Livraghi: “Teatro Comunale, quanti errori”
Lemergenza bonifica amianto, la crisi finanziaria, lincerto presente e futuro di un ambizioso progetto culturale. Ne parliamo con Roberto Livraghi, già consigliere di amministrazione del Tra, e ex assessore alla Cultura di Palazzo Rosso
L?emergenza bonifica amianto, la crisi finanziaria, l?incerto presente e futuro di un ambizioso progetto culturale. Ne parliamo con Roberto Livraghi, già consigliere di amministrazione del Tra, e ex assessore alla Cultura di Palazzo Rosso
Dottor Livraghi, perché innanzitutto rifiutare di restare in carica per i rituali 45 giorni di proroga? Perché la situazione è tale da non consentirlo. Io non ho lasciato il mio incarico per ragioni personali, sopraggiunti impegni di lavoro o altro. Piuttosto, con l’approvazione del bilancio consuntivo 2010 è scaduto il mio mandato (insieme a quello dell’intero cda) e ho ritenuto che non ci fossero davvero le condizioni neppure per una proroga temporanea.
Lei nel cda del Teatro Regionale Alessandrino rappresentava la Regione. Nomina in era Bresso. Perché allora accettò l’incarico?
Da più di trent’anni amo il Teatro Comunale, e credo nelle potenzialità del teatro alessandrino in genere. Ho partecipato nel tempo a quell’ampio processo di elaborazione culturale, promosso da personalità come Adelio Ferrero, Enrico Foà, Delmo Maestri, Lucio Bassi, Franco Ferrari, Nuccio Lodato e altri, grazie al quale si era arrivati ad un’idea di teatro forte e precisa, e alla convinzione che Alessandria potesse e dovesse essere il secondo polo teatrale regionale, dopo Torino. E per polo teatrale intendo un centro di produzione artistica originale, oltre che di rappresentazione. Sono entrato nel Cda credendo di poter ancora portare avanti quel progetto. Ma in questi due anni è successo davvero di tutto.
Allude alla vicenda amianto nelle sale, con chiusura del Teatro Comunale, ancor oggi non si sa fino a quando?
Certo, ma non solo. La vicenda amianto, che ha anche risvolti giudiziari, per cui verranno stabilite le eventuali responsabilità, si è innestata su una crisi anche finanziaria, che era già cominciata in precedenza, e che certo la chiusura della struttura dallo scorso ottobre ha aggravato. E francamente via via mi sono reso conto che il cda del Tra veniva svuotato di competenze e autonomia, che certe decisioni venivano portate sul tavolo arrivando da non so dove (ma posso immaginarlo), e a noi era chiesto semplicemente di ratificarle. Un approccio che va nella direzione opposta a quella cultura delle regole a cui accennavo all’inizio, e per cercare di contrastare il quale ho ritenuto opportuno non dimettermi prima del tempo.
Ma la scintilla che ha accelerato la sua uscita è stata finanziaria: è così?
Beh, parliamo pure di soldi. Sul bilancio preventivo 2011 ho espresso voto contrario, e spiego perché. E’ stato approvato dal consiglio un documento che, in prima battuta, prevedeva contributi per quest’anno di 1,5 milioni di euro dal Comune di Alessandria, 680 mila euro dalla Regione Piemonte, 220 mila euro dal Comune di Valenza, 100 mila euro dalla Fondazione CrAl e 100 mila euro dall’Amag. Il che significava un taglio già di circa il 25% rispetto all’anno precedente, ma dato il contesto di crisi generale ci si doveva accontentare. Ebbene, nelle scorse settimane, il giorno dell’assemblea dei soci, ci viene comunicato che il contributo della Regione si riduce a 600 mila euro, e quello del Comune di Valenza scende addirittura a 30 mila euro. A quel punto approvare il bilancio avrebbe significato, dal mio punto di vista, avallare un documento che parte con uno sbilancio di 270 mila euro. Non me la sono sentita. . In realtà – ma negli atti approvati non ve n’è traccia – come ho già avuto modo di scrivere il bilancio Tra 2011 scende dai 4 milioni e 161 mila euro dell’anno scorso a 2 milioni e 879 mila.
Torniamo all’amianto: lei ha capito se il Teatro Comunale alla fine riaprirà, e quando?
Io ho visto in questi ultimi dieci mesi un susseguirsi di affermazioni qualunquiste, di slogan e promesse campate per aria. Nel mentre nulla è stato fatto, e pure oggi mi pare ci sia molta confusione. Nonostante dichiarazioni contrarie, a me non risulta che, almeno fino a qualche giorno fa, nessun incarico ufficiale sia stato assegnato per la messa a punto di un piano di bonifica. Se poi il piano è stato preparato, su incarico informale di non so chi (ma posso immaginarlo), e da un giorno all’altro sarà presentato ufficialmente, anche questo rientra in quel deficit di cultura delle regole che dicevo prima. Ma insomma, il punto resta che dobbiamo ancora capire con chiarezza se la bonifica si può fare, in che tempi e a che costi. E naturalmente chi se ne occuperà. Dieci mesi dopo il disastro, come si fa a dire che non è stato perso tempo?
Nei mesi scorsi lei come ha vissuto l’uscita di scena del direttore organizzativo Franco Ferrari (nella foto)?
Malissimo. Ferrari aveva e ha competenze, idee e schiena dritta. Il che lo rendevano incompatibile con il contesto. Vorrei essere chiaro: il progetto di Teatro Stabile di cui abbiamo discusso per anni, e che non mi risulta essere stato archiviato, prevede due distinte figure dirigenziali. Una che abbia competenze organizzative, contrattuali, legislative. L’altra che abbia un solito know how artistico. Io ritengo che Gabriele Vacis sia uno dei migliori autori e registi che oggi abbiamo in Italia, e che la sua figura sia un perno essenziale del progetto teatrale alessandrino. Perderlo sarebbe gravissimo. Non credo però che possa essere lui, uomo di teatro, ad occuparsi di amministrazione, contratti, bilanci. E non ci sto al giochino del chi butti giù dalla torre: ripeto, servono due figure distinte. O il progetto semplicemente non c’è più.
Dottor Livraghi, lei è stato anche assessore alla Cultura del Comune di Alessandria. Come valuta l’operato della giunta Fabbio?
Io credo molto in una politica culturale basata su istituti permanenti: e sono orgoglioso di aver operato in questa direzione, sul fronte della nostra Biblioteca Civica, e del sistema dei musei cittadini. Negli ultimi quattro anni mi pare si sia puntato esclusivamente su singoli eventi spot, che lasciano il tempo che trovano. Trascurando un po’ troppo, forse, gli istituti culturali.