Bonadeo: “presto il calendario delle iniziative, ma il teatro non sappiamo quando riaprirà”
Abbiamo incontrato il vicesindaco e assessore alla Cultura e al Turismo per fare il punto su tante delle questioni calde che coinvolgono la città: dalla riorganizzazione dei servizi al futuro del Teatro, dalle iniziative dei prossimi mesi alle prospettive per quanti, fra i fornitori del Comune, ancora vantano dei crediti
Abbiamo incontrato il vicesindaco e assessore alla Cultura e al Turismo per fare il punto su tante delle questioni ?calde? che coinvolgono la città: dalla riorganizzazione dei servizi al futuro del Teatro, dalle iniziative dei prossimi mesi alle prospettive per quanti, fra i fornitori del Comune, ancora vantano dei crediti
Assessore, partiamo da ciò che state facendo in questi giorni…
Il mese di agosto, come sempre, è un periodo di progettazione, utile a organizzare le ipotesi di lavoro per il futuro e a stilare un calendario di iniziative che andrà presentato alla Giunta e collocato nelle diverse sedi museali durante l’anno, così da tentare quel minimo di coordinamento che è possibile fare. Il calendario al quale stiamo lavorando è molto denso e verrà presentato verso metà settembre, ma possiamo anticipare che il fulcro sarà la valorizzazione delle preziose collezioni civiche che possediamo, riscoprendole con un programma che le leghi all’attualità: per esempio con iniziative sull’anniversario per i 150 anni dell’Unità d’Italia che potrebbero coinvolgere anche le scuole. Un ruolo importante sarà ricoperto da Palazzo Cuttica e dalle Sale d’Arte, che ospiteranno diverse iniziative.
Quale ritiene sia la percezione dei cittadini circa il lavoro che svolgete quotidianamente?
Il cittadino percepisce che sulla cultura si lavora, che ci sono tante teste e braccia dedicate al settore. In questo senso vanno bene anche le polemiche. E’ normale che un tema come quello della cultura sia un tema di disputa, e che i cittadini ne discutano per noi è già un risultato, vuol dire che c’è attenzione. Questo interesse diffuso è cresciuto molto in questi ultimi anni ed è un obiettivo che abbiamo centrato in pieno. Questa è una città molto passionale, e quindi ad Alessandria, magari più che altrove, si sceglie la via della polemica, ma intanto se ne discute.
Tentiamo un primo bilancio sulla Biennale di fotografia che si é appena conclusa?
E’ presto per fare un bilancio: posso dire che la biennale è un percorso che va valutato in un arco temporale lungo. Se consideriamo l’inizio del percorso, cioè l’anteprima e la prima edizione, è evidente che ci sia stato un forte investimento anche di risorse pubbliche, non solo in senso economico ma anche di forza lavoro e logistiche, con tanti istituti culturali coinvolti e l’apertura per la prima volta della Cittadella. Si è trattato indubbiamente di un costo monumentale, ma da valutare prendendo in considerazione ciò che poi ha portato anche ai singoli istituti. La seconda edizione è stata altrettanto importante da un punto di vista della curatela e dell’allestimento, ma questa volta è stata realizzata tutta in Cittadella, e l’intervento del pubblico come investitore è quasi del tutto scomparso. Questo per me è già un risultato importante. Solamente valutando le prossime edizioni si potrà capire se questo è un percorso che è diventato qualcosa in grado di posizionare Alessandria nel mondo come un importante riferimento per chi si occupa di fotografia contemporanea e videoarte. Io ad oggi sinceramente non sarei neanche ossessionato dal fare una verifica. Preferirei che l’attenzione si concentrasse sul grande lavoro intorno alle collezioni civiche, vero patrimonio di memoria per la città, da tutelare e valorizzare il più possibile.
Perché ha già fatto sapere di non essere più intenzionato a fare l’Assessore alla Cultura?
Sicuramente si è trattato di un’esperienza bellissima, curiosa per chi ci arriva come me per via politica, ma come tutte le cose deve avere termine, specie per attività come queste dove c’è un incarico pro tempore da parte dei cittadini. E’ bene non fossilizzarsi sulle proprie posizioni e che venga garantito un certo ricambio, anche per consentire ai cittadini di fare le proprie considerazioni sull’operato che via via viene svolto. Io resto a disposizione della coalizione ma in politica non deve esistere il concetto di carriera personale, semmai quello di servizio e possibilità di ricoprire degli incarichi, quando ci sia la fiducia dei cittadini e dei colleghi di coalizione per un certo arco di tempo.
