Gabriele Vacis: “ecco come rifarei il Teatro Comunale”
Lemergenza amianto come opportunità di cambiamento, in meglio. Ma anche il progetto di Teatro Stabile dinnovazione, la Cittadella, il cinema. Conversazione a tutto campo con il direttore artistico del Teatro Regionale Alessandrino
L?emergenza amianto come opportunità di cambiamento, in meglio. Ma anche il progetto di Teatro Stabile d?innovazione, la Cittadella, il cinema. Conversazione a tutto campo con il direttore artistico del Teatro Regionale Alessandrino
Vacis, lei è davvero uno dei registi teatrali di maggior valore della sua generazione, e di questo Paese. Quindi non si può che partire con una domanda “da alessandrino”: ma come ci è capitato da queste parti? Sia sincero però…
Sincerissimo. Chi conosce un po’ il mio percorso professionale sa che in fondo sono un “truzzo”, un uomo di periferia, così come buona parte dei miei collaboratori storici, e degli attori con cui lavoro. Scherzi a parte, davvero io sono nato, cresciuto e vivo tutt’ora a Settimo Torinese, come tanti sanno. E Settimo oggi è un’altra roba per fortuna, ma quand’ero ragazzo io era periferia davvero disagiata, altro che Alessandria scusi…Io qui comunque ci sono venuto aderendo, con entusiasmo, ad una proposta di costruzione di secondo Teatro Stabile del Piemonte a cui credo molto…
E che in tanti danno per tramontata: Cassandre?
Spero sia un eccesso di pessimismo. Non confondiamo la sciagura contingente della chiusura dell’edificio del Teatro Comunale, con il progetto nato a livello regionale nel 2007, che è tutt’ora in piedi, e che certo deve fare i conti non tanto con l’amianto, quanto con i tagli costanti e la crisi ormai permanente degli enti locali, e della società intera. Però attenzione: stiamo parlando di un Teatro Stabile di Innovazione, non del solito carrozzone che ci sta più, non ha senso in rapporto ai tempi…
Ci spieghi meglio…
Parto da alcuni nomi che spero facciano sobbalzare i lettori: Valerio Binasco, Fausto Paravidino, Yurij Ferrini. Tutti alessandrini tra l’altro, gente di casa vostra, e grandi risorse del teatro italiano. Ma aggiungo anche talenti assoluti come Laura Curino, Natalino Balasso. Si può pensare di “imbrigliare” artisti così, che oggi per talento e anche per necessità passano dal teatro, al cinema, al doppiaggio, alla pubblicità? Ma scrivono anche libri, insegnano all’università. Insomma, sono intellettuali a tutto tondo, che possono e devono essere l’ingrediente basilare di un grande progetto culturale, su cui poi innestare tanti altri talenti del territorio, in parte già ben presenti, e in parte ancora da scoprire.
Lei il teatro di innovazione lo sperimenta fin dai tempi della cooperativa Laboratorio Teatro Settimo…
Un’esperienza splendida, ricchissima, durata esattamente vent’anni, dal 1982, quando con un gruppo di amici e colleghi (tra cui i già citati Tarasco e Curino, noti agli alessandrini) decisi che Settimo poteva e doveva cambiare, in meglio, anche attraverso un percorso culturale che incidesse davvero sul territorio. Come credo, sia pur in un momento storico del tutto diverso, potrà accadere ad Alessandria e provincia. Comunque, per farla breve e guardare al futuro e non al passato: nel 2002 il Laboratorio Teatro Settimo fu acquisito, attraverso cessione di ramo d’azienda, dallo Stabile di Torino, e noi tutti, ognuno per le proprie competenze, abbiamo continuato in quel contesto il nostro percorso professionale. Ma io nel frattempo mi sono cimentato anche nel teatro di narrazione, e ho avuto il piacere di lavorare in profondità con talenti come Marco Paolini, Lella Costa…
Vacis, lei dal 2008 ad oggi è stato direttore artistico del Tra, che però al contempo poteva contare fino a pochi mesi fa anche su una figura di direttore generale/organizzativo, ossia Franco Ferrari, che ha chiuso il suo rapporto con non poche polemiche, dopo un percorso trentennale al servizio prima dell’Azienda Teatrale Alessandrina, e poi del Teatro Regionale Alessandrino. Ora che succederà?
Diciamo che finora io ho svolto qui ad Alessandria il ruolo di regista stabile, mentre ad esempio, nella prossima stagione, non ci saranno mie nuove regie, e come direttore artistico punterò tutto sulla valorizzazione del talento altrui. Onestamente, il TRA credo avesse un fatturato prima della chiusura del Comunale per amianto di circa 4 milioni di euro. Quest’anno saranno probabilmente meno, a causa della nota vicenda. Non sono numeri che possono consentire troppe figure dirigenziali. Mentre sono convinto che l’attuale organico (15 dipendenti a tempo indeterminato, e altri 9 a tempo determinato) va assolutamente conservato, e valorizzato.
Insomma, lei parla già da direttore unico. Allora le chiedo: quando riaprirà davvero il Teatro Comunale di Alessandria? Non le sembra che da ottobre 2010 ad oggi ci sia stato un valzer di dichiarazioni e annunci a dir poco da dilettanti?
