Macallè: la primavera del cinema d’autore
E la stella polare dei cinefili nostrani, e propone film di qualità, ma anche rassegne teatrali e musicali. Fausto Montanari, proprietario e gestore del locale di Castelceriolo, ne ripercorre 80 anni di storia, e parla della nuova stagione alle porte
E? la stella polare dei cinefili nostrani, e propone film di qualità, ma anche rassegne teatrali e musicali. Fausto Montanari, proprietario e gestore del locale di Castelceriolo, ne ripercorre 80 anni di storia, e parla della nuova stagione alle porte
Signor Montanari, per tanti cinefili, compreso il sottoscritto, il Macallè è stato da un anno a questa parte l’àncora di salvezza, dopo il naufragio del Comunale di Alessandria. Stagione eccezionale immagino…
Eh sì. Tanto che di solito le proiezioni si concludono a fine giugno, e ripartono ad ottobre. Quest’anno invece abbiamo chiuso solo tre settimane ad agosto, perché una sosta ci vuole, anche per dare una rinfrescata ai locali. Ma fosse stato per i clienti avrei dovuto continuare: tanto che venerdì 26 già si riparte, e con un documentario sull’indimenticabile pianista jazz Michel Petrucciani che mi dicono essere un piccolo capolavoro.
Appunto: quel che colpisce è la qualità della sua programmazione, la capacità di andare a pescare il meglio, offrendo il meglio della stagione: roba che non gira non solo nelle multisale per intenderci, ma neppure nel resto dei cinema della provincia. Ma come fa?
Passione prima di tutto, un po’ di esperienza, e soprattutto un dialogo sempre aperto con i clienti, che sono spesso anche amici. Per cui non disdegno di raccogliere indicazioni, segnalazioni, richieste. Poi naturalmente il segreto è un rapporto eccellente con il mio distributore, che è ligure, e gestisce davvero il meglio dell’offerta cinematografica che circola in Italia.
Facciamo un po’ di cronistoria del Macallè?
Volentieri, è un po’ come rifare il percorso della mia famiglia, siamo tutt’uno. E segnalo comunque che alla storia di questo cinematografo ha dedicato alcune pagine significative anche Alberto Ballerino in un libro che si intitola “Non solo nebbia”. Erano gli anni Trenta, pieno fascismo, quando mio nonno, mia nonna e mio padre decisero di aprire il cinema, con a fianco naturalmente il bar, che era punto di ritrovo per tutto il paese. Mio nonno in realtà era un po’ agricoltore, un po’ trasportatore a cavallo. Il cinema in realtà all’inizio si chiamava Eden. Che però per la cultura fascista suonava un po’ troppo esterofilo, soprattutto perchè Eden era anche il cognome del primo ministro inglese dell’epoca. Fu quindi caldamente consigliato di cambiare il nome, diciamo così, e mia nonna scelse Macallè, in ricordo di un cugino che pare fosse morto in occasione della famosa battaglia.
Una partenza avventurosa. E lei Fausto quando entra in scena?
Io sono nato nel ’47, e al Macallè ci sono cresciuto. Facevo la spola tra la cabina di proiezione, dove mio padre “montava” le pizze, o bobine, e la platea dove guardavo il film con i miei amichetti. Ricordo che una volta non mi trovavano più, e alla fine si sono resi conto di avermi chiuso nel cinema, addormentato nelle ultime file. A 14 anni ho “montato” la mia prima pellicola, mi pare fosse un western, e mio padre rimase positivamente meravigliato: avevo imparato osservandolo, ma lui non mi aveva mai insegnato, anche perché per me aveva, come sempre i genitori, altri progetti.
E invece?
E invece a me il cinema entrava via via nel sangue, come autentica passione. Dopo il diploma, nonostante il sogno dei genitori fosse il posto in banca, ho trovato lavoro in una piccola azienda del paese, e ci sono rimasto con soddisfazione tutta la vita. Dedicandomi appunto in parallelo al Macallè. Oltre che allo sport si intende, altra mia grande passione: fino ai trent’anni il calcio, come ala destra del Castelceriolo. Successivamente il ciclismo: del resto, con il nome che mi ritrovo, ero un predestinato, no?
