronti della mafia, anche attraverso i microfoni di una radio.
Ma testimonianza ed esempio sono anche gli sforzi compiuti perché fosse “fatta verità e giustizia” sulla sua morte.
Nel maggio del 1992 il Tribunale di Palermo decide l’archiviazione del “caso Impastato”, ribadendo la matrice mafiosa del delitto ma escludendo la possibilità di individuare i colpevoli.
Un “Centro Impastato”, una petizione popolare, richieste di costituzione di parte civile, la volontà di non piegarsi: tutto questo ha portato alla condanna, nel 2001, di Vito Palazzolo e, nel 2002, di Gaetano Badalamenti.
Tutto questo è Peppino Impastato, dilaniato a 30 anni da una carica di tritolo posta sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani, un giovane “che aveva voglia di urlare”, che “voleva ribellarsi”.
“E’ per tutto questo- conclude Fabrizio Priano- che dobbiamo ricordare Peppino Impastato: intitolargli una piazza significa rendere onore a tutti coloro che vogliono giustizia, a tutti coloro che, quotidianamente, sono testimoni della cultura della legalità e della lotta alla mafia”.