Anche Priano si unisce al coro dei no: “I piccoli comuni non si toccano”
Il capogruppo Pdl a Palazzo Rosso, membro del Comitato Direttivo dellAnci, chiede una drastica revisione della manovra governativa: lunedì a Milano per dire basta: dimezziamo i parlamentari ed eliminiamo tutte le province. Ma i comuni sono la spina dorsale del Paese, e vanno tutelati
Il capogruppo Pdl a Palazzo Rosso, membro del Comitato Direttivo dell?Anci, chiede una drastica revisione della manovra governativa: ?lunedì a Milano per dire basta: dimezziamo i parlamentari ed eliminiamo tutte le province. Ma i comuni sono la spina dorsale del Paese, e vanno tutelati?
Priano, anche lei sarà a Milano, almeno simbolicamente, al fianco di chi contesta il governo Berlusconi?
Guardi, uno dei primi ad aver chiesto una profonda riflessione sui contenuti della manovra, riguardo alla mannaia che si abbatterebbe sugli enti locali, e sui piccoli comuni in particolare, è stato il segretario nazionale del Pdl, Alfano. L’Anci in questi giorni si sta confrontando con tutti i partiti, e mi auguro che nei prossimi giorni si possa arrivare ad un accordo soddisfacente, e utile al Paese. Il resto della manovra presentato nei giorni scorsi è da cambiare. Punto. Poi consideri che la manifestazione di Milano vede in prima fila, tra i promotori, il sindaco leghista di Varese Attilio Fontana: che ha come sua controparte nella trattativa il ministro Calderoli, suo compagno di partito. Insomma, qui si tratta di andare alla sostanza dei problemi, non di fare speculazioni di parte.
Cosa chiedete in particolare, come Anci?
In primo luogo i governi (e ci metto dentro anche Prodi, non solo Berlusconi) da troppo tempo fanno legislazione sugli enti locali attraverso la legge Finanziaria. Ossia “tagliano” indiscriminatamente, in emergenza e senza sviluppare una riflessione di sistema. L’Anci chiede che sia approvata rapidamente la Carta delle Autonomie, e che le riforme degli enti locali, assolutamente necessarie, non diventino sempre sinonimo di “tagli” indiscriminati.
Detto questo?
Detto questo, i piccoli comuni sono una risorsa, e non si toccano. Non solo perché i loro amministratori non costano praticamente nulla, ma perché senza il loro impegno, pressoché gratuito, ampie aree di territorio (e nella nostra provincia lo sappiamo bene) sarebbero destinate all’abbandono. E’ una scelta suicida. E parlare di 50 mila poltrone “tagliate” è pura demagogia: quelli non sono neanche sgabelli, altro che sedie o poltrone…
C’è però anche l’altra obiezione: il costo pro capite dei trasferimenti per abitante per i piccoli comuni è più alto…
E infatti una soluzione esiste, e l’Anci la propone: i piccoli comuni restano, i servizi vengono accentrati. In questo modo ottimizziamo la gestione, senza penalizzare il territorio, ossia gli abitanti dei tanti italiani, e alessandrini, che vivono, e bene, in piccole comunità.
Poi c’è il patto di stabilità: che fare?
Rivederlo subito: e quello è un problema di tutti i comuni, non solo dei piccolissimi. Pensiamo, anche qui, alle nostre realtà principali, dal capoluogo ai centri zona: il patto di stabilità è una catena che ogni anno si accorcia, diventa più stretta e finirà per strangolarci. La conseguenza, banalmente, è già oggi che si deve per forza pensare al taglio dei servizi, e che si finisce col non pagare i fornitori, per non uscire dai parametri del patto: la conseguenza sarebbe, come noto, il blocco dei trasferimenti statali, e quindi la morte di un comune per soffocamento. Speriamo ci sia davvero la possibilità di cambiare strada.
Però Priano resta il problema di fondo: se i conti non tornano, dove li prendiamo i quattrini? La macchina pubblica, nel suo insieme, deve essere ridimensionata o no, in termini di costi?
Assolutamente sì, e le dico anche come, senza nascondermi. In primo luogo dimezzamento (ma messo subito nero su bianco, e operativo dalle prossime elezioni politiche: altrimenti sappiamo bene come finisce) dei parlamentari. 300 deputati e 150 senatori (oggi sono 630 e 315) possono bastare: e, attenzione, con competenze separate. La Camera si deve occupare di legislazione nazionale, il Senato di legislazione regionale. Poi ci sono le province: anche lì via tutte, dal prossimo giro. Non ha senso tagliarne solo alcune, e dare il là al balletto degli accorpamenti, e delle trattative sotto banco. Le competenze (e i dipendenti) possono tranquillamente essere distribuite tra regioni e comuni. E insieme alle province possono essere ampiamente “potati” numerosi altri enti strumentali magari non proprio indispensabili. Ma i comuni, quelli no: sono davvero una risorsa di cui sarebbe assurdo privarsi.