Lino Balza: “se 23 vertenze aziendali vi sembran poche..”
Cromo esavalente, Pfoa, scorie nucleari, salute dei lavoratori. Il più noto e battagliero degli ambientalisti alessandrini affronta, in un viaggio in due puntate, le principali emergenze ecologiche del territorio, che in parte si intrecciano con la sua storia personale
Cromo esavalente, Pfoa, scorie nucleari, salute dei lavoratori. Il più noto e battagliero degli ambientalisti alessandrini affronta, in un viaggio in due puntate, le principali emergenze ?ecologiche? del territorio, che in parte si intrecciano con la sua storia personale
Lino Balza, lei ha dedicato la sua vita alle battaglie ambientaliste…
Sì, ma anche a molto altro: il sindacato e il mondo del lavoro ad esempio. Diciamo che la mia vita pubblica procede in qualche modo per decenni ben definiti, e si intreccia, anche mio malgrado, con il mio personale percorso professionale, per vicende in buona parte note.
Proviamo a ripercorrerle, ma in maniera funzionale alla comprensione delle emergenze ambientali alessandrine del 2011, che si chiamano cromo esavalente, mortalità da tumore in Fraschetta, scorie nucleari di Bosco Marengo e via dicendo….
Va bene. La prendo alla lontana, poi lei faccia le sintesi che crede. Sono gli anni Settanta: decennio di lotte, e di capacità della classe operaia, e dei lavoratori in genere, di promuovere proposte concrete dal basso. Io, impiegato amministrativo della Montedison di Spinetta (che poi come noto cambiò vari nomi e proprietà, ma insomma è l’attuale Solvay), sono iperattivo in fabbrica, come delegato Cgil. Sindacato a cui resterò iscritto fino ad oggi, tra l’altro. “Non si muove foglia, che Balza non voglia”, dicevano i miei detrattori, insinuando che ero una sorta di contropotere interno. Balle, come poi la storia dimostrò: ma insomma certamente ho all’epoca un forte legame con la base operaia, e denuncio, anche attraverso la satira di un giornalino interno autoprodotto, molte disfunzioni, e pericoli per la salute dei lavoratori. Pensi che arriviamo a proporre un progetto di riconversione del titanio e dei pigmenti, che viene inserito nel piano chimico nazionale. In sostanza, partendo da scarti di lavorazione che altrimenti sarebbero ahimè finiti in Bormida, ricaviamo il nastrino utilizzato per le musicassette, all’epoca diffusissime.
E il sindacato è al suo fianco?
Fino ad un certo punto sì. Il sindacato è in quegli anni in trasformazione, sottoposto da un lato alle sollecitazioni di una base in subbuglio, dall’altro sedotto dalle sirene padronali. Dopo la marcia dei quarantamila di Torino (1980) vinse la logica consociativa, e in molti casi complice. Lo dico io, lei decida se scriverlo. Ma a Spinetta segnali già c’erano da tempo…..
Per chi, anche in tempi più recenti, ha scoperto dalle cronache le vicende legate all’inquinamento ambientale di lungo corso del polo chimico, chiedersi perché sindacati e popolazione siano stati molto spesso silenti è in effetti piuttosto naturale. Secondo lei?
Ci sono diversi fattori da considerare. Per gli abitanti della zona le fabbriche (a Spinetta non c’è solo l’attuale Solvay) hanno sempre rappresentato lavoro, sopravvivenza e anche nel tempo un po’ di miglioramento economico. E pur rendendosi alcuni conto del prezzo pagato anche in termini di vite umane, ad un certo punto subentra l’assuefazione: cerchi di non vedere ciò che hai sotto gli occhi da sempre, per esorcizzare il pericolo, o non vivi più. La fabbrica poi ti coccola: ti cambia le grondaie corrose, ti regala l’acqua. E tu invece di farti domande, ti copri orecchie e occhi e vai avanti. Ben più grave, dal mio punto di vista, l’atteggiamento dei sindacati. Che dagli anni Ottanta in poi si “accucciano”, limitandosi al piccolo cabotaggio della trattativa economica, e rinunciando a qualsiasi ruolo di denuncia e di battaglia per la qualità della vita dei lavoratori. E poi, scusi, ma io come contabilità vedevo passare le fatture di orologi d’oro regalati a questo e quel sindacalista, e non le faccio i nomi ma li ricordo tutti. Secondo lei è ammissibile ridursi così?
No. Ma torniamo alla sua vicenda personale: in sintesi naturalmente…
Eh sì, perché ci vorrebbe un libro. Diciamo che all’inizio degli anni Ottanta decido che vale la pena battersi, anche se il sindacato si sta addormentando. Non sono solo però: fino ai primi anni Novanta ho un tessuto di amici e compagni che sono dentro la fabbrica, che mi raccontano cosa succede, e mi consentono di denunciare distorsioni, inefficienze, inquinamento. La faccio breve: in oltre dieci anni finisco in tribunale 23 volte per vertenze aziendali. Vinco sempre, compresa quella volta che, a Milano, il mio avvocato mi disse: “Balza, mettiti il cuore in pace, vinceremo in appello: stavolta ci tocca un pretore fascista, e siamo fritti”. Invece il pretore prende atto di una serie di elementi talmente evidente, che dà ragione a me, e annulla la procedura di licenziamento in corso. Comunque perdo 10 anni di professionalità, vengo trasferito a contare i bulloni, poi due volte in una sede milanese dove non devo fare nulla: mi danno pure mansioni formali più elevate, e di pubbliche relazioni. Roba da ridere: io a fare il pr dell’azienda, mi ci vede? In realtà devo stare un po’ di ore a guardare il computer in una stanza, e tornare a casa. Ma tutte le volte ottengo il reintegro in fabbrica a Spinetta, perché è lì che voglio portare avanti la mia battaglia.
Altro che mobbing insomma…lei è un precursore del settore…
Hai voglia: provano anche a cacciarmi, una prima volta, a metà degli anni Ottanta: io, unico sano, e altri 22 persone fisicamente malmesse. Grazie all’ennesimo ricorso ottengo il reintegro. Poi nuovo licenziamento in tronco all’inizio degli anni Novanta, insieme a Gianni Spinolo, grande figura del sindacalismo alessandrino che mi piace ricordare, anche perché è scomparso da poco. Ci accusano di aver diffuso in fabbrica un volantino della neonata Rifondazione Comunista, che parla di tangenti in fabbrica. Tenga conto che a livello nazionale in quei mesi esplode Tangentopoli, e noi naturalmente non vivevamo sotto una campana di vetro.
Tra un licenziamento e un reintegro, lei fa anche carriera…
Divento capufficio amministrativo, per effetto di una sentenza di Cassazione, e cerco di recuperare dieci anni di professionalità persa tra un trasferimento e una vertenza. Nel frattempo devo dire che arriva come direttore a Spinetta Corrado Tartuferi, che prima di tutto è una brava persona (pure lui prematuramente scomparso tra l’altro), e poi è intelligente, e capisce che questo scontro, che nel frattempo è diventato anche mediatico, tra me e la fabbrica nuoce soprattutto a loro. Insomma, si apre una fase di lotta meno aspra, che poi mi porterà a chiudere in maniera non traumatica il rapporto professionale negli anni duemila, attraverso mobilità e poi pensionamento. Ma questo è solo un aspetto: nel frattempo il mio impegno ambientalista spazia a tutto campo, dalla lotta contro il nucleare alla Rete ambientalista, fino naturalmente alla vicenda cromo esavalente, e a quell’altra del Pfoa….
Ma di questo parliamo nella seconda parte della chiacchierata, on line tra qualche giorno…