Docenti precari: “Graduatorie a pettine? No grazie”
Un banchetto di raccolta firme promosso dal Comitato nazionale per la Tutela dei docenti precari contro il decreto amministrativo del maggio 2011 che trasforma le cosiddette graduatorie "ad esaurimento" in graduatorie "a pettine"
Un banchetto di raccolta firme promosso dal Comitato nazionale per la Tutela dei docenti precari contro il decreto amministrativo del maggio 2011 che trasforma le cosiddette graduatorie "ad esaurimento" in graduatorie "a pettine"
Con queste motivazioni il Comitato per la Tutela dei docenti precari nella giornata di ieri, mercoledì 13 luglio, ha allestito un banco di raccolta firme in piazza della Libertà (angolo via dei Martiri) ad Alessandria.
Ma cerchiamo di capire di cosa si tratta.
Le graduatorie stabilite dalla Legge 296 erano state dichiarate “ad esaurimento”: l’invito per i docenti era quello di scegliere, nel 2007, una provincia in via definitiva nella quale lavorare. Questa lista sarebbe stata, come dice il termine stesso “ad esaurimento”, ovvero sarebbe rimasta “congelata” fino a che tutti i docenti in lista non fossero passati di ruolo. Sempre nel 2007 queste Gae (Graduatorie ad esaurimento) sarebbero state modificate da un provvedimento dell’allora ministro Fioroni che istituiva il cosiddetto meccanismo delle “code”, ossia per i docenti era prevista la possibilità di inserimento in graduatorie di altre 3 province a scelta (a carattere opzionale), ma ovviamente in coda ai già presenti nelle liste aggiuntive, così da tutelare quei docenti che erano inseriti nelle nuove liste già da tempo. In questo modo erano preservate sia l’esigenza di mobilità che la tutela dei diritti acquisiti da ogni singolo docente.
Il Decreto Ministeriale 44 del maggio 2011, introdotto dall’attuale ministro Gelmini, invece ha riaperto le graduatorie con il cosiddetto inserimento “a pettine”. Con questo nuovo regolamento coloro che avanzeranno la richiesta di venire collocati nella graduatoria di un’ulteriore provincia (oltre alla loro prima scelta), saranno inseriti “a pettine”, cioè in base al punteggio di merito maturato negli anni di lavoro, e non più “in coda” ovvero in fondo alla graduatoria come avveniva finora.
“Questa scelta getta, di fatto, migliaia di docenti nella disperazione, creando precariato su precariato”, sostengono i rappresentanti del Comitato “No Pettine”. Alessandra Micheletto, presidente del Comitato nazionale di Tutela dei docenti precari, insieme agli organizzatori di questa iniziativa di protesta e raccolta firme Stefania Gallazzi e Andrea Negri spiegano come “con la legge del 2007 molti di noi, sopratutto provenienti dal sud Italia, fecero una vera e propria scelta di vita collocandosi in una provincia per l’insegnamento e trasferendosi pertanto al Nord, ribaltando completamente il proprio stile di vita. Questi docenti sono i primi a schierarsi contro le graduatorie ‘a pettine'”. “Per questo – proseguono – è pretestuoso il tentativo di qualcuno di ridurre in modo semplicistico la questione ad una ‘contrapposizione o rivalità’ tra docenti del Nord e docenti del Sud”.
Inoltre la presidente del comitato, Micheletto, sottolinea che a partire dall’iniziativa della Giunta regionale del Veneto, anche altre regioni (tra cui il Piemonte) da Nord a Sud dello stivale hanno deciso di patrocinare il ricorso tramite le loro avvocature presso il Tar “che noi, come Comitato, avavemo già attuato da tempo”.
“Visto che una legge c’è ancora, la 296, va rispettata e non violata” sottolineano gli organizzatori dell’iniziativa. “Noi vorremmo solo che le graduatorie venissero rispettate, senza alcun rischio di venire messi in attesa di ricoprire incarichi saltuari o addirittura di finire disoccupati, solo perché in molte regioni le abilitazioni non sono state proporzionali alla domanda e allora migliaia di insegnanti vengono trasferiti”.
Anche perché come testimoniano sia una docente di ruolo, Grazia Ricci, che una docente precaria del “Comitato precari di Alessandria appoggiato dalla Cisl”, Annalisa Pitisano, “continuando così non si vanno a ledere solo i diritti degli insegnanti, ma soprattutto quelli degli studenti che vedranno nuovamente cambiare i propri docenti e saranno privati di quella continuità didattica ed educativa che rappresenta l’elemento fondante della crescita culturale, intellettuale ed etica di una società“.