Ma tornando al Macallè: tenga presente che, fino ai primi anni Settanta, c’erano comunque cinematografi a Spinetta, San Giuliano, Mandrogne, Sale. Il cinema costava poco, ma era un intrattenimento davvero di massa. E questo anche dopo la partenza della televisione. Anche perché mio padre, che aveva il senso degli affari, appena partirono i programmi della tv sistemò nel bar un televisore: il giovedì sera per Mike Bongiorno, e non so quali altre sere con la boxe, era sempre tutto pieno. E finito quello, cominciava il cinema. Di qui sono passati i più grandi capolavori di quegli anni, magari anche inconsapevolmente: per cui i western o i film “di cassetta” come Quo Vadis, Via col vento, I tre moschettieri si alternavano magari a prove d’autore di Fellini, o a Il grande caldo di Fritz Lang.
Fu lei a optare ad un certo punto per il cinema d’essai?
Diciamo che negli anni Settanta mio padre, ormai un po’ stanco, affittò il bar, e mi cedette completamente la gestione del cinema. Consigliandomi peraltro di chiuderlo, perché intuiva che come business era un po’ alla fine. Ma per me, appunto, non era questione di diventarci ricco, ma di coltivare una passione, per cui a chiudere non ci ho mai pensato, neanche nei momenti più bui. Ossia quando, a seguito dell’incendio al cinema Statuto di Torino mi pare di ricordare, ci furono forti restrizioni nelle normative sulla sicurezza, e dovetti investire un bel po’ dei miei risparmi, e anche fare un piccolo mutuo con la banca. Fu l’epoca, peraltro, in cui tutti i cinema di paese chiusero. Rimase solo il Macallè. La virata, diciamo così, verso il cinema d’autore risale ad una ventina di anni fa.
Come accadde?
In realtà in quegli anni ho conosciuto Laura Bombonato, Gianluca Ghnò e altri artisti e compagnie teatrali alessandrine, per cui il Macallè si è via via trasformato anche in spazio teatrale sperimentale. Dando vita nel tempo a progetti anche importanti, direi unici, come Primavera Beat, che raduna ogni anno diverse centinaia di appassionati da tutta Italia, o il Festival Blues, che purtroppo abbiamo dovuto sospendere per ragioni di bilancio, ma che ci ha consentito di portare da queste parti musicisti di valore assoluto. Ma citererei anche tante serate jazz, alessandrino e non, e numerose rassegne teatrali.
Diciamo quindi che, confrontandomi con tutti questi amici, in parallelo la stagione cinematografica è diventata sempre più qualitativa, e abbiamo scelto la strada della specializzazione d’autore, ospitando il meglio dei film italiani e stranieri di ogni stagione.
Il suo quindi è un pubblico particolare?
E’ un pubblico di appassionati, che arriva da tutta la provincia, e questo mi sorprende sempre. Tanti giovani, e persone di un certo livello culturale. Gente che alla multisala non ci va, o non ci va volentieri. E che apprezza il Macallè per le proposte cinematografiche, e anche per il contesto. Si figuri che, quando ha accennato alla possibilità di fare un po’ di trasformazioni, i cliente mi hanno fermato. ‘Lascia tutto così com’è’, mi dicono. Comprese le sedie in legno dei primi anni Cinquanta…Di recente mi è passato a trovare anche Gabriele Vacis, il direttore del Teatro Regionale di Alessandria. Non so se ci sarà modo di collaborare, comunque tanta attenzione mi fa sicuramente piacere. E’ un attestato di stima per un percorso di qualità che ho sempre portato avanti perché ci credo, e senza mai ricevere un solo euro di sovvenzione pubblica. Se può lo scriva….
Scritto, Fausto. E l’intervista si conclude nel migliore dei modi: visita alla mitica sala di proiezione, da frequentatore di lungo corso del Macallè sempre solo intuita, oltre l’ultima rampa di scalini della galleria. Pochi metri quadrati di fascino indescrivibile, con due proiettori allineati (“non si sa mai, dovesse bloccarsene uno c’è l’altro”, e tutt’attorno i ferri del mestiere con cui “montare il film”, comprese forbici e scotch per riparazioni dell’ultimo momento. E, proprio come in Nuovo Cinema Paradiso, il gestore ci regala un fotogramma “tagliato” da una delle ultime pellicole proiettate a luglio. Grazie di tutto Fausto, ci si rivede prestissimo, per la nuova stagione cinematografica.