Parliamo della situazione della Biblioteca civica…
La nostra Biblioteca è un punto di eccellenza e il tempo sarà galantuomo nel dimostrarlo. Grazie al lavoro di questi anni Alessandria è tornata ad avere una sua biblioteca, con il ruolo che le compete. E’ stato fatto un lavoro grandissimo sulla catalogazione dei fondi e sulla digitalizzazione, senza contare che la nostra è anche una biblioteca generalista che continua a crescere, e questa possibilità molte altre città l’hanno persa. Non dovrei essere io a dirlo ma se confrontiamo il servizio con altri presenti in realtà con caratteristiche comparabili alla nostra è facile verificare quanto sia di qualità il servizio che noi offriamo. Devo dire che gli unici attacchi che abbiamo ricevuto, tranne alcune questioni realtive a piccoli problemi di manutenzione, come capitano in ogni grande struttura, sono stati quelli inerenti all’organizzazione dei servizi. Chi sostiene che adesso si corra il rischio di compromettere un servizio che funziona molto bene, implicitamente ammette che abbiamo svolto un buon lavoro e che abbiamo garantito alti standard. Bisognerà vedere nei prossimi mesi se le ultime scelte comporteranno o meno una reale perdita di qualità: se ci renderemo conto che qualcosa non funziona saremo sempre in tempo per porvi rimedio.
Ma se il servizio era di alta qualità, perché modificarlo? Il personale era davvero ridondante come è stato detto?
Il termine utilizzato non è stato forse il più appropriato, può capitare: le persone non erano in più, su questo è bene fare chiarezza. Quello della Biblioteca rientra in una serie di altri servizi fra di loro omogenei, a proposito dei quali è in atto un progetto di riorganizzazione complessivo. Il numero totale di persone non cambierà, la scelta dell’attuale dirigente della Cultura (Carla Cattaneo ndr) è stata quella di mobilitare risorse interne, attingendole da altri servizi contigui che ricorreranno a un apporto esterno per continuare a funzionare. La scelta è stata fatta dalla dirigente nella sua piena autonomia: da parte mia non posso che sperare che il servizio prosegua ad altissimi livelli. Il personale che finora lo ha gestito ha dimostrato una grande competenza, figlia anche di certificazioni ottenute con percorsi di qualifica ed esperienza pluriennale: qualora in futuro si decidesse di espandere o rafforzare ancora il servizio, cosa che è comunque nei piani dell’Amministrazione, è chiaro che chiunque sia incaricato di gestire servizi simili dovrà rivolgersi a quelle persone, che sono formate per queste mansioni e hanno fra l’altro dimostrato di svolgerle con passione e dedizione. Io ho piena fiducia però che il personale interno sia in grado di garantire il servizio senza che venga ridotta la qualità. Da parte mia ho sempre assicurato che il personale interno non sarebbe stato sostituito con altro esterno, e infatti questo non è accaduto. La dirigente, nel pieno della sua libertà, ha scelto di affidare tutta la gestione agli interni e da questo punto di vista io certo non posso dichiararmi contrario, anche perché conosco il valore di chi curerà il servizio. Quella attuale è solo una tappa: bisogna ricordare che viviamo una fase in cui le risorse sono quelle che sono ed è importante, prima di ogni altra considerazione, assicurare che la biblioteca resti un servizio del comune, proteggendola da eventuali tagli futuri. Per questo è fondamentale che sia gestita con personale interno e non con risorse che un domani potrebbero subire ridimensionamenti.
Per quel che riguarda la gestione dei musei cittadini invece?
Stiamo parlando di piccoli contratti, per l’apertura nel finesettimana dei musei. Il primo obiettivo era quello di mettere in sicurezza i servizi, ma tutto non finirà con la riorganizzazione che facciamo ora. L’idea di fare di più e di valorizzare le competenze che ci sono esiste e, semmai, con il tempo l’obiettivo non è solo quello di tornare a impiegare risorse esterne, ma anche di aumentare il personale interno all’Ente con il compito di occuparsi di cultura. Il nostro è un percorso fatto con serietà e spirito di responsabilità, bisogna prima di tutto tutelare i servizi, e con i trasferimenti erariali da parte dello Stato sempre più ridotti è necessario mantenere un percorso a tappe incentrato su un forte equilibrio.
E sul nuovo bando Aspal? Con che meccanismi il personale in esubero dal Teatro verrà reimpiegato su altri servizi?
E’ stata fatta una modifica dello statuto di Aspal funzionale anche a questa riorganizzazione. Ovviamente non ci sarà nessun trasferimento automatico. Ad Aspal viene chiesto da parte nostra di occuparsi di alcune istituzioni culturali e del servizio turismo, che, finalmente, a differenza del passato, è una realtà molto seria e importante per il nostro territorio. E’ ovvio che per assolvere a questi incarichi Aspal debba assumere del personale e alcune delle professionalità che finora hanno lavorato per il Tra sono interessanti e in grado di ricoprire i nuovi ruoli con competenza. Ma il bando non è, e non potrebbe essere, rivolto solo a loro: potranno partecipare anche i lavoratori di Copat, di Pierrecci Codess e chiunque riterrà di avere i titoli per farlo.
Cosa ci può dire sul futuro del Teatro? Le mansioni professionali oggi ricoperte dai precari non verranno mantenute? Si va davvero verso la dismissione?
