Brina: “troppi i galli nel pollaio del centro sinistra”
Le Frattocchie e i corsi in Urss, gli anni dellalleanza Pci Psi a Palazzo Rosso, tangentopoli e la seconda repubblica. Con il sen. Alfio Brina facciamo un tuffo nel vissuto politico cittadino, ma con lo sguardo rivolto al futuro di Alessandria
Le Frattocchie e i corsi in Urss, gli anni dellalleanza Pci Psi a Palazzo Rosso, tangentopoli e la seconda repubblica. Con il sen. Alfio Brina facciamo un tuffo nel vissuto politico cittadino, ma con lo sguardo rivolto al futuro di Alessandria
Senatore, anche qui ad Alessandria, un tempo, qualcuno era comunista….Lei se ne ricorda?
Altro che qualcuno. Nei primi anni Settanta, dopo la sbornia del sessantotto e dell’autunno “caldo”, sia arrivati ad avere 14 mila iscritti in provincia, e sezioni attive in ogni Comune e paesino. Ad Alessandria città e dintorni avevamo circa 4 mila iscritti, come correttamente il mio amico Felice Borgoglio ha ricordato di recente sul Piccolo. E’ sul numero degli iscritti socialisti e democristiani che si è un po’ confuso….ma sa, ormai sia lui che io cominciamo ad avere un’età…
Vecchia guardia sempre agguerrita però. E a questo punto non possiamo che partire dai mitici, tremendi anni Settanta. I disastri di oggi a Palazzo Rosso arrivano da lì?
Manco per idea. La situazione, assolutamente tragica, del Comune di Alessandria di oggi nasce dai primi anni Novanta. Ma se vuole ci arriviamo con calma. Dal ’46 al ’64 la nostra città ebbe giunte sempre di centro sinistra, con sindaci come Basile, Villa, Raschio….
Poi il Pci va all’opposizione?
Sì, dal ’64 al ’72 il Psi, con sindaci prima Abbiati e poi Magrassi, sceglie l’alleanza con la Dc…sono gli anni del boom economico, anche da noi. E si comincia a parlare, a Roma e in provincia, di programmazione, su spinta di un gruppo di giovani intellettuali socialisti. Non proprio i piani quinquennali sovietici, ma insomma si avverte in quegli anni la necessità che la politica dia una guida e una linea di sviluppo anche all’economia. Finchè ad Alessandria cresce nel Psi il giovane Borgoglio, e ha un’illuminazione…
Ossia?
Capisce (dati alla mano, perché allora la politica si faceva coi numeri) che la Dc gli sta rubando spazio e voti, e che deve riportare il Psi a sinistra. Nasce così, nel marzo 1972, una giunta Psi Pci, con Borgoglio sindaco e Brina vicesindaco. Che durerà, passando attraverso le elezioni del 1975 (con forte crescita del Pci, che arriva ad avere 20 consiglieri comunali su 50, di gran lunga il primo partito in città), fino al 1979. Poi Borgoglio diventa parlamentare, e gli succede come sindaco Francesco Barrera.
Ma lei negli anni precedenti che faceva?
Il funzionario del Pci. Con tanto di formazione seria, tra un intero anno, il 1965 mi pare, alla mitiche Frattocchie, naturalmente. E anche alcuni mesi in Russia, più tardi. Credo fosse il 1971…
Indottrinamento?
Anche, sicuramente. Ma soprattutto una grande macchina organizzativa, con un forte senso di modernità per l’epoca. Ricordo ad esempio le esercitazioni per parlare dinanzi alle telecamere della tv, che allora qui da noi mica si facevano. C’erano addirittura i corsi quadriennali, ma il Pci optava in genere, per i suoi funzionari, per una formazione di pochi mesi. E ricordo un altro dettaglio significativo: in Russia c’erano percorsi differenziati per i funzionari dei partiti che erano al potere nei loro Stati (e che quindi dovevano sviluppare la tecnica di conservarlo, è evidente), e per quelli occidentali, come noi o i francesi, che invece dovevano fare opposizione di sistema.
Ma torniamo ad Alessandria: negli anni Ottanta lei diventa deputato…
Sì, vengo eletto a Roma nell’83, e ci rimango fino al 1994. Prima deputato e poi senatore. Ma continuo a seguire con attenzione la politica cittadina, che diventa, con Barrera e poi con Mirabelli, sempre più socialista. Fino alle vicende di Tangentopoli, che chiudono un’epoca e aprono le porte di Palazzo Rosso alla Lega nel 1993, quando comincia la cosiddetta seconda Repubblica.
E lei che fa? Si ritira a vita privata?