Quindi lei vuole aggiungere le mie? Guardi, io spero che la vicenda amianto si risolva prima possibile, e che la bonifica renda riutilizzabile quanto prima la struttura. Ma vado oltre: secondo me questo Teatro non può riaprire come prima. E sa perché? Perché era fino ad ottobre 2010 una struttura assolutamente sottoutilizzata.
Ci spieghi meglio…
Venga, le mostro l’impianto del palcoscenico e della sala (ci spostiamo fisicamente di fronte ad una foto del Comunale scattata dal fondo del palcoscenico, ndr). Vede? Questo teatro, progettato negli anni Sessanta, ha ancora le due corti laterali, che il pubblico non vede ma che sono ognuna 400 metri quadrati. Un tempo servivano per far scorrere le scene, tra un atto e l’altro. Ma oggi non si usano più, come pure la torre scenica, che si usa una volta l’anno, per l’opera. Questi sono spazi che potremmo tranquillamente offrire, in maniera permanente, a disposizione delle scuole di danza della città, per fare un esempio. Rendendo vivo e pulsante uno spazio morto. Ma non è finita. In platea ci sono mille posti. Secondo me sono sufficienti, e per quei 6 o 7 spettacoli l’anno in cui non bastano possiamo prevedere delle repliche. Ma allora tutta la galleria potrebbe diventare un’altra sala, completamente autonoma. Così come questi spazi al secondo piano, dove stiamo facendo l’intervista, dall’autunno saranno la sede dei Pochi, che è assurdo debbano ritrovarsi altrove. E il foyer? Enorme e inutilizzato per gran parte dell’anno. Mettiamoci un wireless libero, e diamo la possibilità agli studenti di utilizzarlo…Insomma: un Teatro pubblico deve essere, anche fisicamente, uno spazio vissuto ed utilizzato davvero dai cittadini.
E il cinema?
E poi il cinema, certo: ma perché dobbiamo programmare Thor? Io voglio il cinema di qualità che tanti vogliono vedere, e neanche più trovano in giro. Voglio i fratelli Dardenne, voglio Corpo Celeste di Alice Rohrwacher, mia bravissima allieva alla Scuola Holden qualche anno fa. E voglio fare un accordo con il proprietario/gestore del Macallè di Castelceriolo, che ho incontrato e a cui tutta Alessandria dovrebbe fare un pubblico ringraziamento, per aver mantenuto in vita il cinema d’autore in provincia in questa stagione per noi disgraziata…
Quindi lei si immagina almeno un altro anno di chiusura, per realizzare questi adeguamenti, e nel frattempo un’altra stagione “alla meno peggio” tra Valenza e Teatro Alessandrino…
Io farei così. La decisione non spetta a me, ma non sono abituato a non dire ciò che penso. Da una negatività, come la vicenda amianto, può nascere l’opportunità per cambiare in meglio…..
Vacis, il progetto di secondo Teatro Stabile prevedeva in origine anche il coinvolgimento di Tortona, ricorda?
Non solo ricordo, ma vorrei al più presto riaffrontare la questione con la Regione, e con il sindaco Berutti. Il nuovo Delle Piane (che potrebbe essere ultimato in pochi mesi, risorse e volontà permettendo) doveva e dovrebbe essere la principale sede operativa di un Teatro di innovazione vera, come lo concepisco io. Non solo: Tortona ha un altro teatro cittadino, storico e bellissimo. Una bomboniera, d’accordo: ma quanto davvero utilizzato? E allora lancio attraverso questa intervista una proposta/provocazione. Perché non trasferire la stagione teatrale al Delle Piane, e fare del Teatro Civico il luogo dei reading, delle serate culturali a tema, insomma il salotto buono della città? Magari dato in gestione ad un privato locale che rappresenti l’eccellenza locale anche in altro ambito. Penso al birraio di Montegioco, ad esempio. Non è cultura del territorio la sua birra? Io penso di sì, e un biglietto da visita per tutta Tortona…e allora perché non proporgli di gestire il Civico? Insomma, spero sia chiaro il mio messaggio: questo Paese entra in una fase nuova, in cui il pubblico deve continuare ad avere un ruolo centrale nel finanziamento (e nel controllo qualitativo) della produzione della cultura teatrale…ma aprirsi al privato è essenziale per tutti, in una logica non solo economica, ma di valorizzazione dei territori.
Il che vale anche per la Cittadella di Alessandria?
Accidenti se vale. La Cittadella è davvero un patrimonio inestimabile, e quando Davide Van De Sfroos l’altra sera, prima del suo concerto, ha auspicato la nascita lì dentro di una Città delle Arti è partito un applauso spontaneo. Anche lì però: serve un progetto di ampio respiro, e che naturalmente si apra ai privati. Anche da un punto di vista urbanistico e di sicurezza dell’area: solo se in Cittadella ci fossero anche abitazioni si potrebbe rendere quello spazio vivibile (e frequentabile) sempre, al di là di aperture spot estive e di iniziative come Cittadella di Luna, che per me restano fondamentali.