In questo momento l’edificio è chiuso e la Fondazione teatrale ha il compito delicatissimo di dare alla zona di Alessandria il teatro di produzione, mantenendo le mire per il futuro di approdare alla soluzione del teatro stabile. Se si vuole che queste professionalità non vengano assorbite altrove è ovvio che si debba cercare di garantire altre opportunità di impiego sul territorio nel settore culturale, ed è quello che ha fatto nella maniera migliore il Sindaco. E’ indubbio però che se non ci sarà una stagione teatrale ospitata da quell’edificio, che ad oggi non è possibile sapere quando tornerà effettivamente disponibile, ci si trova necessariamente con personale in esubero. In questo caso o le persone vengono licenziate, o messe in cassa integrazione, o trovano un altro spazio nel circuito culturale alessandrino. Anzi, l’idea è quella di legare diversi teatri della provincia, valorizzando ad esempio il Teatro delle Piane di Tortona, così come quelli di Novi e di Casale, che oggi hanno produzioni diverse. E’ facile immaginare un Teatro che abbia più di una sede di riferimento. Bisogna pensare a una soluzione che domani si leghi a un progetto più ampio che produca iniziative di grande qualità ma a costi accessibili. E’ comprensibile che l’attenzione oggi sia sul fatto che il teatro si trovi chiuso per la vicenda amianto, ma la gestione deve essere pensata in modo più complessivo. In attesa che finiscano le indagini e le inchieste, e che si compia poi il piano di bonifica, è giusto alleggerire la Fondazione dal costo del personale che non è nelle condizioni di lavorare e, d’altra parte, dare l’opportunità a quelle stesse persone di trovare un altro impiego. Il teatro va tutelato, e al momento questo vuol dire anche alleggerire i costi strutturali che ci sono. Però è giusto mantenere alta l’attenzione: io credo che un grande progetto possa permettersi due stagioni di stop, ma non di più. Si rischia altrimenti di comprometterne definitivamente la capacità di ripresa.
E sulle indagini? Il Comune si costituirà parte civile?
Io sono un garantista vero. Le indagini ormai sono in dirittura d’arrivo e il Comune deciderà quando sarà il momento di farlo. Se sono stati commessi degli errori sono stati fatti sicuramente in buona fede. Visti i tempi che si prospettano comunque è difficile che la decisione spetti a chi ha ricevuto l’attuale mandato politico e chi verrà dopo prenderà i provvedimenti che riterrà più opportuni per tutelare i cittadini.
Si sa già qualcosa di certo sulla stagione teatrale vera e propria? Come sarà gestita senza il Teatro?
C’è chi ci sta lavorando in questo periodo, la presidente Mancuso e il direttore Vacis in primis. Sicuramente protagonisti saranno il teatro alessandrino e quello valenzano, ma credo l’idea sarà anche quella di allargarsi anche ad altre strutture. Su questo non abbiamo ancora informazioni precise.
Gabriele Vacis alla fine ricoprirà la figura di direttore unico o resterà solo direttore artistico? Tornerà ad esserci un direttore amministrativo?
La Fondazione è popolata dai rappresentanti dei soci. La presidente Elvira Mancuso rappresenta l’Amministrazione e fa le sue scelte, bisognerebbe chiedere a lei come pensa di gestire la questione. Chi ha una responsabilità si deve assumere giustamente il compito di fare le scelte che crede e poi di risponderne. Io non ho informazioni né in un senso né nell’altro.
In chiusura, per tutte quelle realtà che vantano ancora crediti nei confronti del Comune, specie per servizi offerti in ambito culturale, esiste un piano per onorare i contratti? In che tempi?
E’ una situazione complessa, che riguarda molte amministrazioni in Italia e non solo la nostra. Chi ha svolto lavori per il Comune ha tutto il diritto di essere pagato e quelli sono a tutti gli effetti crediti esigibili. Il problema è che non esiste al momento un piano di rientro da parte dell’Amministrazione e neppure potrebbe esistere, visto che è stato da poco approvato il bilancio preventivo per il 2011, certamente con grande ritardo, e in queste condizioni la legge non consente di spendere più di un dodicesimo ogni mese di quel che si è speso in totale l’anno precedente, quindi non ci sono materialmente le condizioni per saldare adesso quei debiti. E’ stato fatto un accordo con la Cassa di Risparmio di Alessandria ma bisogna ammettere che si tratta di un contratto capestro, in grado di tutelare solo i grandi creditori e che rischia di mettere in ginocchio quelli più piccoli che pure hanno svolto e svolgono per il Comune un servizio prezioso (lasciando a loro sostanzialmente il pagamento degli interessi sull’anticipo di denaro che la Cassa di Risparmio fa al posto del Comune, trasformando in un certo senso un credito da esigere nella richiesta di un prestito ndr). Al momento su questo punto non ci sono reali prospettive e non si possono ipotizzare soluzioni in tempi brevi.