“Vi racconto la mia vita da clochard”
Terminato il progetto Emergenza Freddo, i volontari e gli operatori dellostello raccontano i vissuti delle persone senza dimora della nostra città, per sottolineare il peso e la complessità del fenomeno
Terminato il progetto ?Emergenza Freddo?, i volontari e gli operatori dell?ostello raccontano i vissuti delle persone senza dimora della nostra città, per sottolineare il peso e la complessità del fenomeno
I volontari si sono impegnati, oltre che a gestire ogni aspetto dell’ospitalità, anche a creare legami di comunicazione, ponendo le condizioni per la nascita di relazioni. In molti casi sono gli operatori le uniche persone in grado di dare agli ospiti un po’ di attenzione e di ascolto condividendo con loro qualche momento della giornata.
E’ stata forte la volontà, sfociata in una serie di interviste poste agli ospiti dell’ostello, di fare emergere le storie delle persone che hanno usufruito del servizio, per non dimenticare che i problemi sociali hanno volti, nomi, emozioni.
Intervistare – senza nessuna pretesa di rigorosa analisi sociologica – è stata, quindi, un’occasione per offrire loro un momento di positiva visibilità e per restituire dignità ai loro vissuti.
Sottrarre le persone ai giudizi ed alle valutazioni cui vengono sottoposte quando si rivolgono ai servizi, valorizzando i loro saperi e le storie personali, è stato l’obbiettivo prioritario delle interviste.
Il lavoro, il viaggio, il futuro idealizzato ecco i temi che certamente ricorrono nei racconti di Marco – 48 anni, cittadino italiano, la cui vita lavorativa è stata una discesa attraverso la precarietà fino all’assenza di qualsiasi opportunità -, Mohamed – 45 anni, cittadino marocchino, immigrato in Italia verso un futuro idealizzato, che ha intrapreso una percorso deviante sfociato nel carcere e nell’invalidità permanente -, Alda – 40 anni, italiana, che racconta gli scontri in famiglia, la fuga di casa, il problema dell’alcol -, Laurina – 48 anni, che ha in ucraina ancora una famiglia e in Italia un figlio, e ha paura di essere di nuovo preda di chi si approfitta del suo bisogno estremo di lavorare.
“…Prima di adesso era stabile, gli anni scorsi non ho avuto nessun problema, poi c’è stato lo shock – la perdita della casa -, non avendolo mai fatto, ma non è gravissimo … penso che si riesce a superare lo shock: vai in un ambiente che non è il tuo…..”
“…Non ho più famiglia: ci son solo i miei, il resto della mia famiglia non può immaginare una cosa del genere, non capirebbero.”
“Penso di essere morto…da dicembre..”
(Marco)
“…Un po’ sono cambiata… Quando dovevo venire in Italia sentivo dire “l’Italia è bella, l’Italia è calda, l’Italia è così…”
“Certo, i miei sogni si sono scontrati con la realtà…”
“… Mia mamma e le mie sorelle mi dicevano che facevo bene a partire così avrei potuto trovare un lavoro e aiutare i miei figli… mio papà non voleva, sono partita due anni dopo la sua morte.”
“Avevo deciso con i miei figli che la cosa migliore in quel momento era venire in Italia… La situazione è molto pesante in Ucraina per quanto riguarda il lavoro, i pagamenti… abbiamo deciso che per il momento rimaniamo qua in Italia…”
(Laurina)
“Avevo l’impressione che non c’era molto lavoro. Mio padre dovette rendersi conto che non poteva aiutare mio fratello che studiava e allora ho detto basta, vado via, mi trovo un’altra situazione migliore…”
“(In carcere) mentre giocavo a pallone….Sono stato colpito con una sbarra di ferro e mi hanno portato direttamente in ospedale. (Ho lesioni) permanenti: a volte non reagisco, a volte sbaglio a rispondere, a volte anche a fare qualche movimento. Ho fatto delle visite e mi hanno detto che ho una malattia psicomotoria.”
“Al ritorno (in Marocco) vorrei vederli, toccarli e… Penso che mi sposerò e poi vivrò vicino a loro (la famiglia)…
(Mohamed)
“…prima vivevo con mia sorella, mia madre e ultimamente anche con mio fratello… ci sono stati un po’ di problemi per via dei caratteri che non sono molto uguali: io e mia sorella ci scontriamo sempre e ho deciso di andarmene… poi il problema dell’alcool, poi c’era qualsiasi cosa che non andava…”
(Alda)
Questo progetto è stato realizzato presso l’ostello maschile di via Mazzini, grazie all’Associazione Opere di Giustizia e Carità, la Caritas diocesana di Alessandria, le amministrazioni comunale e provinciale, il Cissaca, l’Asl-Sert e gli Scout.
Nessuno degli ospiti, protagonisti di questa esperienza, rivendica diritti di cittadinanza o aiuto da parte dei servizi. C’è, nei loro occhi e nelle loro parole un sentimento che oscilla tra la rassegnazione e l’illusione/desiderio che il futuro sia nelle loro mani.
(Marco)
“Voglio rimanere in provincia di Alessandria; mi hanno dato un posto letto e questo è importante, poi ho trovato tante persone che mi hanno conosciuta, che mi capiscono, che credono in me… questo è importante”
(Laurina)
“si, poi tocca a me…”
(Alda)