In un certo senso sì. Con la fine del Pci aderisco comunque al Pds e alle successive evoluzioni, fino al Pd. Ma francamente qualcosa si rompe in quei primi anni Novanta: io non ero d’accordo con chi demonizzò i socialisti in blocco, e volle rompere drasticamente con loro. E poi avevo un mio sogno giovanile interrotto: laurearmi. E così mi butto sui libri, con tutta la fatica dell’uomo maturo, e devo dire anche con l’aiuto di mio figlio. E nel 2001, a 60 anni compiuti, mi laureo in Giurisprudenza discutendo la mia tesi sul Bilancio dello Stato e le riforme di Ciampi sa dove? Nella sala giunta di Palazzo Rosso! Davvero una bella soddisfazione.
Nel quinquennio di giunta Scagni lei è poi tornato a dare una mano?
All’inizio sì. Ho elaborato un progetto articolato, che altri hanno di molto ridimensionato. Poi francamente mi sono sentito poco coinvolto, e via via, insieme a Delmo Maestri, ho cominciato anche ad avanzare dubbi e critiche, che oggi confermo. Si proseguì in quegli anni con una logica di moltiplicazione di posti, e di municipalizzate o partecipate che siano, che già la Calvo aveva avviato, e che trovo sbagliata. Ma lo sa che, alla fine della prima repubblica, il Comune di Alessandria aveva non più di 4 o 5 municipalizzate, e oggi sono 36? E ognuna ha dirigenti e amministratori, con emolumenti connessi. Il problema allora non sono gli stipendi di sindaco e assessori (pure bassi, in rapporto all’impegno), e men che meno i rimborsi dei consiglieri comunali, che lavorano praticamente gratis. Il problema è il giro che c’è attorno, clientele connesse.
Fabbio non ha invertito la tendenza, con le privatizzazioni?
Le privatizzazioni sono la strada sbagliata, perché portano a cedere i pezzi migliori del patrimonio pubblico, e mettono a rischio la qualità dei servizi, e il loro costo per i cittadini. Fabbio non ha invertito proprio nulla, peraltro. Pensi che ai tempi miei e di Borgoglio la galassia comunale, diciamo così, aveva 1.340 dipendenti. Oggi, anche dopo le famose privatizzazioni, sono circa 2.000. Non solo: per rispettare il patto di stabilità, la giunta di centro destra in questi quattro anni ha tenuto sotto controllo il numero dei dipendenti del Comune, ma ha “gonfiato” (con quali criteri possiamo immaginarlo) le partecipate. Insomma, Amag aveva un tempo 70 dipendenti, e ne ha 250. L’Amiu è passato da 140 a più di 200, nonostante esistano oggi strumenti di lavoro iper tecnologici rispetto ad un tempo. Atm poi non parliamone: nel corso degli anni il numero di clienti è sceso ad un quarto (da 16 a quattro milioni di biglietti annui, abbonamenti inclusi) e i dipendenti sono saliti da 140 a oltre 200. Le pare normale?
Intanto però, sotto il cielo del centro sinistra, non c’è un po’ di confusione? I candidati sindaci spuntano come funghi, e nell’aria volano coltelli…
Nei mesi scorsi hanno lanciato le primarie di coalizione, e in realtà nessuno le vuole. Vedo tanti galli nel pollaio, troppi. Ma soprattutto mi preoccupa che siano galli noti solo a noi addetti ai lavori, e che forse non hanno la statura per confrontarsi con l’opinione pubblica cittadina. Le liste civiche, poi, io le boccio in toto: parliamoci chiaro, è quasi sempre gente in cerca di posti…
Non è che, sotto sotto, vorreste lasciare la patata bollente del Comune in mano a Fabbio per altri cinque anni, per vedere se e come ne esce?
No, questo non si deve fare. La situazione di Palazzo Rosso è drammatica, ma il centro sinistra deve avere la forza e il senso di responsabilità di dire ai cittadini: noi ci siamo, vi diremo con trasparenza come stanno le cose in partenza, e proveremo ad invertire la rotta con serietà. Ma per riuscirci bisogna anche mettere in campo, in campagna elettorale e soprattutto dopo, profili e competenze adeguate. Non fare demagogia insomma.
Se, nelle scorse settimane, lei fosse stato in Parlamento avrebbe votato per l’arresto dell’on. Papa?
Credo di sì. Non sono giustizialista, ma il clima nel Paese immagino lo percepisca anche lei. I cittadini hanno l’impressione che si vada in Parlamento per avere l’immunità, e che la classe politica sia tutta corrotta. Poiché non è così, bisogna dimostrarlo con gesti anche forti. Ma non penso solo a queste situazioni estreme. Penso ad una riduzione drastica del numero dei parlamentari, a Comunità Montane a livello del mare che devono sparire, alle Province che, se proprio non si riesce a cancellarle, possono almeno essere accorpate. Alessandria e Asti ad esempio, o Vercelli e Biella. Non mi si dica che è impossibile…